Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13738 del 23/06/2011
Cassazione civile sez. VI, 23/06/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 23/06/2011), n.13738
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –
Dott. RORDORF Renato – Consigliere –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
S.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA VINCENZO AMBROSIO 4, presso lo studio dell’avvocato BELLOMI
ALESSANDRO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS) in persona del Ministro pro-
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 525/09 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA del
18.5.09, depositato il 03/09/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
28/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE SALVAGO;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IMMACOLATA
ZENO.
Fatto
PREMESSO IN FATTO
1. – E’ stata depositata in cancelleria il 13.12.2010 la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:
1. E’ impugnato il decreto 3 settembre 2009 della Corte di appello di Perugia che ha respinto la domanda di indennizzo proposta da S.L. per la durata di un procedimento svoltosi dinanzi al Tribunale di Roma (citazione del 6 febbraio 2003) e definito il 9 giugno 2008 tuttavia ritenuta ragionevole per la sua particolare complessità.
2. Il S. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi; con i primi tre dei quali ha dedotto violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e difetti di motivazione assumendo che non erano stati osservati i parametri della CEDU,e che d’altra parte il procedimento non aveva richiesto il ricorso a complessi mezzi istruttori nè sospensioni per la risoluzione di questioni di costituzionalità.
3. Il ricorso può essere esaminato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5 ed essere dichiarato in parte inammissibile ed in parte manifestamente infondato se sono condivise le considerazioni che seguono: la Corte di appello non ha ignorato affatto il parametro di durata del processo normalmente indicato dalla Corte Edu in tre anni,espressamente ricordato;e tuttavia se ne è discostata per la particolare complessità del giudizio presupposto, in cui anzitutto più parti chiedevano la restituzione di somme asseritamente non dovute ad un Istituto bancario;
quest’ultimo aveva a sua volta ottenuto un decreto ingiuntivo al quale i richiedenti avevano fatto opposizione sicchè dal primo procedimento ne era di fatto derivato un secondo,riunito all’altro;
ed infine si era verificato il fallimento di una delle parti che aveva richiesto la successiva riassunzione ed un’istruttoria svoltasi attraverso perizia contabile.
4. Si è dunque puntualmente attenuta ai principi al riguardo enunciati da questa Corte,secondo i quali: 1) In tema di equa riparazione da irragionevole durata del processo ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, il giudice nazionale deve in linea di principio uniformarsi ai parametri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per i casi simili, salvo il potere di discostarsene, in misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali deve dar conto; 2) d’altra parte il termine ragionevole di durata del processo, dal cui superamento deriva il diritto all’equa riparazione per il periodo eccedente, non può tradursi in formule aritmetiche fisse per determinate categorie di controversie o singole fasi del giudizio nè è desumibile da dati di durata media ricavati da analisi statistiche, ma va determinato caso per caso, in relazione allo svolgimento del singolo procedimento, in base ai criteri all’uopo fissati dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, che li ha mutuati dall’interpretazione data all’art. 6 della Convenzione EDU dalla Corte di Strasburgo; 3) In tale prospettiva, quindi,l’accertamento della sussistenza dei presupposti della domanda di equa riparazione – ovvero, la complessità del caso, il comportamento delle parti e la condotta della autorità – così come della misura del segmento, all’interno del complessivo arco temporale del processo, riferibile all’apparato giudiziario, in relazione al quale deve essere emesso il giudizio di ragionevolezza della relativa durata, risolvendosi in un apprezzamento di fatto, appartiene alla sovranità del giudice del merito e si sottrae al giudizio di legittimità ove congruamente motivato, come è avvenuto nella specie (Cass. 24399/2009;
15706/2006; 15750/2005).
4. Deve essere dichiarato assorbito il quarto motivo attinente alla liquidazione del danno non patrimoniale nel caso non riconosciuto dal decreto impugnato.
2. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.
Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.
Diritto
RITENUTO IN DIRITTO
3. – Il collegio, discussi gli atti delle parti, la soluzione prospettata nella relazione e gli argomenti che l’accompagnano ha condiviso gli uni e l’altra.
4. – Il ricorso va conseguentemente respinto con condanna del soccombente S. al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del Ministero della Giustizia in complessivi Euro 900,00 (novecento/00), oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 28 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2011