Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13707 del 05/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 05/07/2016, (ud. 26/05/2016, dep. 05/07/2016), n.13707

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14144/2015 proposto da:

L.C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE

DEI MELLINI 10, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO CASTELLANI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIULIANO

MARCHI giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1398/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di TORINO del 26/09/2014, depositata l’01/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

Il contribuente L.C.D. ricorre con tre motivi, illustrati da successiva memoria, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, n. 1398/38/14, depositata l’1 dicembre 2014, che, confermando integralmente la sentenza di primo grado, ha respinto il ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, con il quale, a fronte dell’omessa dichiarazione dei redditi e stante l’avvenuto condono per l’anno 2005, veniva determinato un reddito del contribuente ai fini Irpef per l’anno 2006 di 66.364,36 Euro. La CTR affermava in particolare la legittimità e fondatezza dell’accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, commi 4 e 5, fondato sul c.d. redditometro, rilevando che il contribuente aveva omesso di provare l’insussistenza dei maggiori redditi accertati ovvero la loro natura di redditi esenti o esclusi dalla formazione dell’imponibile.

Affermava inoltre la non applicabilità al caso di specie del D.L. n. 78 del 2010, art. 22, trattandosi di norma non avente efficacia retroattiva.

L’Agenzia resiste con controricorso.

Con i primi due motivi di ricorso che in quanto strettamente connessi vanno unitariamente esaminati, il contribuente denunzia la violazione del principio del giusto processo e la mancata applicazione del D.L. n. 78 del 2010, art. 22, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), lamentando che l’accertamento sintetico nei suoi confronti sia stato effettuato in assenza del preventivo contraddittorio.

Le censure appaiono infondate.

Come questa Corte ha già affermato, infatti, l’accertamento dei redditi con metodo sintetico, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, nella formulazione applicabile ratione temporis, anteriormente all’entrata in vigore del D.L. n. 78 del 2010, non postula, in difetto di ogni previsione al riguardo della norma, che gli elementi e le circostanze di fatto in base ai quali il reddito viene determinato dall’Ufficio siano, in qualsiasi modo, preventivamente contestati al contribuente.(Cass. 7485/2010; Cass. 27076/2009).

Ed invero, solo a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. n. 78 del 2010, art. 22, disposizione in vigore dal 31 maggio 2010 e che non ha efficacia retroattiva (Cass. 21041/2014), è configurabile l’obbligo di instaurazione preventiva del contraddittorio, mediante invito del contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 5.

Va inoltre escluso, in materia di Imposte dirette ed Irap, che sia configurabile un Obbligo generalizzato di instaurazione del contraddittorio per tutti gli accertamenti tributari, al di fuori dei casi specificamente previsti dalla legge (Cass. Ss.Uu. 24823/2015).

Con il terzo motivo di ricorso, che si articola in due censure, si denunzia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 e dell’art. 2728 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), riproponendo il carattere retroattivo del D.L. n. 78 del 2010, art. 22 e deducendo la violazione delle disposizioni in materia di efficacia delle presunzioni, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo costituito dall’apporto dei redditi della moglie, ex art. 360 c.p.c., n. 5).

Pure tali censure non appaiono condivisibili.

Nel ribadire la non retroattività del D.L. n. 78 del 2010, art. 22, come già rilevato in relazione ai motivi precedenti, si osserva che questa Corte, nel chiarire i confini della prova contraria a carico del contribuente in materia di accertamento induttivo sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, ha affermato che l’accertamento del reddito con metodo sintetico pone al contribuente l’onere di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta.

La norma, dunque, richiede qualcosa in più della prova della mera disponibilità di ulteriori redditi, vale a dire una prova documentale su circostanze(anche meramente) sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto.

In tal senso va inteso lo specifico riferimento alla prova –

risultante da idonea documentazione – dell’entità di tali ulteriori redditi e della durata del loro possesso, prova che ha la finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi, per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi (Cass. 25104/2014 e Cass. 14855/2015).

Orbene, nel caso di specie la CTR applicando i principi su richiamati, ha affermato che, a fronte della corretta applicazione dei criteri di determinazione del reddito su base induttiva da parte dell’Ufficio, il contribuente non aveva in alcun modo provato le proprie deduzioni, peraltro generiche e inidonee a giustificarne il tenore di vita.

Passando all’esame dell’ultima censura, ne va dichiarata l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata ex art. 360, n. 5), la sentenza di appello “che conferma la sentenza di primo grado”, disposizione applicabile alla presente controversia in quanto il giudizio di appello risulta introdotto in data successiva all’11 settembre 2012.

La censura deve ritenersi inammissibile anche sotto altro profilo, in quanto, nei termini in cui è formulata, non censura l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ma evidenzia piuttosto una insufficiente motivazione, non più censurabile alla luce del nuovo disposto del n. 5) dell’art. 360 c.p.c., comma 1 (Cass. Ss.Uu. n. 8053/2014), lamentando in effetti che la CTR non abbia valutato in modo adeguato le risultanze istruttorie, ed in particolare l’apporto reddituale della moglie del contribuente.

Tale elemento risulta comunque preso in considerazione dal giudice, che ha complessivamente esaminato la controprova fornita dal contribuente ed ha espressamente fatto riferimento ai movimenti finanziari del contribuente medesimo e dei suoi familiari, ancorchè la sentenza non abbia dato conto in modo specifico di tutte le acquisizioni istruttorie e di tutte le deduzioni sollevate dal contribuente.

PQM

La Corte respinge il ricorso.

Condanna il contribuente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quarter, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2016

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