Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13705 del 03/07/2020
Cassazione civile sez. VI, 03/07/2020, (ud. 28/01/2020, dep. 03/07/2020), n.13705
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30450-2018 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587, in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA
dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati
EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA, NICOLA VALENTE;
– ricorrente –
contro
S.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
GAETANO IROLLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1453/2018 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata
il 17/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 28/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA
MARIA LEONE.
Fatto
RILEVATO
CHE:
Il Tribunale di Napoli nord con la sentenza n. 1453/2018, in sede di
procedimento ex art. 445 bis c.p.c., aveva dichiarato che S.L. era soggetto meritevole dell’assegno di invalidità con decorrenza dal 1.6.2014 ed aveva condannato l’Inps al pagamento in suo favore si tale prestazione.
Avverso detta decisione l’Inps proponeva ricorso affidato a due motivi cui resisteva la Salato con controricorso.
Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1)Con il primo motivo è denunciata la violazione dell’art. 2697 c.c. e della L. n. 118 del 1971, art. 13, anche nel testo sostituito dalla L. n. 247 del 2007, art. l, comma 35, art. 445bis c.p.c (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.), per aver, il tribunale, erroneamente riconosciuto il diritto alla prestazione.
2) Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., della L. n. 118 del 1971, art. 12, per aver il Giudice, erroneamente ritenuto provato il requisito reddituale (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4)
Entrambi i motivi possono essere trattati congiuntamente poichè attengono all’ambito di operatività del procedimento di cui all’art. 445 bis c.p.c., ed alla finalità dello stesso. Questa Corte ha di recente chiarito che “Nelle controversie in materia di invalidità’ civile, cecità’ civile, sordità’ civile, handicap e disabilità’, nonchè di pensione di inabilità’ e di assegno di invalidità ai sensi della L. n. 222 del 1984, la pronuncia emessa in esito al giudizio di cui all’art. 445 bis c.p.c., u.c., è per legge destinata a riguardare solo un elemento della fattispecie costitutiva (il c.d. requisito sanitario), sicchè quanto in essa deciso non può contenere un’efficace declaratoria sul diritto alla prestazione, che è destinata a sopravvenire solo in esito ad accertamenti relativi agli ulteriori requisiti socio-economici. (Cass.n. 27010/2018).
L’orientamento richiamato delinea i limiti del procedimento in questione ed i poteri del giudice, diretti all’accertamento del solo requisito sanitario. La scelta del legislatore ha infatti finalizzato il nuovo procedimento all’accertamento della sussistenza o meno delle condizioni sanitarie, lasciando all’Inps la gestione della successiva fase di concreto accertamento degli ulteriori requisiti socio economici strettamente connessi alla prestazione richiesta.
Il ricorso merita dunque accoglimento nel suo secondo motivo relativo alla erronea declaratoria del diritto alla specifica prestazione, dovendosi quindi ritenere assorbita la prima censura inerente la mancata valutazione della eccezione relativa all’assenza del requisito reddituale, non essendo, quest’ultima onere del giudice.
Chiarito il limite dell’accertamento reso dal giudice nel procedimento in questione, deve darsi atto che comunque la finalità di quest’ultimo era stata realizzata e conseguito positivamente l’oggetto della domanda originaria allorchè l’indagine peritale aveva accertato la sussistenza del requisito sanitario utile alla prestazione indicata dalla parte ricorrente. In ragione di ciò deve quindi accogliersi il ricorso di legittimità e cassare la sentenza nella parte in cui ha dichiarato la ricorrente meritevole della prestazione con condanna dell’Inps al pagamento della stessa, restando fermo il requisito sanitario accertato.
Attese le precedenti oscillazioni giurisprudenziali di merito e la recente pronuncia di legittimità, le spese del giudizio di legittimità devono essere compensate.
Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
PQM
La Corte decidendo sul ricorso, cassa la sentenza nella parte in cui ha condannato l’Inps al pagamento dell’assegno di invalidità. Resta fermo l’accertamento del requisito sanitario utile alla prestazione richiesta. Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2020