Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13732 del 20/05/2021
Cassazione civile sez. VI, 20/05/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 20/05/2021), n.13732
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI MARZIO Mauro – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9808-2020 proposto da:
J.T., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della
CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso
dall’Avvocato MASSIMO GOTI;
– ricorrente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE
INTERNAZIONALE DI FIRENZE;
– intimata –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende, ope legis;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di FIRENZE, depositato il
10/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 12/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO
FALABELLA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Firenze del 10 febbraio 2020. Con quest’ultima pronuncia è stato negato che al ricorrente J.T., nato in (OMISSIS), potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato ed è stato altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.
2. – Il ricorso per cassazione si fonda su di un motivo. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha notificato controricorso, ma ha depositato un “atto di costituzione” in cui non è svolta alcuna difesa.
Il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, con riferimento al mancato riconoscimento del proprio diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. L’istante deduce che il Tribunale, ai fini del riconoscimento del’indicata forma di protezione, avrebbe dovuto tenere conto di più circostanze:
per un verso, egli era migrato molto giovane dal paese di origine, mancava da esso da più di tre anni e in caso di rimpatrio sarebbe rsultato “privo di risorse lavorative”; per altro verso, lo stesso ricorrente aveva avviato un significativo percorso lavorativo e ciò testimoniava un avanzato grado di inserimento nel territorio nazionale.
2. – Il ricorso è inammissibile.
Con riguardo alla protezione umanitaria il Tribunale ha rilevato come nelle regione di provenienza di J.T. vivano la madre e la sorella dello stesso, “in un contesto che non appare neanche di significativa difficoltà economica, tenuto che lo stesso ricorrente ha riferito che la madre è proprietaria di terra e bestiame, che ha dato in affitto a terzi, da cui percepisce un corrispettivo”. Ha inoltre osservato che “il percorso svolto nei circa tre anni successivi all’arrivo in Italia, consistito, per come dichiarato, unicamente nella frequentazione di un corso base di italiano, dimostra che non vi è stato un inserimento sul territorio nazionale avanzato radicato da far ragionevolmente ritenere probabili prospettive di vita autonoma che, poste a confronto con quelle che il ricorrente troverebbe al rientro nel suo paese di origine farebbero ravvisare ‘un’effettiva incolmabile sproporzione tra i contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali che sono presupposto indispensabile per una vita dignitosa sì da rendere il rimpatrio inumano e crudele, secondo il comune sentire e il generale rispetto della persona umanà”.
Ciò posto, il giudizio formulato dal Tribunale appare conformato al principio per cui l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato (Cass. Sez. U. 13 novembre 2019, n. 29459). Nè, comunque, l’istante può censurare, attraverso la denunciata violazione di legge, l’accertamento di fatto del giudice del merito, che di fatto ha escluso l’inserimento del richiedente nel nostro paese. Infatti, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. Sez. U. 5 maggio 2006, n. 10313; in senso conforme, ad es.: Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass.4 aprile 2013, n. 8315).
3. – Non è luogo a pronuncia sulle spese.
PQM
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dal L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 12 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2021