Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1373 del 22/01/2020

Cassazione civile sez. I, 22/01/2020, (ud. 11/10/2019, dep. 22/01/2020), n.1373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13818/2018 proposto da:

I.O., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Don G.

Minzoni, 9 presso lo studio dell’avvocato Luponio Riccardo che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Degli Interni;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il

02/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/10/2019 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Bologna ha respinto il ricorso proposto da I.O. cittadino (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale sia come “rifugiato” che nella forma della protezione sussidiaria che di quella umanitaria.

Il richiedente asilo ha riferito di essere scappato perchè nel suo villaggio c’è un culto di idoli e il padre che era il primogenito della sua famiglia doveva diventare il sacerdote del culto allora gli anziani del villaggio lo avevano chiamato ma si era rifiutato, poi si era ammalato ed era morto. Successivamente, gli anziani erano andati a cercare il ricorrente, che siccome era cristiano si era anche lui rifiutato, ma siccome gli anziani lo minacciavano di fare la stessa fine del padre, era scappato prima dal villaggio e poi dal paese.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, sulla reale situazione religiosa in Nigeria, al fine di verificare la sussistenza di atti persecutori dovuti al rifiuto di non voler diventare sacerdote dell’idolo; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione delle norme sulla protezione internazionale, atteso il quadro di sicurezza estremamente critico specie nei confronti dei cittadini nigeriani che non vogliono sottostare all’obbligo di continuare a praticare le tradizioni religiose degli antenati; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione delle norme sul riconoscimento della protezione sussidiaria, per le tensioni religiose in Nigeria e per l’incolumità dei cittadini che professano il cristianesimo o altre religioni; (iv) sotto un quarto profilo, per violazione delle norme sul riconoscimento della protezione umanitaria per il pericolo di persecuzione religiosa che il ricorrente correrebbe in caso di rimpatrio, a motivo dell’instabile contesto della Nigeria che non è in grado di tutelare la libertà religiosa, tenendo, altresì, conto che il ricorrente era riuscito a reperire, in Italia, un contratto di lavoro stagionale (v. p. 11 del ricorso).

Il primo motivo è inammissibile, in quanto manca una critica specifica alla sentenza impugnata, nè vengono indicati gli specifici atti persecutori e gli specifici motivi di persecuzione la cui valutazione sarebbe stata omessa dal Tribunale.

Il secondo motivo è inammissibile, per mancata indicazione delle norme violate, ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, e perchè manca una censura specifica al ragionamento decisorio del giudice del merito.

Il terzo motivo è inammissibile, perchè manca una critica specifica alla sentenza impugnata, risolvendosi il motivo di censura in una generica doglianza alla decisione adottata dal tribunale.

Il quarto motivo è inammissibile, perchè non viene aggredita specificatamente alcuna ratio decidendi relativa al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, infatti, la censura si sostanzia in un mero dissenso rispetto alla pronuncia adottata.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte del controricorrente, esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2020

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