Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13725 del 06/07/2016


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Cassazione civile sez. un., 06/07/2016, (ud. 21/06/2016, dep. 06/07/2016), n.13725

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13101/2015 proposto da:

DOOSAN BENELUX S.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL PLEBISCITO 112,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA ZINCONE – STUDIO LEGALE

EVERSHEDS BIANCHINI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GIORGIO SACERDOTI, per procura speciale del

21/04/2015, in atti;

– ricorrente –

contro

MAIE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LAZIO 20/C, presso lo studio

dell’avvocato RICCARDO VALENTE, rappresentata e difesa dagli

avvocati GIANLUCA GUERRIERI, ALBERTO MAFFEI ALBERTI, per delega in

calce al controricorso;

– controricorrente –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

3303/2013 del TRIBUNALE di RAVENNA;

uditi gli avvocati Giorgio SACERDOTI, Claudio COGGIATTI per

delega dell’avvocato Gianluca Guerrieri;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Ignazio PATRONE, il quale chiede alla Corte di dichiarare che non

sussiste la giurisdizione del giudice italiano.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1.- Il Procuratore generale, in persona del sostituto, Dott. Ignazio Patrone, nel ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione proposto da Doosan Benelux SA, con sede in (OMISSIS), contro MAIE S.p.a., con sede in (OMISSIS), ha depositato le seguenti conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380 ter c.p.c.:

“Propone regolamento preventivo di giurisdizione la società di diritto belga Doosan SA, convenuta in giudizio dalla MAIE S.p.a.

davanti al Tribunale di Ravenna per sentirla condannare al risarcimento dei danni cagionati a seguito del recesso, in tesi illegittimo, da un contratto di distribuzione commerciale.

Assume la ricorrente la esistenza e la validità di una clausola per arbitrato estero contenuta nel contratto fra le parti stipulato, clausola che deferisce la risoluzione delle controversie nascenti da detto contratto ad arbitro di Zurigo (CH) secondo il Regolamento di Conciliazione ed Arbitrato della Camera di commercio internazionale.

Richiama in proposito la ricorrente la più recente giurisprudenza delle Sezioni Unite che ha riconosciuto la ammissibilità dei conflitti preventivi in caso di arbitrato estero.

Contesta le tesi di Doosan la intimata MAIE, la quale, da un lato richiama la più antica giurisprudenza della Corte secondo la quale le questioni relative alla interpretazione della clausole per arbitrato estero erano questioni di merito e non di rito, con conseguente inammissibilità del regolamento preventivo; da altra prospettiva fornisce una propria interpretazione della clausola compromissoria diversa da quella fatta propria dalla controparte;

secondo MAIE l’azione proposta – essendo extracontrattuale – non rientrerebbe tra quelle contemplate in detta clausola; contesta in particolare la resistente che alle parole inglesi “all disputes arising in connection with this agreement” possa attribuirsi il significato, indicato dalla ricorrente, di “tutte le controversie che possano sorgere in collegamento/connesse/in relazione a questo accordo”, secondo una traduzione definita “in mala fede”. Sulla ammissibilità del regolamento preventivo.

Questo Ufficio non può che chiedere alla Corte di voler confermare il proprio recente orientamento, rappresentato dalla ordinanza n. 24153 del 2013 e dalle successive tutte conformi, con il quale si è affermata l’ammissibilità del regolamento preventivo: “In presenza di una clausola compromissoria di arbitrato estero, l’eccezione di compromesso, attesa la natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario da attribuirsi all’arbitrato rituale in conseguenza delle disciplina complessivamente ricavabile dalla L. 5 gennaio 1994, n. 5 e dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, deve ricomprendersi, a pieno titolo, nel novero di quelle di rito, dando così luogo ad una questione di giurisdizione e rendendo ammissibile il regolamento preventivo di cui all’art. 41 c.p.c., precisandosi, peraltro, che il difetto di giurisdizione nascente dalla presenza di una clausola compromissoria siffatta può essere rilevato in qualsiasi stato e grado del processo a condizione che il convenuto non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana, e dunque solo qualora questi, nel suo primo atto difensivo, ne abbia eccepito la carenza”.

Nel merito.

Non viene minimamente posta in discussione la tempestività della eccezione di difetto di giurisdizione sollevata da Doosan davanti al Giudice italiano adito da MAIE: il punto è perciò da considerare pacifico e sotto questo profilo di regolamento è ammissibile.

Altrettanto è a dirsi per quanto riguarda i requisiti di forma della clausola contrattuale di cui si discute, stipulata per iscritto e contestualmente al contratto nel suo insieme.

MAIE contesta invece il significato della clausola compromissoria in questione, il cui testo in lingua inglese è stato riportato da entrambe le parti ma con traduzioni parzialmente diverse ed accuse, di MAIE a Doosan, di “mala fede”. In particolare si contesta che le parole “in connection with this agreement” possano tradursi con “in collegamento/connesse/in relazione”. Orbene, posto che tutto in diritto è fondato sull’ermeneutica e che a maggior ragione la traduzione di un testo giuridico sconta ben due operazioni interpretative, quella della lingua originale e quella della lingua tradotta, a chi scrive non pare proprio che la traduzione offerta da Doosan possa essere tacciata addirittura di mala fede.

Secondo uno dei dizionari di inglese on line più diffusi, il Collins, “in connection with” significa “con riferimento a, a proposito di” mentre “connection” in generale è “rapporto, connessione, legame”. Non una grande differenza, dunque, con quanto proposto dalla ricorrente.

Il punto è però quello di verificare se, una volta qualificata – in ipotesi l’azione di MAIE come extracontrattuale, essa sia estranea alla clausola controversa ovvero rientri tra le controversie “in riferimento” all’accordo tra le parti e quindi nel dominio del compromesso per arbitri esteri.

Pare a chi scrive che la seconda sia la soluzione che dovrebbe essere adottata.

Infatti con la domanda introdotta davanti al Tribunale di Ravenna la MAIE ha chiesto di “accertare l’illegittimità delle condotte tenute da Doosan sfociate nel recesso esercitato dalla società convenuta… l’illegittimità di detto recesso e in ogni caso l’illegittimità della conseguente interruzione dei rapporti contrattuali”.

MAIE ha ovviamente tutto il diritto di affermare di aver esercitato una azione per responsabilità extracontrattuale, ma essa appare in ogni caso strettamente “connessa a” ed “in riferimento a” il contratto tra le parti, altrimenti si tratterebbe di azione priva di senso e in definitiva di causa petendi.

Quindi la clausola qui discussa, valida ed efficace, copre anche una controversia come quella introdotta da MAIE contro Doosan e la giurisdizione del giudice italiano andrebbe perciò negata.

P.q.m. chiede alla Corte di dichiarare che non sussiste la giurisdizione del giudice italiano”.

Prima dell’adunanza le parti hanno depositato memoria.

2.- La Corte condivide le conclusioni del P.G. e le argomentazioni sulle quali esse si fondano.

Va ribadito, infatti, che l’attività degli arbitri rituali, anche alla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla L. 5 gennaio 1994, n. 25 e dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, sicchè lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei primi o del secondo si configura come questione di competenza, mentre il sancire se una lite appartenga alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario e, in tale ambito, a quella sostitutiva degli arbitri rituali, ovvero a quella del giudice amministrativo o contabile, dà luogo ad una questione di giurisdizione (Sez. U., n. 24153/2013).

Pertanto, in presenza di una clausola compromissoria di arbitrato estero, l’eccezione di compromesso, attesa la natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario da attribuirsi all’arbitrato rituale in conseguenza delle disciplina complessivamente ricavabile dalla L. 5 gennaio 1994, n. 5 e dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, deve ricomprendersi, a pieno titolo, nel novero di quelle di rito, dando così luogo ad una questione di giurisdizione e rendendo ammissibile il regolamento preventivo di cui all’art. 41 c.p.c., precisandosi, peraltro, che il difetto di giurisdizione nascente dalla presenza di una clausola compromissoria siffatta può essere rilevato in qualsiasi stato e grado del processo a condizione che il convenuto non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana, e dunque solo qualora questi, nel suo primo atto difensivo, ne abbia eccepito la carenza (Sez. U, n. 24153/2013).

Premessa l’ammissibilità del regolamento, dunque, va confermato che in tema di arbitrato internazionale, nel sistema delineato dalla convenzione di New York del 10 giugno 1958, ratificata e resa esecutiva in Italia con la L. 19 gennaio 1968, n. 62, spetta al giudice adito, in via assolutamente preliminare, senza efficacia di giudicato e sulla base della domanda della parte che invochi l’esistenza di una clausola arbitrale, verificarne la validità, l’operatività e l’applicabilità e, all’esito positivo, rimettere le parti dinanzi agli arbitri, mentre solo qualora egli ritenga, affermandola, la propria giurisdizione, la decisione sulla validità del patto avrà efficacia di giudicato (Sez. U, n. 24153/2013; Sez. U, n. 1005/2014).

Operatività della clausola che, per le ragioni esposte dal P.G., non è seriamente revocabile in dubbio (per una fattispecie analoga, in relazione all’espressione “All disputes arising out of or connection with this…”, cfr. Sez. U, n. 1005/2014).

Le spese processuali – liquidate in dispositivo – vanno poste a carico della società che ha promosso il giudizio di merito.

Quanto alle spese del giudizio di merito, destinato a non più proseguire per il rilevato difetto di giurisdizione, va assicurata continuità al principio per il quale, pur non rinvenendosi nell’ordinamento una norma che espressamente disponga, non è tuttavia prospettabile nè la soluzione per cui le spese del giudizio di merito restino inaggiudicate, nè quella per cui la parte interessata debba instaurare un successivo ed autonomo giudizio al fine di ripetere tali spese, ostandovi il consolidato principio secondo il quale competente a provvedere sulle spese processuali è unicamente il giudice della causa cui quelle spese si riferiscono.

Talchè la lacuna va colmata mediante applicazione analogica del disposto dell’art. 385 c.p.c., comma 2, potendosi a questi limitati effetti equiparare la presente situazione a quella di una pronuncia di cassazione senza rinvio (Sez. U., n. 3693/2012; Cass. S.U. n. 3841/2007). In applicazione di tale norma, ritiene questa Corte di provvedere direttamente anche alla liquidazione di tali spese (tenuto conto del valore della causa e dello stato della stessa), ciò anche al fine di agevolare la celere definizione della controversia, in armonia con il principio costituzionale di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost..

PQM

La Corte dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano.

Condanna la s.p.a. MAIE al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi nonchè delle spese relative al giudizio di merito, liquidate in Euro 12.000,00, di cui Euro 1.000,00 per esborsi; il tutto oltre spese forfettarie e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2016

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