Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13703 del 31/05/2017

Cassazione civile, sez. III, 31/05/2017, (ud. 09/02/2017, dep.31/05/2017),  n. 13703

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23721/2014 R.G. proposto da:

F.M., F.R., G.L.,

rappresentati e difesi dall’avvocato Mario Marchiò ed elettivamente

domiciliati, in Roma, via Pietro De Cristofaro n. 40, presso lo

studio dell’avvocato Umberto Longaroni;

– ricorrente –

contro

Allianz Assicurazioni s.p.a., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata, in Roma, via Panama n. 88,

presso lo studio dell’avvocato Giorgio Spadafora che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato Antonio Spadafora;

– controricorrente –

Società Cattolica di Assicurazione s.c.ar.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

delle Fornaci n. 38, presso lo studio dell’avvocato Alberici Fabio

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

D.P.; M.L.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna depositata il 14

luglio 2013.

Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere

Cosimo D’Arrigo;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Sgroi Carmelo, che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO

Il (OMISSIS), in un tratto rettilineo della Strada Provinciale n. (OMISSIS) che collega i paesi di (OMISSIS), in provincia di (OMISSIS), si verificò un incidente mortale.

La vittima, F.A., era alla guida della propria motocicletta. L’autovettura che lo precedeva, una Fiat Uno condotta da D.P., frenò bruscamente. Il F. perse il controllo del mezzo e, cadendo dalla moto, urtò con il casco contro la portiera di un’Opel Kadett che procedeva in senso contrario. Caduto sull’asfalto, venne investito da una terza autovettura (un’Audi 80) condotta da M.L., che procedeva nella stessa direzione dell’Opel Kadett e gli passò sul capo con la ruota anteriore sinistra.

Il Tribunale di Modena, con sentenza depositata il 12 settembre 2006, escluse qualsiasi responsabilità in capo al M., ritenendo di poter superare la presunzione di cui all’art. 2054 c.c., comma 1, in considerazione della repentina imprevedibilità dell’accadimento, tale da condurre alla conclusione che costui non avrebbe potuto in alcun modo evitare di travolgere il motociclista. Ritenne, invece, il concorso di colpa – ai sensi dell’art. 2054 c.c., comma 1, – fra la D., colpevole di aver effettuato una frenata ingiustificata, e il F., che non avrebbe mantenuto la distanza di sicurezza dal veicolo che lo precedeva.

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 14 luglio 2013, ha parzialmente riformato la decisione di primo grado, escludendo qualsiasi responsabilità anche in capo alla D. e ritenendo che il sinistro si fosse verificato esclusivamente per colpa del F..

Contro tale decisione ricorrono F.R., G.L. e F.M. esponendo due motivi di ricorso. Resistono con controricorso la Società Cattolica di Assicurazione coop. a r.l., compagnia assicurativa della D., e la Allianz s.p.a., compagnia assicurativa del M.; quest’ultima ha anche depositato memorie difensive. Le altre parti non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione falsa applicazione dell’art. 2054 cod. civ., in riferimento agli artt. 140 e 146 C.d.S..

1.2. In particolare, con riferimento alla posizione della D., i ricorrenti censurano la decisione della corte territoriale di escludere in capo alla stessa ogni forma di responsabilità. Al netto di contestazioni attinenti al merito della decisione, che non possono trovare ingresso in questa sede, la doglianza si risolve nell’affermazione che la D. avrebbe violato quantomeno l’art. 140 C.d.S., che impone agli automobilisti di non provocare pericolo o intralcio per la circolazione e la sicurezza stradale. Osservano inoltre che, quand’anche risultasse comprovato che la vittima procedeva senza rispettare la distanza di sicurezza dal veicolo che la precedeva, l’accertata violazione delle norme comportamentali in capo ad uno dei due conducenti non avrebbe potuto esimere l’altro dall’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno: in mancanza di tale prova liberatoria si sarebbe dovuta applicare la presunzione di corresponsabilità fissata dall’art. 2054 c.c., comma 2.

Il motivo è infondato.

La circostanza che il F. non mantenesse la distanza di sicurezza rispetto al veicolo della D. costituisce oggetto di un accertamento di merito non sindacabile in questa sede e quindi divenuto incontrovertibile.

L’art. 149 C.d.S., comma 1, dispone che “durante la marcia i veicoli devono tenere, rispetto al veicolo che precede, una distanza di sicurezza tale che sia garantito in ogni caso l’arresto tempestivo e siano evitate collisioni con i veicoli che precedono”.

Tale previsione fa sì che, in caso di tamponamento tra veicoli, l’avvenuta collisione pone a carico del conducente medesimo una presunzione de facto di inosservanza della distanza di sicurezza, che deroga alla presunzione di pari colpa di cui all’art. 2054 c.c., comma 2. Il conducente resta dunque gravato dall’onere di fornire la prova liberatoria, dimostrando che il mancato tempestivo arresto dell’automezzo e la conseguente collisione sono stati determinati da cause in tutto o in parte a lui non imputabili (Sez. 3, Sentenza n. 3282 del 15/02/2006, Rv. 588095; Sez. 3, Sentenza n. 12108 del 23/05/2006, Rv. 591230).

Pertanto il motivo in esame è infondato tanto nella parte in cui propugna l’applicabilità al caso di specie della regola posta dall’art. 2054 cod. civ., quanto nella parte in cui si afferma che la ritenuta violazione, da parte del F., dell’art. 149 C.d.S. non solleverebbe dall’onere della prova liberatoria la D..

Alla luce dei succitati principi, resterebbe solo da verificare se la mancata tempestiva frenata della motocicletta condotta dalla vittima possa essere stata determinata da cause a lui non imputabili. Ma questo è un accertamento in punto di fatto che non può essere demandato alla Corte di cassazione e sul punto il giudice d’appello, dopo aver valutato possibili giustificazioni della repentina frenata compiuta dalla D., ha concluso comunque osservando che “l’arresto improvviso di un veicolo per le più svariate cause” è “un evento non eccezionale della circolazione stradale e che deve, quindi, essere previsto e considerato dagli utenti della strada per regolare la propria condotta di guida”.

1.3. Quanto alla posizione del M., i ricorrenti osservano che la corte di merito avrebbe fatto erronea applicazione dell’art. 149 C.d.S., giacchè, se costui avesse viaggiato mantenendo la debita distanza dal veicolo precedente, avrebbe avuto tutto il tempo di evitare di investire il F.. Pertanto, concludono che lo stesso dovrebbe essere ritenuto corresponsabile del sinistro ai sensi dell’art. 2054 cod. civ..

Anche questa censura è infondata.

La corte territoriale ha confermato la sentenza di primo grado in ordine alla assenza di responsabilità per la verificazione del sinistro in capo al M. sulla base di due distinte argomentazioni.

La prima riguarda l’assoluta imprevedibilità della situazione nella quale si venne a trovare il convenuto, che non poteva prevedere che all’improvviso precipitasse sull’asfalto, proprio di fronte alla propria autovettura, il F., lanciato in aria dopo l’impatto fra la sua moto e la Opel Kadett. Rispetto questa dinamica dei fatti è evidente che è del tutto inconferente il richiamo all’art. 149 C.d.S., che mira ad evitare il tamponamento fra veicoli che procedono nella medesima direzione.

Il secondo argomento concerne il nesso causale, giacchè la corte d’appello prospetta come possibile l’eventualità che il F. fosse deceduto già per effetto del primo impatto, quello con la Opel Kadett.

Tale parte della decisione, idonea a sorreggere da sè il decisum della corte d’appello, non risulta fatta oggetto di specifica impugnazione da parte dei ricorrenti.

In sostanza, la sentenza impugnata si fonda su due rationes decidendi, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione. L’omessa impugnazione di uno dei due percorsi argomentativi rende inammissibile il ricorso, astrattamente inidoneo a condurre alla cassazione della sentenza impugnata.

Infatti, il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi (Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013, Rv. 625631; da ultimo Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016, Rv. 639158).

2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce ancora una volta la falsa applicazione dell’art. 2054 cod. civ., in riferimento agli artt. 140, 141 e 143 C.d.S., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo, costituito dalle relazioni della Polizia stradale dalle quali emergerebbe che nè la D., nè il M. procedevano in prossimità del margine destro della carreggiata; condotta di guida, questa, che, se attuata, sarebbe stata idonea ad evitare l’impatto mortale, lasciando adeguata via di fuga al motociclista.

Tale doglianza è inammissibile per difetto del requisito della autosufficienza. I ricorrenti, infatti, non allegano le menzionate relazioni della Polizia stradale, nè indicano ove le stesse siano reperibili e non ne riferiscono neppure il contenuto, se non in modo del tutto sintetico e non testuale. Conseguentemente questa Corte non è posta nelle condizioni di delibare la fondatezza della censura.

3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e le spese del giudizio vanno di legittimità vanno poste in solido a carico dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 sicchè va disposto il versamento, da parte degli impugnanti soccombenti in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da loro proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

PQM

 

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, in favore di ciascuna delle controricorrenti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2017

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