Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13735 del 20/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/05/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 20/05/2021), n.13735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9548-2020 proposto da:

A.J., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato SIMONA ALESSIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

contro

PUBBLICO MINISTERO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3204/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 30/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE

PARISE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con sentenza n. 3204/2019 pubblicata il 30-7-19 la Corte D’Appello di Venezia ha respinto l’appello proposto da A.J., cittadino del Gambia, avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia che aveva rigettato il suo ricorso avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, all’esito del rigetto della stessa domanda da parte della competente Commissione Territoriale. La Corte d’appello ha ritenuto non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale aveva riferito di essere fuggito dal suo Paese perchè dopo la morte del padre egli si era trasferito, con la madre, presso l’abitazione dello zio paterno, il quale si era opposto al suo matrimonio con una donna cristiana, avvenuto nel 2006, lo aveva aggredito e aveva rubato il suo bestiame, costringendolo, nel 2013, a fuggire dal Gambia. La Corte territoriale ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale e geo-politica del Gambia, descritta nella sentenza impugnata con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

3. I motivi di ricorso sono così rubricati: 1. “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5 – falsa applicazione di norme di diritto – rilevanza del vizio di danno grave ascrivibile a soggetti non statuali ai fini del riconoscimento della protezione internazionale”; 2. “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 112 c.p.c. – violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato”. Con il primo motivo il ricorrente deduce di aver subito una persecuzione di natura religiosa da parte dello zio, contrario al suo matrimonio con una donna cristiana, e lamenta che la Corte d’appello non abbia verificato se, provenendo la minaccia da soggetto non statuale, il ricorrente potesse ottenere protezione dall’Autorità del suo Stato. Con il secondo motivo deduce di aver allegato nei giudizi di merito di avere diritto alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), e a suo avviso la Corte di merito aveva omesso ogni pronuncia al riguardo.

4. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

4.1. Le censure sono prive di attinenza al decisum, considerato che la Corte d’appello in primis ha ritenuto inattendibile il racconto del ricorrente, in dettaglio rimarcando le incongruenze temporali e le contraddittorietà riscontrate (tra le altre la riferita aggressione da parte dello zio subita nel 2002 – pag. 6 sentenza -11 anni prima della sua fuga, avvenuta nel 2013-) e, di conseguenza, ha fatto discendere, in conformità all’indirizzo di questa Corte sul punto, dalla ritenuta non credibilità della vicenda personale allegata l’insussistenza della ragione causativa del rischio di danno grave ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), e così anche il venir meno dell’obbligo di cooperazione istruttoria ufficiosa in ordine al suddetto rischio (tra le tante Cass. n. 3340/2019; Cass. n. 16275/2018; Cass. n. 27336/2018; Cass. n. 16925/2018 e Cass. n. 14283/2019). Peraltro la Corte di merito ha affermato espressamente (cfr. pag.9 sentenza) che il richiedente non aveva allegato di aver chiesto protezione alle Autorità del suo Stato, e neppure detto assunto è censurato specificamente.

La Corte d’appello, dunque, si è espressamente pronunciata sull’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria ex art. 14, lett a) e b) (cfr. pag. 8 della sentenza), ed ha aggiunto che il richiedente neppure aveva allegato perchè il rientro lo esporrebbe a pericolo.

Le censure che non si traducono in una critica alla sentenza impugnata, come nella specie, si risolvono in un “non motivo”. L’esercizio del diritto di impugnazione, infatti, può considerarsi avvenuto in modo idoneo solo qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica alla decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, da considerarsi in concreto e dalle quali non possano prescindere, dovendosi pertanto considerare nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo il motivo che difetti di tali requisiti (cfr. Cass. n. 5730/2020).

5. Nulla va disposto per le spese del presente giudizio, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2021

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