Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13707 del 22/05/2019

Cassazione civile sez. VI, 22/05/2019, (ud. 05/04/2019, dep. 22/05/2019), n.13707

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36403-2018 proposto da:

P.C., SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA

PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA;

– ricorrente –

contro

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se

medesimo;

– controricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso l’ordinanza n. 4069/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 21/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

TEDESCO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Procura Generale di Ancona ha proposto ricorso per cassazione contro decreto del Presidente della Corte d’appello di Ancona, che ha accolto l’opposizione proposta dall’avv. A.A., il quale si era vista respingere la propria richiesta di liquidazione del compenso per l’attività svolta in favore di soggetto ammesso al gratuito patrocinio in un processo penale, essendo decorsi oltre tre anni dalla data di conclusione del procedimento.

Il Presidente ha riformato il provvedimento in base al rilievo che il meccanismo previsto per la liquidazione è contrassegnato da formalità tali da rendere inapplicabile la disciplina della prescrizione presuntiva, la cui ratio si fonda su considerazioni improponibili nel rapporto fra lo Stato e il difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio.

Il ricorso è proposto sulla base di un solo motivo, cui l’avv. A. ha resistito con controricorso.

L’unico motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 2656 c.c., n. 2. Si sostiene che il credito del difensore di parte ammessa al gratuito patrocinio non è soggetto alla prescrizione ordinaria decennale, ma a quella breve di tre anni.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere accolto per manifesta infondatezza, con la conseguente possibilità di definizione nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il motivo è infondato.

Le prescrizioni presuntive, che trovano fondamento e ragione solo in quei rapporti che si svolgono senza formalità, in relazione ai quali il pagamento suole avvenire senza dilazione nè rilascio di quietanza scritta, non operano quando il contratto sia stato stipulato per iscritto e quando le parti abbiano pattuito il differimento dell’obbligo di pagamento del dovuto (Cass. n. 8200/2006; n. 10379/2018)

Ora se questa è la ragione che giustifica la prescrizione presuntiva è chiaro che essa non è applicabile per definizione al credito del difensore di parte ammessa al gratuito patrocinio, tenuto conto che la liquidazione implica apposita richiesta scritta del difensore al giudice competente, che a sua volta provvede sulla liquidazione con decreto.

E’ quindi inconcepibile che ci sia un pagamento cui non faccia riscontro un documento scritto, il che paralizza in radice l’applicabilità della prescrizione presuntiva nella materia in esame, come recentemente stabilito da questa stessa sezione in materia di pagamento per compensi professionali di avvocato per attività svolta in difesa di collaboratore di giustizia (Cass. n. 30539/2017).

In quella occasione la Corte fece applicazione del principio, pertinente pure alla materia in esame, secondo cui “esula dalla previsione della norma di cui all’art. 2956 c.c., n. 2, il credito verso un Comune nascente da contratto scritto, atteso che detto ente, a norma del R.D. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 324 e 325, può effettuare pagamenti soltanto mediante mandati, tramite il proprio tesoriere, che esige quietanza per ogni pagamento (Cass. n. 1304/2005).

In conclusione il ricorso è rigettato, con addebito di spese.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 900,00 per compensi, oltre alle spese forfettaria nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 5 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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