Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13699 del 21/05/2019

Cassazione civile sez. VI, 21/05/2019, (ud. 21/02/2019, dep. 21/05/2019), n.13699

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1847-2018 proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA 52, presso lo

studio dell’avvocato NICOLA LUIGI ARLEO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

ATLETICO DI P.P. & C. SAS;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7515/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GRAZIOSI

CHIARA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 23 dicembre 2009, rigettava la domanda proposta da Atletico s.a.s. di P.P. & C. nei confronti del Condominio (OMISSIS), che era stata diretta ad ottenere dal suddetto condominio il risarcimento dei danni derivati dall’allagamento dei locali attorei avvenuto mediante acque provenienti dall’impianto fognario condominiale. Il Tribunale riteneva non provato il nesso causale tra l’allagamento e il danneggiamento del parquet dei locali attorei.

Atletico s.a.s. di P.P. & C. proponeva appello, cui controparte resisteva; la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 13 dicembre 2016, lo accoglieva e condannava l’appellato al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali all’appellante.

Il Condominio (OMISSIS) ha proposto un ricorso basato su due motivi. Atletico s.a.s. di P.P. & C. Non si è difesa. Il ricorrente ha depositato anche memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115,116 c.p.c., degli artt. 2697, 1223, 1227, 2043, 2051 e 2056 c.c., nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa motivazione su “punti decisivi”.

Il secondo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., degli artt. 2697, 1223, 1227, 2043, 2051 e 2056 c.c., nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa motivazione su “punti decisivi”.

Nella memoria, il ricorrente ha chiesto che la causa venga rimessa alla pubblica udienza, argomentando soprattutto sull’asserita violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.

2. In realtà, entrambi i motivi costituiscono una rivisitazione di vari elementi probatori e di esiti peritali, e dunque argomentano nel senso di censurare direttamente l’accertamento di merito, anzichè individuare l’effettivo paradigma in cui si concretizza la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. Sotto quest’ultimo profilo, insegna infatti Cass. sez. 3, 10 giugno 2016 n. 11892, a proposito dell’art. 115 c.p.c., che la sua violazione “può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre”; e lo stesso arresto altresì chiarisce, a proposito dell’art. 116 c.p.c.(norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale), che è denunciabile, in caso di sua violazione, il vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ma “solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime” (sulla modalità di deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. cfr. pure, in motivazione, S.U. 5 agosto 2016 n. 16598). Al contrario, nel caso in esame, il riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c. svolge soltanto un ruolo di schermo in relazione alla effettiva sostanza fattuale di entrambi i motivi, che propongono una valutazione alternativa del compendio probatorio.

Per tale direttamente fattuale natura delle sue censure, in conclusione, il ricorso deve essere dichiarata inammissibile, non essendovi luogo pronuncia sulle spese in quanto l’intimata non si è difesa; sussistono invece D.P.R. n. 115 del 2012 ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e non luogo a provvedere sulle spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2019

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