Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13711 del 05/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 05/07/2016, (ud. 26/05/2016, dep. 05/07/2016), n.13711

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15269-2015 proposto da:

B.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO VERCESI

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 6684/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO del 27/11/2014, depositata l’11/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GUIDO FEDERICO;

udito l’Avvocato Paolo Panariti difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

Costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

La contribuente B.P. ricorre nei confronti dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia depositata il 11 dicembre 2014, che, confermando la sentenza di primo grado, ne aveva respinto il ricorso avente ad oggetto l’annullamento dell’avviso di accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38 relativo ed IRPEF dell’anno 2007.

La CTR affermava che la contribuente aveva omesso di assolvere all’onere probatorio sulla stessa gravante in ordine alla provenienza non reddituale delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati nell’avviso di accertamento.

Da qui la ritualità dell’atto impositivo.

L’Agenzia si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza di discussione ex art. 370 c.p.c..

La contribuente ha altresì depositato memoria illustrativa.

Con il primo motivo di ricorso la contribuente denunzia l’erronea applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4 ex art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione alla produzione in giudizio della sentenza n. 735/2014 della CTP di Pavia, che aveva annullato l’accertamento emesso nei confronti della ricorrente per l’anno 2008, quale ” gemello” di quello relativo all’anno 2007 ed oggetto di impugnazione nel presente giudizio.

Il motivo è inammissibile, in quanto, nei termini in cui è formulato, si risolve nell’ omessa valutazione da parte della CTR della sentenza prodotta dal contribuente.

Orbene premesso che non risulta provata la rituale produzione in giudizio della sentenza, nè che la stessa sia stato oggetto di discussione tra le parti, nè, soprattutto, che essa sia passata in giudicato, il motivo concerne non già l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ma evidenzia, piuttosto, una insufficiente motivazione, non più censurabile alla luce del nuovo disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), lamentando che la CTR non abbia valutato in modo adeguato la rilevanza della sentenza della CTP, relativa ad anno d’imposta successivo a quello oggetto del presente giudizio.

In particolare, non risultando nè provato, nè invero dedotto, il passaggio in giudicato della sentenza della CTP, non appare sussistente il carattere di definitività dell’accertamento giudiziale contenuto nella sentenza medesima – relativo all’anno d’imposta successivo a quello per cui è causa (2008) – e quindi la decisività dello stesso.

Orbene, come le sezioni unite di questa Corte hanno già affermato, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Ss.Uu.

8053/2014).

Sotto altro profilo si rileva che l’art. 348 ter c.p.c., comma 5, applicabile alla presente controversia in quanto il giudizio di appello risulta introdotto in data successiva all’11 settembre 2012, esclude che possa essere impugnata ex art. 360, n. 5) la sentenza di appello “che conferma la sentenza di primo grado”.

Nel caso di specie, la decisione della CTR, nel confermare integralmente la sentenza di primo grado, risulta averne pienamente condiviso la valutazione dei fatti, aderendo dunque alla ricostruzione compiuta dal giudice di prime cure, con conseguente inammissibilità della censura ex art. 360 c.p.c., n. 5).

Con il secondo, terzo e quarto motivo si denunzia, ex art. 360 c.p.c., n. 3) la violazione ed errata applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4 e 6 in combinato disposto con il D.M. Finanze 10 settembre 1992, artt. 2 e 3 e del D.M. 24 dicembre 2012, art. 1 nonchè l’omessa motivazione ed omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4) e 5), costituito dalla disponibilità reddituali esenti, riserve e risparmi in capo alla ricorrente (secondo motivo), ai reali costi di gestione dell’imbarcazione (terzo motivo) e l’effettiva disponibilità dell’imbarcazione in capo al coniuge della contribuente (quarto motivo).

I motivi che, in quanto connessi, vanno unitariamente esaminati, appaiono per un verso infondati, avuto riguardo alla censura di violazione di legge, per altro inammissibili in relazione al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5).

Il vizio di violazione di legge non appare ravvisabile.

Ed invero questa Corte, nel chiarire la portata della disposizione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 ha affermato che l’accertamento del reddito con metodo sintetico impone al contribuente l’onere di dimostrare, attraverso “idonea documentazione”, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte, a titolo di imposta.

La norma, dunque, prevede qualcosa in più della prova della mera disponibilità di ulteriori redditi richiedendo espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (Cass. 25104/2014 e Cass. 14855/2015).

Orbene, nel caso di specie la CTR fatto buon governo dei principi su richiamati, in quanto ha affermato che, a fronte della corretta applicazione dei criteri di determinazione del reddito su base induttiva, di cui al D.M. 10 settembre 1992, da parte dell’Ufficio, la contribuente non aveva adeguatamente provato le eccezioni relative alla effettiva disponibilità dei beni posti a fondamento dell’accertamento sintetico.

Va invece ribadita, in presenza di c.d. “doppia conforme”, l’inammissibilità del vizio di cui al n.5) dell’art. 360 c.p.c., sollevato in tutti i motivi, in relazione a diversi elementi fattuali, che la CTR ha ritenuto inidonei a superare la determinazione, in via sintetica, del reddito della contribuente.

Poichè l’Agenzia non ha svolto nel prsente giudizio attività difensiva, non vi è luogo a provvedere sulle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2016

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