Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13731 del 23/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 23/06/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 23/06/2011), n.13731

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

R.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 1594/08 V.G. della CORTE D’APPELLO di NAPOLI

del 27/06/08, depositato il 21/08/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE SALVAGO;

è presente il P.G. in persona del Dott. ZENO Immacolata.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. – E’ stata depositata in cancelleria il 13.12.2010 la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380-bis cod. proc. Civ.:

1. E’ impugnato il decreto 21 agosto 2008 della Corte di appello di Napoli che ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze a corrispondere ad R.A. un indennizzo di Euro 3.466,00 ai sensi della L. n. 89 del 2001,per l’irragionevole durata di un procedimento durato davanti al TAR Campania anni 7,mesi 4,di cui soltanto 3 rispondenti al parametro indicato dalla Corte Edu.

2. Il R. ha proposto ricorso affidato ad otto motivi con i quali,deducendo violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e degli artt. 6 e 13 della Convenzione CEDU, degli art. 1223 e 1226 cod. civ. nonchè insufficienza e contraddittorietà della motivazione, ha censurato la decisione sia nella determinazione della durata ritenuta irragionevole del processo, sia nella liquidazione del quantum.

3. Il ricorso può essere esaminato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5 ed esservi respinto per manifesta infondatezza se sono condivise le considerazioni che seguono: il primo motivo di ricorso appare inammissibile perchè si risolve nella trascrizione di parte del contenuto di alcune decisioni della CEDU, ed in particolar modo della sentenza 29 marzo 2 006 della Grande Chambre della Corte in causa Scordino c/Italia,nonchè in un generico addebito alla sentenza impugnata di non averne applicato i principi.

4. Sono invece è infondate le censure relative alla durata del processo (2 e 3) , secondo il ricorrente pari alla intera durata del giudizio,avendo questa Corte ripetutamente tratto dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 la regola che nel giudizio di equa riparazione in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, rileva solamente il periodo eccedente il suddetto termine, essendo sul punto vincolante il criterio chiaramente stabilito dall’art. 2, comma 3 di detta legge; e che questo parametro di calcolo, che non tiene conto del periodo di durata “ordinario” e “ragionevole”, valorizzato invece dalla Corte di Strasburgo, al principio enunciato dall’art. 111 Cost., che prevede che il giusto processo abbia comunque una durata connaturata alle sue caratteristiche concrete e peculiari, seppure contenuta entro il limite della ragionevolezza,non esclude la complessiva attitudine della L. n. 89 a garantire un serio ristoro per la lesione del diritto in questione, come riconosciuto dalla stessa Corte europea nella sentenza 27 marzo 2003, resa sul ricorso n. 36813/97 (Cass. 3716/2008,-8603/2005; 8568/2005).

5. Egualmente prive di pregio risultano le censure che si appuntano sulla insufficienza del ristoro del danno non patrimoniale (motivi 4/6): è ben vero, infatti, che il giudice nazionale deve in linea di principio uniformarsi ai parametri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per i casi simili, salvo il potere di discostarsene, in misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi concreti di positiva, smentita di detti criteri, dei quali deve dar conto. Ma nel caso concreto la Corte di appello si è puntualmente attenuta a questi principi in quanto ha, anzitutto, liquidato il danno non patrimoniale per il fatto in sè della violazione della durata irragionevole del processo,quale evento che si verifica normalmente, e cioè di regola per effetto della violazione stessa: senza bisogno di alcun sostegno probatorio relativo al singola fattispecie (Cass. sez. un. 1239, 1240 e 1241/2004 e successive). Ha poi giustificato lo scostamento rispetto al parametro di Euro 1.000 per ogni anno di durata irragionevole indicato dalla CEDU sia per la modestia della posta in giuoco, sia soprattutto per la tardiva presentazione dell’istanza, di prelievo nel giudizio presupposto da parte del ricorrente : in tal modo adeguandosi alla giurisprudenza di legittimità che in tali casi giustifica uno scostamento rispetto al parametro di mille euro per anno di non ragionevole durata del processo, ma non al di sotto della soglia di 750,00 Euro, soprattutto nei casi in cui la domanda di giustizia risulti accolta in modo definitivo in un periodo che non superi quello di altri tre anni;

oltre il quale la Corte ha invece ritenuto che l’irragionevole durata del processo abbia comunque provocato un pregiudizio risarcibile come danno non patrimoniale nella misura di almeno mille/00 Euro per ogni anno di ulteriore irragionevole protrazione del processo; sicchè la somma complessiva di Euro 3.466,00 determinata per un periodo di anni 4, mesi 4 sostanzialmente corrisponde ai criteri suddetti.

6. Infondata, è infine anche la censura che verte sul punto del mancato riconoscimento del c.d. bonus (7 ed 8 motivo), in quanto nella determinazione del risarcimento dovuto, mentre la durata della ingiustificata protrazione del processo è un elemento obiettivo che si presta a misurare e riparare un pregiudizio non patrimoniale tendenzialmente sempre presente ed eguale, l’attribuzione di una somma ulteriore postula che nel caso concreto quel pregiudizio, a causa di particolari circostanze specifiche, sia stato maggiore.

Sicchè, quando il giudice non attribuisce il c.d. bonus e perciò nega che quello specifico pregiudizio ulteriore sia stato sopportato, la critica del punto della decisione non può essere affidata alla sola contraria postulazione che il bonus spetta ratione materiae, era stato richiesto e la decisione negativa non è stata motivata, ma deve avere specifico riguardo alle concrete allegazioni e se del caso alle prove delle allegazioni addotte nel giudizio di merito.

2. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. – Il collegio, discussi gli atti delle parti, la soluzione prospettata nella relazione e gli argomenti che l’accompagnano ha condiviso gli uni e l’altra.

4. – Il ricorso va conseguentemente respinto con condanna del soccombente R. al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del Ministero delle Finanze in complessivi Euro 900,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2011

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