Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13708 del 31/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 31/05/2017, (ud. 08/03/2017, dep.31/05/2017),  n. 13708

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina L. – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15054-2015 proposto da:

VEGETTI JEANS SRL in persona dei soci amministratori V.M. e

VE.MI., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLA PINETA

DI OSTIA 3, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI GUERRIERO,

rappresentata e difesa dagli avvocati STEFANO RUGGIERO, GIUSEPPE

PICCOLI giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S. G E T & CO SNC + 1, in persona dei soci

amministratori e legali rappresentanti S.T. e

S.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALFRED MULSER giusta

procura in calce al controricorso;

RK LEASING SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

dott. Z.A., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

TRIESTE, 16, presso lo studio dell’avvocato GUIDO CHIODETTI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARTIN MAIRHOFER

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 79/2015 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 24/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/03/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

con la sentenza qui impugnata, pubblicata il 24 aprile 2015, la Corte d’Appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano ha rigettato l’appello principale proposto da V. Jeans S.r.l. ed ha dichiarato inammissibile l’appello incidentale proposto da S. G. e T. & Co. S.n.c. avverso la sentenza del Tribunale di Bolzano – sezione distaccata di Merano pubblicata il 19 dicembre 2013. Questa aveva qualificato come affitto di azienda il contratto stipulato tra le parti il 4 dicembre 2007 ed aveva rigettato le domande della parte attrice V. Jeans S.r.l. (fondate sulla qualificazione del contratto come di locazione di immobile ad uso non abitativo, che – oltre alla rinnovazione automatica alla prima scadenza ed all’indennità di avviamento, pure richieste – avrebbe consentito alla società conduttrice di esercitare, così come era esercitato, il diritto di riscatto, ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 38 nei confronti della convenuta alla quale, con atto del 25 maggio 2011, era stata trasferita la proprietà dell’immobile da parte della RK Leasing S.r.l.; quest’ultima, anche convenuta in giudizio, per aver violato l’asserito diritto di prelazione); il Tribunale aveva accolto in parte le domande riconvenzionali della convenuta S. G. e T. & Co. S.n.c., dichiarando l’avvenuta regolare disdetta del contratto per la scadenza del 31 dicembre 2011 e condannando la società conduttrice al rilascio; ne aveva però respinto la domanda risarcitoria; aveva condannato la V. Jeans S.r.l. al pagamento della metà delle spese di lite in favore della S. G. e T. & Co. S.n.c. e delle spese per intero in favore della RK Leasing S.r.l.;

– la Corte d’appello ha escluso che fossero simulate (e dissimulassero una locazione commerciale dell’immobile), come sostenuto dall’appellante principale, le clausole che configuravano la cessione in godimento di un compendio aziendale; quanto all’assunto della conduttrice, secondo cui la S. G. e T. & Co. S.n.c. non avrebbe potuto affittare l’azienda in quanto, in forza delle vicende traslative pregresse, non ne sarebbe stata titolare, la Corte ha modificato la motivazione del primo giudice (che quelle vicende aveva esaminato) ed ha affermato che, anche a voler ipotizzare che la predetta non fosse proprietaria dell’azienda all’atto della stipulazione del contratto di locazione del 4 dicembre 2007, ma semplice utilizzatrice dell’immobile (in forza di contratto di leasing), tale circostanza non avrebbe potuto essere “considerata di ostacolo alla configurazione di un rapporto di affitto” dell’azienda, peraltro già nella disponibilità della conduttrice; ha quindi proceduto alla qualificazione del contratto come di affitto di azienda, mediante valutazione sia delle clausole contrattuali che delle condotte tenute dalle parti: le une e le altre, espressione, secondo il giudice, della comune intenzione di porre in essere “un vero e proprio affitto di azienda”;

– la Corte territoriale, ritenuti assorbiti gli altri motivi e rigettato perciò il gravame principale, ha dichiarato inammissibile, per genericità dei motivi, l’appello incidentale, volto a censurare il rigetto della domanda risarcitoria avanzata dalla locatrice; quindi, ha condannato l’appellante principale al pagamento delle spese del grado in favore sia della S. G. e T. & Co. S.n.c. (con parziale compensazione nella misura di un quinto), che della RK Leasing s.r.l. (per intero);

– il ricorso è proposto da V. Jeans S.r.l. con quattro motivi;

– S. G. e T. & Co. S.n.c. e RK Leasing S.r.l. si difendono con distinti controricorsi;

fissata la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi dall’art. 375 c.p.c., comma 2, il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

col primo motivo è dedotta nullità della sentenza e del procedimento per omessa pronunzia in ordine alle domande di V. Jeans S.r.l., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 112 cod. proc. civ. e all’art. 1421 cod. civ.; la ricorrente sostiene che la Corte non si sarebbe pronunciata sulla domanda di nullità parziale del contratto di affitto di azienda, avanzata perchè oggetto del contratto sarebbe stato “non l’azienda, che il cedente non aveva, ma il solo immobile”; svolge quindi ampie considerazioni in merito alla catena di atti traslativi a seguito dei quali (in ragione di asserite nullità di questi atti o comunque della mancata previsione in essi della cessione del complesso aziendale), secondo la ricorrente, la S. G. e T. & Co. S.n.c. aveva conseguito la proprietà dell’immobile, ma non avrebbe potuto conseguire quella dell’azienda, o del compendio dei beni aziendali; conclude nel senso che questi non sarebbero stati nella sua proprietà alla data del 4 dicembre 2007, quando stipulò il contratto di affitto di azienda con la V. Jeans S.r.l., e perciò lo stesso sarebbe nullo;

il motivo è infondato quanto alla denunciata violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.; inammissibile quanto al resto;

va in primo luogo ribadito il principio per il quale ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, il che non si verifica quando la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti il rigetto di tale pretesa anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (così già Cass. n. 4317/2000 ed altre successive);

la Corte d’appello ha pronunciato su tutta la domanda avanzata dall’originaria attrice, poi appellante. Non è vero che, così come sostiene la ricorrente, si sia limitata ad escludere la simulazione. Dopo aver dato conto di tutti i passaggi di proprietà intermedi (dalla Steinwandter di K.E. & Co. s.n.c., originaria locatrice e titolare dell’azienda commerciale, alla SE Invest s.r.l.; nonchè dalla Steinwandter alla SBS Leasing s.p.a. e da questa alla SE Invest s.r.l.; ancora, dalla SE Invest s.r.l. alla RK Leasing s.r.l.; infine, da questa alla S. G. e T. & Co. S.n.c.: cfr. pagg. 14-17 della sentenza), la Corte ha affrontato la questione della proprietà del compendio aziendale in capo alla S. G. e T. & Co. S.n.c., concludendo per l’irrilevanza del relativo accertamento;

questa conclusione è stata presa affermando espressamente che, per la decisione della controversia, non appariva necessaria la disamina dell’ “esame delle vicende traslative sopra richiamate alla luce delle eccezioni sollevate dalla parte appellante nei diversi motivi di appello” (cfr. pag. 18);

poichè si tratta di motivi con i quali erano poste questioni analoghe a quelle riproposte col presente ricorso, è palese che non vi è stata alcuna omissione di pronuncia, sicchè il vizio denunciato dalla ricorrente, ai sensi dell’art. 112 c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 4, non sussiste;

piuttosto, la ricorrente, prima di riproporre dette questioni concernenti la validità degli atti traslativi suaccennati e l’individuazione del relativo oggetto, in particolare quanto alla cessione o meno dell’azienda commerciale e/o del relativo contratto di affitto – avrebbe dovuto censurare l’affermazione della Corte d’appello circa la detta irrilevanza, nonchè la ratio decidendi connessa;

questa ratio decidendi, come nota la controricorrente S. G. e T. & Co. S.n.c., è fondata sulla constatazione, da parte della Corte d’appello, della validità del contratto stipulato tra le parti il 4 dicembre 2007 e della comune loro intenzione di affittare l’azienda commerciale, dando continuità al contratto di affitto di azienda del 1995, in forza del quale la V. Jeans s.r.l. aveva goduto ininterrottamente dell’azienda medesima;

d’altronde, è principio affermato ripetutamente da questa Corte quello per il quale il rapporto che nasce dal contratto di locazione e che si instaura tra locatore e conduttore ha natura personale, con la conseguenza che chiunque abbia la disponibilità di fatto del bene, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente concederlo in locazione (cfr., tra le altre, Cass. n. 15443/11 e n. 22346/14, nonchè, di recente, Cass. n. 27021/16); analogamente è a dirsi quanto al contratto di affitto di azienda, alla cui stipulazione è legittimato chiunque abbia la disponibilità di fatto del compendio aziendale, senza che sia necessario che abbia anche la proprietà dei beni strumentali destinati al suo funzionamento;

la soluzione adottata dal giudice a quo, oltre a non essere viziata per omessa pronuncia, risulta coerente con l’orientamento interpretativo appena espresso;

– ogni altra deduzione della ricorrente è, come detto, inammissibile: sia perchè, per le ragioni sopra esposte, è del tutto irrilevante, ai fini della decisione in merito alla qualificazione del contratto come di affitto di azienda (piuttosto che di locazione di immobile ad uso non abitativo), verificare la proprietà o meno in capo alla locatrice del compendio aziendale o dei singoli beni che lo componevano; sia perchè – come nota la controricorrente RK Leasing S.r.l. – il giudice non si sarebbe potuto pronunciare sulla nullità di contratti diversi da quello stipulato tra le parti il 4 dicembre 2007 (in particolare sui contratti stipulati dalla S. G. e T. & Co. S.n.c. con i suoi danti causa, ovvero da questi ultimi tra loro, elencati come detto alle pagine da 14 a 17 della sentenza), dal momento che questi contratti non risultano essere stati oggetto di domanda giudiziale (peraltro, improponibile non essendo presenti nel giudizio tutte le parti che li stipularono);

non è perciò pertinente il richiamo fatto dalla ricorrente ai principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte in tema di rilievo officioso delle nullità contrattuali, in ogni stato e grado del processo (cfr. oltre a Cass. S.U. n. 26243/14, citata in ricorso, anche Cass. S.U. n. 7294/17), poichè essi sono applicabili quando la nullità è riferibile al rapporto contrattuale oggetto di giudizio;

nel caso di specie, l’unico contratto sul quale il giudice è stato chiamato a pronunciarsi, e sul quale si è pronunciato, è quello denominato di “affitto di azienda” stipulato il 4 dicembre 2007 tra la S. G. e T. & Co. S.n.c. e la V. Jeans S.r.l.;

il primo motivo di ricorso quindi va rigettato;

col secondo motivo si deduce nullità della sentenza e del procedimento per omessa pronuncia, mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato in ordine alle domande riconvenzionali di S. G. e T. & Co. S.n.c. e in ogni caso violazione degli artt. 2555, 2558, 2561 e 2562 cod. civ.; la ricorrente sostiene che, nel dispositivo della sentenza, la condanna al rilascio ha ad oggetto l’immobile e non l’azienda, così come invece richiesto con l’originaria domanda riconvenzionale della convenuta; con la conseguenza che la sentenza sarebbe nulla per la parte in cui non avrebbe individuato i beni aziendali da restituire e non ne avrebbe ordinato la restituzione in favore della S. G. e T. & Co. S.n.c., che l’aveva chiesta;

il motivo è inammissibile per carenza di interesse; come notano le resistenti, con esso la ricorrente non evidenzia alcuna ragione di soccombenza, poichè censura la decisione del giudice in riferimento alla domanda riconvenzionale proposta dalla controparte; l’eventuale parziale, inesatto od incompleto accoglimento di questa domanda, con condanna della V. Jeans S.r.l. a rilasciare soltanto l’immobile, non anche a restituire, in tutto o in parte, alla S. G. e T. & Co. S.n.c. i beni aziendali, non nuoce di certo alla conduttrice, potendo dare luogo semmai ad un pregiudizio per la locatrice;

col terzo motivo si deduce omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 nonchè violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 3 in relazione agli artt. 1362 e ss. cod. civ.;

– con questo motivo, per un verso, la ricorrente torna sul contenuto dei contratti in forza dei quali la S. G. e T. & Co. S.n.c. è succeduta nel rapporto con la V. Jeans S.r.l. (ancora una volta al fine di sostenere che la società locatrice non sarebbe mai succeduta nella titolarità dell’azienda oggetto del contratto di affitto, ma tutt’al più nella titolarità dei diritti di credito relativi al pagamento dei canoni); per altro verso, censura l’interpretazione che il giudice ha dato al contratto stipulato tra le parti nel dicembre 2007;

– il motivo è inammissibile sotto entrambi i profili;

– quanto al primo, è sufficiente richiamare le considerazioni svolte sopra in merito all’irrilevanza delle vicende traslative che interessarono la S. G. e T. & Co. S.n.c., cui consegue l’inammissibilità di ogni censura che investa immediatamente siffatte vicende;

– quanto al secondo, perchè è evidente che, pur denunciando violazioni di legge, la parte ricorrente si limita a prospettare un’interpretazione del contratto diversa da quella accertata nella sentenza impugnata e finisce per censurare l’apprezzamento ed il convincimento del giudice, in quanto difforme da quello auspicato, così mirando ad un riesame del merito, non consentito in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 3881/06, n. 828/07, n. 7972/07, n. 25332/14 ed altre);

– peraltro, la Corte ha tratto dai fatti e dalle clausole un’interpretazione del tutto coerente e conforme ai canoni ermeneutici contrattuali quanto al contenuto del contratto (avendo valorizzato il nomen iuris attribuito dalle parti; la specificazione dell’oggetto; i riferimenti all’azienda, alle sue componenti, all’organizzazione ed alla dotazione, all’insegna ed all’arredamento, fatti in diverse clausole), nonchè immune dal denunciato vizio di motivazione (avendo altresì dato conto dei fatti decisivi, costituiti dalla pregressa gestione aziendale da parte della V. Jeans e dalla corresponsione dei canoni, dalle parti riferiti all’affitto di azienda – e non certo alla locazione dell’immobile – sia prima che dopo la stipulazione del contratto del 2007, in quanto quest’ultimo si poneva – proprio per il comportamento delle parti accertato dal giudice di merito – in linea di continuità con quello originariamente stipulato dalla conduttrice nel 1995, con l’allora proprietaria dell’azienda commerciale, società Steinwandter di K.E. & Co. S.n.c.); laddove il ricorso non indica alcun aspetto interpretativo che sia in violazione degli artt. 1362 e seg. cod. civ. ed indugia invece su fatti e clausole tutti già considerati dal giudice (vale a dire proprio quelli su indicati), in palese violazione dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (che presuppone che il ricorrente ponga a fondamento del motivo fatti storici o materiali non esaminati: cfr. Cass. S.U. n. 8053/14);

– col quarto motivo la ricorrente torna a trattare delle questioni dichiarate assorbite dal giudice a quo: invalidità della disdetta, durata del contratto e diritti del conduttore;

– il motivo è inammissibile per carenza di interesse (cfr. Cass. n. 4424/01, Cass. n. 11371/06) poichè, come nota la stessa ricorrente, la soluzione delle questioni ivi poste sulle quali il giudice d’appello non si è pronunciato, correttamente dichiarandole assorbite – presuppone la qualificazione del rapporto come nascente da contratto di locazione di immobile ad uso non abitativo, ma questa è definitivamente esclusa a seguito del rigetto degli altri motivi;

– il ricorso va perciò rigettato, con le statuizioni consequenziali di cui al dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per ognuna, in Euro 6.200,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2017

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