Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13711 del 31/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 31/05/2017, (ud. 16/03/2017, dep.31/05/2017),  n. 13711

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28019-2015 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO GAVA giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.P.S.;

– intimata –

Nonchè da:

D.P.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO

30, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO BIAGINI, che la

rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO GAVA giusta

procura a margine del ricorso principale;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 802/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 24/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/03/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE ROSSI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza n. 802/2015 del 24 aprile 2015, la Corte di Appello di Venezia, nel disattendere gli appelli proposti avverso la sentenza di prime cure del Tribunale della medesima città: (a) dichiarava cessata la materia del contendere sulla domanda di risoluzione alla scadenza del 31 ottobre 2006 del contratto di locazione ad uso abitativo proposta da C.G. (locatore) nei confronti di D.P.S. (conduttrice), dacchè, nelle more di svolgimento del processo, era stata pronunciata – in data 16 gennaio 2015 – ordinanza di convalida di sfratto per morosità relativa allo stesso rapporto; (b) dichiarava infondata la domanda riconvenzionale di restituzione delle somme corrisposte per canoni in misura superiore al canone legale formulata L. 27 luglio 1978, n. 392, ex art. 79 in quanto gli importi erano stati materialmente versati da soggetto diverso dalla conduttrice (il di lei coniuge) e non ricorrevano i presupposti della delegazione di pagamento.

Avverso questa sentenza ricorre per cassazione C.G., affidandosi a due motivi; resiste e propone ricorso incidentale, articolato su un motivo, D.P.S..

Ambedue le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, per “violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 112 cod. proc. civ.”, il ricorrente principale censura la declaratoria di cessazione della materia del contendere sulla richiesta di risoluzione del contratto alla scadenza in quanto emessa in difetto del presupposto della totale eliminazione delle ragioni di contrasto tra le parti e del venir meno dell’interesse ad agire e a contraddire, assumendo, in specie, che, pur emessa convalida di sfratto per morosità, sussisteva l’interesse del ricorrente all’accertamento della scadenza del rapporto ai fini della esperibilità di domanda risarcitoria ex art. 1591 cod. civ..

Il motivo è fondato e va accolto.

Come ha chiarito questa Corte in fattispecie analoghe, nell’ipotesi in cui, nel corso del procedimento instaurato dal locatore per ottenere la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, intervenga la restituzione dell’immobile per finita locazione, non viene meno l’interesse (e il diritto) del locatore ad ottenere l’accertamento dell’operatività di una pregressa causa di risoluzione del contratto per grave inadempimento del conduttore, potendo da tale accertamento derivare effetti a lui favorevoli; qualora più fatti diano diritto, ciascuno come causa autonoma, alla cessazione di un contratto, sussistono altrettante “causae petendi” e, quindi, azioni, sicchè la pronuncia sull’una, passata in cosa giudicata, non preclude l’esame delle altre (in tal senso, tra le tante, Cass. 22/12/2015, n. 25740; Cass. 28/11/2008, n. 28416).

In applicazione dell’enunciato principio di diritto, nella vicenda in esame, in ragione dell’autonoma considerabilità delle plurime cause di cessazione del rapporto locatizio, la risoluzione per inadempimento pronunciata con il provvedimento di convalida di sfratto nel gennaio 2015 non elideva certo l’interesse del locatore all’accertamento della scadenza del vincolo contrattuale alla data del 31 ottobre 2006, al fine della giudiziale qualificazione della detenzione dell’immobile dopo tale epoca come occupazione sine titulo e della conseguente esperibilità dell’azione risarcitoria ex art. 1591 cod. civ..

Su tale domanda di finita locazione non era dunque venuta meno la necessità della decisione (situazione legittimante la declaratoria di cessazione della materia del contendere), dovendo invece la Corte territoriale vagliare la fondatezza della istanza di parte locatrice agli scopi testè illustrati e pronunciare nel merito.

La sentenza impugnata va pertanto cassata, devolvendo al giudice di rinvio il compimento della descritta attività valutativa.

2. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento della seconda censura formulata dal ricorrente principale, denunciante la disposta compensazione delle spese di lite, statuizione travolta dalla cassazione del capo principale della sentenza.

3. Con unico motivo di ricorso incidentale, per violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 79 e dell’art. 2033 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, D.P.S. impugna la sentenza della Corte veneta nella parte in cui ha disatteso la domanda di ripetizione delle somme versate a titolo di canone ultralegale.

Assume, in sintesi, che l’azione prevista dalla L. n. 392 del 1978, art. 79 pur assimilabile all’istituto dell’indebito oggettivo, ha carattere personale e trova titolo nel rapporto di locazione, talchè la legittimazione spetta esclusivamente al conduttore che abbia corrisposto al locatore un canone superiore alla misura massima prescritta dalla legge, anche se l’effettivo pagamento sia stato eseguito da un terzo estraneo al rapporto.

La doglianza è meritevole di accoglimento.

Secondo il consolidato orientamento del giudice della nomofilachia – cui il Collegio intende dare continuità -, in tema di locazioni di immobili urbani, la particolare azione di ripetizione, prevista dal citato art. 79, delle somme pagate in eccedenza rispetto al canone legale si differenzia dalla comune azione di ripetizione di indebito, trovando titolo nel rapporto di locazione, sicchè la relativa legittimazione spetta unicamente al conduttore, anche se il pagamento dei canoni sia stato effettuato da altra persona (così Cass. 07/02/2011, n. 2965; Cass. 21/10/2013, n. 15710; Cass. 13/01/1997, n. 253).

Va per l’effetto disposta la cassazione con rinvio della pronuncia della Corte territoriale, la quale si è discostata dall’enunciato principio di diritto.

4. Al giudice di rinvio, individuato nella Corte di Appello di Venezia in diversa composizione, è affidata anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il 16 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2017

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