Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13707 del 22/06/2011

Cassazione civile sez. II, 22/06/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 22/06/2011), n.13707

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.G. ((OMISSIS)) rappresentata e difesa in

forza di procura speciale a margine del ricorso in cassazione, dagli

avv.ti Serra Marco ed Ernesto Velia ed elettivamente domiciliata

presso lo studio del primo in Roma, viale Marco Polo n. 43;

– ricorrente (proc. 17.245/05) –

contro

B.C. (c.f. (OMISSIS)) rappresentata e difesa

dall’avv. Ciavola Antonino del Foro di (Catania ed elettivamente

domiciliata presso lo studio dell’avv. Spinella Maurizio in Roma, via

C. Mirabello n. 7, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– contro ricorrente e ricorrente incidentale (proc. 23.224/05) –

nonchè sul ricorso proposto da:

B.C. in D.P. rappresentata e difesa dall’avv.

Antonino Ciavola del foro di (Catania ed selettivamente domiciliata

presso lo studio dell’avv. Maurizio Spinella in Roma, via C.

Mirabello n. 7, giusta procura speciale a margine del ricorso (proc.

26.824/05);

– ricorrente (proc. 26.824/05) –

contro

A.V.;

– intimato (proc. 26.824/05) –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania, n. 1122/04,

pubblicata il 13/11/2004.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del

03/05/2011 dal Consigliere DotT. Bruno Bianchini;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del

ricorso principale e l’inammissibilità di quello incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.C. citò innanzi al Tribunale di Caltagirone la sorella B.G. ed il marito di costei A.V. lamentando che gli stessi avrebbero occupato parte di un terreno di proprietà dell’attrice, eliminando l’antico confine esistente ed edificando una villa ed un magazzino, sottraendo ad essa esponente l’esercizio di una servitù di passaggio in favore di altro immobile di cui avevano così determinato il deprezzamento. Chiese che, ripristinato l’antico tracciato della servitù di passaggio e demolite le costruzioni edificate a distanza non legale, i convenuti fossero condannati a risarcirle i danni patiti.

Instaurato il contraddicono ed eseguita CTU, l’adito Tribunale, pronunziando sentenza n. 357/2002, condannò le parti convenute: a recingere la strada asfaltata a confine del fondo dell’attrice; ad arretrare il proprio fabbricato ed a consentire alla medesima di raggiungere la propria abitazione “dal punto più breve”, secondo le indicazioni contenute nell’atto di donazione dei genitori delle sorelle B. che avevano assegnato alle figlio i due fondi limitrofi.

La Corte di Appello di Catania, decidendo con sentenza n. 1122/2004 l’appello di B.G. e dell’ A., respinse tutte le domande proposte nei confronti di quest’ultimo – in quanto la servitù controversa era stata costituita dai genitori delle B. prima del matrimonio e l’immobile che non sarebbe stato costruito a distanza legale dal confine, sarebbe stato edificato su terreno di proprietà esclusiva della moglie del convenuto – e riformò la gravata decisione, riscontrando l’esistenza del vizio di ultrapetizione, nella parte in cui esse appellanti erano state condannate a risarcire il danno anche per la “impossibilità della sua ristrutturazione secondo le norme urbanistiche vigenti”.

Contro tale pronunzia B.G. ha proposto ricorso in cassazione affidandolo a tre motivi; B.C. ha resistito, depositando altresì ricorso incidentale, illustrato da memoria; detta parte ha poi proposto autonomo ricorso principale, articolato su tre motivi, notificandolo all’ A., che non ha svolto difese; con ordinanza interlocutoria depositata il 27 gennaio 2011 la Corte ha disposto il rinvio per la riunione dei due.

procedimenti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

– I ricorsi vanno riuniti, ricorrendo i presupposti per l’applicazione dell’art. 335 c.p.c..

– Proc. n. 17.245/2005 -.

1 – La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la “violazione e falsa applicazione delle norme di citi agli artt. 1065 e 1068 cod. civ., nonchè (l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5”: assume in proposito che la Corte territoriale avrebbe erroneamente identificato, nell’iter descritto nella consulenza d’ufficio, il percorso più breve necessario a raggiungere il fabbricato rurale dal fondo della sorella C.: in particolare la ricorrente sostiene che dalla piana lettura della piantina allegata alla CTU emergerebbe che il percorso suggerito dall’ausiliare non sarebbe quello più diretto e che comunque sin dal primo grado avrebbe sostenuto la necessità di spostamento della servitù al fine di limitare i disagi per il fondo servente.

1/b – La censura è inammissibile: in quanto sollecita una non consentita diversa interpretazione dei dati di fatto che, al contrario, sono stati delibati dalla Corte con motivazione adeguata e completa; in quanto sostiene, senza alcuna specifica allegazione – in violazione del principio di autosufficienza del ricorso – che contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte d’Appello (fol 5, prima alinea) avrebbe chiesto sin dal primo grado, lo spostamento della servitù à sensi dell’art. 1068 cod. civ..

2 – Con il secondo motivo viene denunziata la “violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 873 e 951 cod. civ., nonchè (l’)omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5”: sostiene la ricorrente che la Corte catanese, disattendendo il terzo motivo d’appello, relativo al calcolo delle distanze tra gli edifici, avrebbe erroneamente affermato che non vi sarebbe stata alcuna prova del ridimensionamento della linea confinaria che asseritamente avrebbe formato oggetto di una sentenza, resa tra la sorella C., e tali C. e T.; al contrario assume che l’esistenza di tale pronunzia avrebbe dovuto essere considerata come “fatto notorio”.

2/a – Il motivo è infondato in quanto viene dedotta la violazione delle norme sostanziali sulle distanze legali collegandola all’azione di apposizione di termini, non formante oggetto del presente giudizio e senza dare adeguata dimostrazione del perchè si sarebbe data falsa od erronea applicazione alla norma generale sulle distanze tra edifici.

2/b – Del pari infondato è il motivo in esame in quanto ritiene inquadrabile nel concetto di fatto notorio l’esistenza di una pronunzia giudiziale resa tra soggetti non coincidenti con le parti in giudizio, ponendosi così in contrasto con la consolidata interpretazione di legittimità (ex multis: Cass. 13.234/2010; Cass. 5232/2008) che qualifica come notorio qualsiasi fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire incontestabile, fattispecie che non ricorre nel caso concreto.

2/c – Del tutto inammissibile poi si palesa la produzione, in questa fase del giudizio, della sentenza alla quale viene fatto riferimento, non rientrando tra i documenti producibili in cassazione, à mente dell’art. 372 c.p.c..

3 – Il terzo motivo, relativo alla ripartizione dell’onere delle spese, non è fondato perchè la sentenza, nei capi interessati dai ricorsi, va confermata.

– Proc. n. 23.224/2005-.

4 – B.C. propone ricorso incidentale lamentando “violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.” da parte della Corte catanese là, dove ha ritenuto inammissibile la domanda di risarcimento del danno per mancata utilizzazione del fondo, sull’assunto che non fosse stata proposta in prime cure; sostiene al contrario che tale richiesta era contenuta nell’atto introduttivo innanzi al Tribunale di Caltagirone.

4/a – L’esame della citazione innanzi al Tribunale di Caltagirone – consentita in sede di legittimità allorquando sia fatto valere, come nella specie, un error in procedendo – permette di accertare la fondatezza della censura atteso che le conclusioni colà rassegnate in merito al risarcimento del danno (“E condannare i convenuti al risarcimento dei danni patiti e derivanti dalla diminuzione di valore del fondo dell’attrice”) erano da mettersi in relazione alla parte motiva dell’atto introduttivo (5 – … col conseguentemente (rectius:

“conseguente” n.d.r.) svilimento di quello attiguo dell’attrice che si vede quindi costretta a rinunciare a gran parte della sua edificabilità) che appunto introduceva la richiesta di ristoro di un pregiudizio alle potenzialità edificatorie del piccolo immobile posto sul fondo dominante: ne consegue che la sentenza della Corte catanese va sul punto cassata con rinvio a diversa sezione del medesimo giudice dell’appello che procederà alla valutazione, prima omessa, della domanda risarcitoria sopra illustrata, regolando altresì le spese del giudizio di legittimità. – Proc. n. 26.824/2005 -.

5 – B.C. ha impugnato la medesima sentenza, indirizzando la notifica al solo A. di cui ha chiesto che venisse affermata la legittimazione passiva; ha svolto tre connessi motivi denunziando: la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 e sotto connesso profilo, dell’art. 2931 cod. civ., avendo l’ A. contribuito, assieme alla moglie, all’attività edificatoria in violazione delle norme edilizie, con la conseguenza che la riduzione in pristino avrebbe dovuto essere posta anche a suo carico e che il predetto avrebbe dovuto essere condannati) al risarcimento dei danni;

la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per le ragioni espresse nell’illustrare l’identico motivo in sede di ricorso incidentale contro la sorella G..

6 – Il ricorso è inammissibile in quanto proposto fuori del termine di cui all’art. 371 c.p.c., in quanto il ricorso di C. B., rubricato al n. 26.824/2005, essendo diretto contro la medesima sentenza che già formò oggetto dell’impugnazione della sorella (originante il proc. 17.245/2005), doveva qualificarsi come incidentale e quindi doveva essere proposto entro quaranta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso di G. B., (avvenuto l’11 luglio 2005) mentre è stato notificato solo il 24 ottobre 2005.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale; accoglie quello incidentale di B.C. (proc. 23224/05); cassa la sentenza in ordine al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Catania che provvederà anche alla regolazione delle spese del presente procedimento di legittimità; dichiara l’inammissibilità del ricorso incidentale (proc. 26.824/05) di B.C..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 3 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2011

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