Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13715 del 31/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 31/05/2017, (ud. 06/04/2017, dep.31/05/2017),  n. 13715

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7658-2015 proposto da:

F.D., elettivamente domiciliato in ROMA, V. VENTI SETTEMBRE

3, presso lo studio dell’avvocato DONATELLA ROSSI, rappresentato e

difeso dall’avvocato PAOLO AVAGNINA giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

FAMILY SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, sig.

MAURIZIO MARINI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI DUE

MACELLI 66, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CERASI, che la

rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.M., L.F.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2445/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 15/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/04/2017 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Milano con sentenza n. 284/2011 decidendo sulla controversia insorta tra Family s.r.l. e COGERIS s.r.l. relativa alla risoluzione del contratto di subaffitto di azienda stipulato “inter partes” in data 21.11.2007, cui era stato riunito il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da COGERIS s.r.l. nei confronti di FAMILY s.r.l. e dei coobbligati solidali M.M. e L.F.P. per il pagamento dei canoni di affitto dovuti per il periodo dicembre 2007-luglio 2008, dichiarava la risoluzione del contratto per inadempimento di COGERIS s.r.l., revocava il decreto ingiuntivo e rigettava ogni altra domanda.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza 15.9.2014 n. 2445 rigettava l’appello principale di COGERIS s.r.l. e l’appello incidentale delle controparti, rilevando la corretta amministrazione del compendio probatorio fatta dal giudice di prime cure quanto all’accertamento dell’inadempimento imputabile a CONGERIS s.r.l. per indisponibilità del promesso titolo amministrativo necessario all’esercizio dell’attività commerciale, ed alla esclusione di responsabilità di FAMILY s.r.l. nel mancato inizio della attività e nella effettiva restituzione dei locali, nonchè in ordine al rigetto della domanda risarcitoria per perdita di chances proposta da FAMILY s.r.l. in difetto di idonei elementi di prova.

La sentenza di appello è stata impugnata per cassazione da F.D. n.q. di cessionario dei crediti litigiosi di COGERIS s.r.l. (giusta delibera assembleare 30.4.2012 ed atto cessione del 6.6.2012: la società risulta successivamente estinta per cancellazione dal registro delle imprese alla data del 12.7.2012: visura ordinaria CCIAA di Milano del 10.3.2015. doc 1, 2 e 3 allegati al ricorso per cassazione), con tre motivi illustrati da memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Resistono con controricorso FAMILY s.r.l., M.M. e L.F.P..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Con il primo motivo di ricorso si censura il vizio di violazione degli artt. 1218 e 1381 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe erroneamente imputato l’inadempimento a COGERIS s.r.l. sebbene avesse riconosciuto che il Comune di Milano aveva tenuto un comportamento incerto e contraddetto da provvedimenti tra loro incompatibili.

Il motivo è inammissibile.

Dell’errore interpretativo od applicativo dell’art. 1381 c.c. da parte della Corte territoriale neppure viene data illustrazione nella esposizione del motivo, a ciò non essendo sufficiente il mero richiamo ai precedenti di questa Corte secondo cui, risolvendosi la promessa del fatto del terzo nella assunzione da parte del promittente di un impegno avente ad oggetto un “facere”, ed in caso di mancata soddisfazione dell’interesse del promissario, di una prestazione di “dare” (indennizzo), sicchè, qualora l’obbligazione di “facere” non venga adempiuta e l’inesecuzione, totale o parziale, sia imputabile al promittente, il promissario avrà a disposizione gli ordinari rimedi contro l’inadempimento (quali la risoluzione del contratto, l’azione di inadempimento, l’azione di adempimento), mentre se, nonostante l’esatto adempimento dell’obbligazione di “facere”, il promissario non abbia ottenuto il risultato sperato a causa del rifiuto del terzo, diverrà attuale l’altra obbligazione di “dare”, in virtù della quale il promittente sarà tenuto a corrispondere l’indennizzo (cfr. Corte cass. Sez. 2, Sentenza n. 12973 del 20/12/1995; Sez. L, Sentenza n. 19472 del 19/12/2003; Sez. 1, Sentenza n. 13105 del 15/07/2004; Sez. 2, Sentenza n. 24853 del 21/11/2014).

Quanto alla asserita violazione dell’art. 1218 c.c., la censura si traduce nella mera contestazione della valutazione di merito compiuta dalla Corte d’appello in ordine alla fattispecie d’inadempimento alla stregua del complessivo materiale probatorio esaminato, sicchè si palesa la inammissibilità del motivo per errata individuazione del parametro normativo in funzione del quale questa Corte viene chiamata ad esercitare il sindacato di legittimità, atteso che in tal caso il ricorrente avrebbe dovuto dedurre il vizio di omessa motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, specificando quale fosse il fatto storico, principale o secondario, dimostrato in giudizio, che il Giudice aveva pretermesso nella ponderazione degli elementi probatori e che, se invece considerato, avrebbe con certezza portato ad una diversa decisione della controversia.

Il secondo motivo tende a recuperare la precedente censura sotto il profilo del vizio logico di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il motivo è inammissibile in quanto la mancata trascrizione delle clausole contrattuali, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), impedisce alla Corte di accedere alla verifica dei limiti entro i quali era stato assunto l’impegno da parte di COGERIS del “fatto del terzo”.

In ogni caso la censura si palesa del tutto inadeguata in quanto, per un verso, viene a richiedere a questa Corte una inammissibile rivisitazione del giudizio di merito sull’accertamento di responsabilità; per altro verso si fonda sulla estrapolazione dal contesto motivazionale di una proposizione (la società subaffittuaria “non poteva certo aspettare l’esito di una pratica del tutto incerta e contraddetta da provvedimenti tra di loro incompatibili assunti dall’Amministrazione”) che non esclude affatto la responsabilità della subaffittante COGERIS s.r.l., laddove, rispetto alla data di inizio della riapertura del locale commerciale (1.12.2007) e della specifica assicurazione da parte di COGERIS della “validità del titolo autorizzativo”, accerta una sequenza di comunicazioni del Comune di Milano in data 30.8.2007, 28.11.2007, 30.11.2007 che escludevano la proroga del termine di scadenza della licenza all’esercizio della attività commerciale, per essere rimasta sospesa l’attività oltre il termine di decadenza previsto dalla normativa di settore con conseguente inizio del procedimento di revoca del titolo “a causa di inattività per un periodo ultrannuale”, comunicazioni non contraddette dalla presentazione in data 4.12.2007 della istanza di rilascio di una nuova licenza da parte di Santa Lucia s.r.l. (società titolare della originaria licenza che aveva affittato l’azienda a COGERIS s.r.l., senza volturare la licenza), nè dalla nota del Comune in data 11.12.2007 che si limitava a comunicare che “non era stato fino ad allora emesso alcun provvedimento formale di decadenza”. Ed infatti la condotta del terzo, non satisfattiva dell’interesse della società promissaria, non è ex se sufficiente a mandare esente da responsabilità il promittente, qualora: a) la esecuzione dell’attività rimessa al terzo presentasse “ab origine” carattere di incertezza per causa imputabile allo stesso promittente (assumere la garanzia della validità del titolo, come accertato dalla Corte d’appello, non equivale a promettere la voltura del titolo: se nel secondo caso infatti, una volta presentata la istanza, i tempi e le modalità di svolgimento del procedimento di modifica della intestazione della licenza, attenendo esclusivamente alla organizzazione amministrativa dell’ente locale, sfuggono al controllo del promittente, diversamente nel primo caso l’attuale svolgimento dell’attività autorizzata o la sospensione della stessa per un periodo non superiore al termine di decadenza previsto dalla normativa, costituisce un presupposto di fatto direttamente riconducibile alla sfera di controllo del promittente); b) il promittente non adduca e provi di aver diligentemente adempiuto alla obbligazione di “tacere” assunta ai sensi dell’art. 1381 c.c., e dunque non dimostri, come nella specie, di essersi idoneamente attivato per risolvere le oggettive incertezze sulla perdurante validità del titolo indispensabile per la riapertura del locale, anche ove – per ipotesi – il mancato conseguimento del risultato promesso sia dipeso dalla eventuale illegittimità dell’attività amministrativa dell’ente locale (in tal caso dovendo egualmente il promittente dimostrare di aver esperito efficacemente e tempestivamente tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento al fine di superare l’impedimento al conseguimento del risultato promesso).

A tali principi si è attenuta la Corte d’appello laddove ha inteso riferire alla inerzia di COGERIS s.r.l., il ritardo del Comune che, soltanto in data 12.3.2008, aveva “rilasciato la autorizzazione/reintestazione n. 18541” relativa ai locali affittati.

E’ appena il caso poi di rilevare come il documento in questione, solo in parte trascritto alla pag. 14 ricorso, prevedeva il rilascio della autorizzazione, peraltro a nome del F., ma “con validità subordinata all’esito del ricorso….pendente avanti il TAR Lombardia..”, circostanza che se da un lato non integra – come vorrebbe la parte ricorrente – il risultato promesso (essendo la validità del titolo sub judice), dall’altro non fornisce alcuna prova della non imputabilità dell’inadempimento.

La questione, appena adombrata nel motivo di ricorso, concernente la temporaneità dell’inadempimento e la errata valutazione da parte del Giudice di merito del venire meno dell’interesse della società affittuaria a ricevere la prestazione, tenuto conto del tempo inutilmente trascorso dalla data pattuita in contratto per l’inizio dell’esercizio dell’attività (1.12.2007) e della diffida ad adempiere entro la data del 15.12.2007 comunicata a COGERIS s.r.l. dalla società affittuaria, è questione di merito sottratta al sindacato di legittimità.

Il terzo motivo è inammissibile.

La parte ricorrente deduce il vizio di illogicità, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il fatto decisivo della avvenuta riconsegna dell’immobile, sostenendo che dal provvedimento ex art. 700 c.p.c. e dalla ordinanza emessa ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c. non poteva desumersi alcuna prova dell’avvenuta riconsegna del locale affittato.

Premesso che la nuova formulazione del testo normativo introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134 (recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”), che ha sostituito dell’art. 360 c.p.c., comma 1, il n. 5 (con riferimento alle impugnazioni proposte avverso le sentenze pubblicate successivamente alla data dell’11 settembre 2012), ha limitato la impugnazione delle sentenze in grado di appello o in unico grado, per vizio di motivazione, alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, con la conseguenza che, al di fuori dell’indicata omissione, il controllo di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte formatasi in materia di ricorso straordinario – in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità; e premesso che nella specie difetta il presupposto del “fatto decisivo” la cui valutazione è stata omessa richiesto per l’accesso al sindacato di legittimità, venendo a richiedere la parte ricorrente una nuova valutazione di documenti (il provvedimento ex art. 700 c.p.c. e la ordinanza emessa in sede di reclamo) già esaminati dalla Corte territoriale, osserva il Collegio che la decisione impugnata ha confermato la sentenza di prime cure nella parte in cui ha ritenuto presuntivamente provata la circostanza della offerta non formale di riconsegna dell’azienda locata mediante restituzione delle chiavi dell’immobile alla stregua della tempistica ravvicinata (scadenza termine contrattuale iniziale, diffida ad adempiere, restituzione delle chiavi “brevi manu”) bene descritta nella sentenza, compatibile con l’incontestato mancato inizio del godimento dei locali da parte dell’affittuaria che alcuna attività, neppure preparatoria, aveva svolto all’interno di essi, nonchè della iscrizione nelle scritture contabili di COGERIS s.r.l. del rientro in disponibilità dell’immobile a far data dal 20.12.2007. Ne segue che la critica rivolta alla statuizione impugnata non è comunque idonea a privare la decisione dell’adeguato supporto motivazionale.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso principale.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2017

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