Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13740 del 23/06/2011
Cassazione civile sez. VI, 23/06/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 23/06/2011), n.13740
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –
Dott. RORDORF Renato – Consigliere –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
D.G.D., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la
CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv. LOJODICE OSCAR,
giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS) in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 61/08 della CORTE D’APPELLO di LECCE del
26.5.09, depositato il 28/07/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
28/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE SALVAGO;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IMMACOLATA
ZENO.
La Corte:
Fatto
PREMESSO IN FATTO
1. – E’ stata depositata in cancelleria il 13.12.2010 la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:
1. E’ impugnato il decreto 28 luglio 2009 della Corte di appello di Lecce che ha respinto la domanda di indennizzo proposta da D. G.D. per la durata di un procedimento svoltosi dinanzi al Tribunale di Trani per il conseguimento di modeste differenze in tema di indennità di disoccupazione agricola (ricorso del 22 ottobre 2003) e definito il 19 marzo 2008 con declaratoria di cessazione della materia del contendere per avere il richiedente conseguito la prestazione fin dal 2005.
2. Il D.G. ha proposto ricorso affidato a due motivi; con i quali ha dedotto violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2; art. 112 cod. proc. civ. nonchè difetti di motivazione assumendo che non erano stati osservati i termini per i rinvii e la determinazione delle successive udienze,che il giudizio come riconosciuto dal decreto,faceva parte di una serie di cause seriali, perciò di nessuna complessità, e che non vi era ragione perchè egli vi dovesse rinunciare ed essere così obbligato al pagamento delle spese processuali.
3. Il ricorso può essere esaminato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5 ed essere dichiarato manifestamente infondato se sono condivise le considerazioni che seguono: la Corte di appello non ha ignorato affatto i parametri di durata del processo normalmente indicato dalla Corte Edu, ma ha respinto la domanda per il fatto che il ricorrente aveva ottenuto il pagamento dell’indennizzo richiesto in meno di due anni, come dichiarato dall’INPS nella comparsa di costituzione e confermato dal D. G., che ha pertanto dichiarato nel 2008 di non avere più interesse alla domanda proposta.
Ha pertanto applicato il principio enunciato dalla Suprema Corte, che in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, la durata del processo va commisurata al tempo necessario per il concreto ottenimento del bene della vita dedotto in giudizio (Cass. 1049/2007); il quale nel caso consisteva proprio nel pagamento della differenza di indennità di disoccupazione conseguita entro un periodo ragionevole. Mentre il processo è proseguito per oltre tre anni propriò perchè il ricorrente ha dichiarato di non avervi più interesse soltanto nel 2008 onde conseguire le spese processuali.
Si è conclusivamente realizzata la fattispecie di carenza di interesse del ricorrente alla celere definizione del giudizio da lui stesso proposto e quindi di insussistenza di un danno non patrimoniale: escluso dalla giurisprudenza tutte le volte in cui in cui il protrarsi del giudizio appaia rispondente ad uno specifico interesse della parte o sia comunque destinato a produrre conseguenze che la parte stessa non percepisce come a sè sfavorevoli (Cass. 14053/2007; 10124/2006; 8716/2006).
2. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.
Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.
Diritto
RITENUTO IN DIRITTO
3. – Il collegio, discussi gli atti delle parti, la soluzione prospettata nella relazione e gli argomenti che l’accompagnano ha condiviso gli uni e l’altra.
4. – Il ricorso va conseguentemente respinto con condanna del soccombente D.G. al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del Ministero della Giustizia in complessivi Euro 900,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 28 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2011