Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13733 del 03/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/07/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 03/07/2020), n.13733

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14084-2019 proposto da:

C.F.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE RAO;

– ricorrente –

contro

M.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 549/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 15/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIAIME

GUIZZI STEFANO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

– che C.F.S. ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 549/19, del 15 marzo 2019, della Corte di Appello di Palermo, che – rigettando il gravame dallo stesso esperito avverso la sentenza n. 5112/15, del 25 settembre 2015, del Tribunale di Palermo – ne ha confermato la condanna al rilascio, in favore di M.M., dell’immobile sito in Balestrate, in (OMISSIS), nonchè al pagamento, in favore della medesima, della somma di Euro, 200,00 mensili, dalla domanda al rilascio, oltre interessi legali, ponendo a carico dell’odierno ricorrente le spese di lite;

– che, in punto di fatto, il ricorrente riferisce di aver proposto gravame avverso la sentenza del primo giudice, deducendo:

— nullità della sentenza impugnata, conseguente alla mancata regolare notifica dell’atto di citazione, ovvero nullità dello stesso atto per non essere stati osservati i termini di cui all’art. 163-bis c.p.c.;

— nullità dell’intero procedimento di primo grado e, di conseguenza, nullità della sentenza impugnata per mancata notifica al convenuto dichiarato contumace dell’ordinanza ammissiva dell’interrogatorio formale;

— erronea condanna di esso C. al rilascio dell’immobile per cui è processo;

— erronea decisione in ordine alla condanna del C. al pagamento della somma di 200,00 mensili a titolo di indennità per il mancato pagamento dell’immobile da parte della M.;

— erronea decisione con riferimento alla condanna del C. al pagamento delle spese processuali;

– che il C. riferisce, altresì, che il giudice di appello, pur riconoscendo che nell’atto di citazione non erano stati rispettati i termini di comparizione ex art. 163-bis c.p.c., confermava la sentenza del primo giudice;

– che avverso la sentenza della Corte panormita ricorre per cassazione il C., sulla base di tre motivi;

– che il primo motivo ipotizza nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 162,354 e 356 c.p.c., il quanto il giudice di appello, rilevata la nullità dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, avrebbe dovuto ordinare la rinnovazione di tutti gli atti successivi, rimettendo, all’uopo, la causa al primo giudice;

– che il secondo motivo deduce nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), ed in particolare per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della causa, lamentando, in particolare, che la Corte di Appello ha ritenuto non provata la circostanza allegata da esso C. (relativa al fatto che la M. si era introdotta illegittimamente nell’immobile per cui è causa, nelle more del giudizio, approfittando del fatto che egli fosse in stato di detenzione presso struttura carceraria), senza prendere in considerazione la richiesta di ammissione di prova testimoniale articolata sul punto;

– che il terzo motivo deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 91 c.p.c., giacchè la Corte territoriale avrebbe dovuto porre le spese del secondo grado di giudizio a carico dell’appellata, compensando quelle del primo grado;

– che è rimasta intimata M.M.;

– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata al ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso è improcedibile;

– che tale esito si impone in considerazione del fatto che il presente ricorso è stato notificato a mezzo “PEC”, non presentando, tuttavia, la copia dello stesso, depositata in formato analogico, l’attestazione di conformità al suo originale “digitale” (la sola attestazione di conformità presente riguarda, infatti, unicamente la procura speciale), “deficit” che si riscontra pure con riferimento alle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna;

– che, sul punto, occorre illustrare quali siano stati gli indirizzi osservati da questa Corte, fino all’arresto delle Sezioni Unite (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 24 settembre 2018, n. 22438, Rv. 650462-01), che ha “stabilizzato” gli indirizzi in materia;

– che, inizialmente, è stato enunciato il principio secondo cui “il ricorso per cassazione è improcedibile, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., quando, nel termine di venti giorni dalla notificazione, siano state depositate solo copie analogiche del ricorso, della relazione di notificazione con messaggio PEC e relative ricevute, senza attestarne la conformità, ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 9, comma 1-bis, e successive integrazioni, ai documenti informatici da cui sono tratte” (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 19 dicembre 2016, n. 26102, Rv. 642339-01; Cass. Sez. 3, sent. 20 giugno 207, n. 15177, non massimata; Cass. Sez. 3, sent. 14 luglio 2017, n. 17450, Rv. 644968-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 9 novembre 2017, n. 26612, Rv. 646838-01);

– che il consolidarsi di tale indirizzo, sebbene non privo di un indiretto avallo da parte di un primo arresto delle Sezioni Unite di questa Corte (avendo esse affermato che “nel giudizio di cassazione, cui – ad eccezione delle comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 ex art. 16, convertito con modificazioni in L. 17 dicembre 2012, n. 221 – non è stato ancora esteso il processo telematico, è necessario estrarre copie analogiche degli atti digitali ed attestarne la conformità, in virtù del potere appositamente conferito al difensore dalla L. n. 53 del 1994, art. 6 e art. 9, commi 1-bis e 1-ter”; cfr. Cass. Sez. Un., sent. 27 aprile 2018, n. 10266, Rv. 648132-01) – ha, nondimeno, indotto il Presidente di questa Sesta Sezione della Corte, innanzi alla quale la questione si è ripetutamente riproposta nell’ambito di procedimenti fissati ex art. 380-bis c.p.c., a rimettere un approfondimento della questione al particolare collegio previsto dal punto 41.2. delle tabelle di organizzazione di questo ufficio, essendosi ritenuta opportuna – data la natura processuale della questione ed il suo rilievo – una composizione dello stesso attraverso “consiglieri delle diverse sottosezioni”;

– che l’indirizzo suddetto, peraltro, ha trovato conferma nella pronuncia adottata in tale occasione (cfr. Cass. Sez. 6, sent. 22 dicembre 2018, n. 30918, Rv. 647031-01), venendo ad ulteriormente a consolidarsi sulla base di decisioni successive: Cass. Sez. 3, ord. 15 maggio 2018, n. 11739; Cass. Sez. 6 -3, ord. 22 maggio 2018, n. 12609, Rv. 648721-01; Cass. Sez. 3, ord. 26 giugno 2018, n. 16822, Rv. 649550-01; Cass. Sez. ord. 11 luglio 2018, n. 18288, Rv. 649550-01);

– che tuttavia, una parziale rettifica di tale orientamento – che, come si dirà, risulta irrilevante, però, nel caso qui in esame – è stata operata dalle Sezioni Unite di questa Corte;

– che esse, invero, hanno enunciato il principio secondo cui “il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore L. n. 53 del 1994 ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificatogli D.Lgs. n. 82 del 2005 ex art. 23, comma 2”, restando, tuttavia, inteso che, viceversa, ove il destinatario della notificazione “rimanga solo intimato (così come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso) ovvero disconosca la conformità all’originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio” (Cass. Sez. Un., sent. 24 settembre 2018, n. 22438, Rv. 650462-01);

– che la prima delle ipotesi suindicate è quella verificatasi nel caso che qui occupa, giacchè – come detto – la M. è rimasta intimata;

– che il ricorso è, pertanto, improcedibile;

– che, in ogni caso, i singoli motivi in cui lo stesso si articola non avrebbero superato il vaglio di ammissibilità;

– che nè il primo nè il secondo motivo rispettano il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6),

– che l’uno, infatti, nulla riferisce circa l’eventuale richiesta di rinnovazione dell’interrogatorio formale e delle prove testimoniali (delle quali, ad ogni buon conto, la sentenza non ha tenuto alcun conto, sicchè il motivo pone pure una questione irrilevante), mentre l’altro omette di riprodurre il contenuto della deduzione di prova testimoniale e del documento cui fa riferimento e di fornire la localizzazione, della prima, nell’appello e quella di produzione del certificato anagrafico;

– che il terzo si presenta come un “non motivo” (Cass. Sez. 3, sent. 31 agosto 2015, 17330, Rv. 636872-01), giacchè postula la caducazione della statuizione sulle spese come “res sperata”, ovvero come conseguenza dell’accoglimento dei primi due motivi, senza investirla di alcuna autonoma censura;

– che essendo rimasta la M. solo intimata, non vi è necessità di provvedere in ordine alle spese di lite;

– che in ragione della declaratoria di improcedibilità del ricorso, va dato atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara improcedibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2020

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