Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13697 del 30/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 30/05/2017, (ud. 19/01/2017, dep.30/05/2017),  n. 13697

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8230/2016 proposto da:

G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VIRGINIO

ORSINI 19, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO GENTILE,

rappresentato e difeso dall’avvocato FULVIO INGAGLIO LA VECCHIA,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

R.S., R.M., R.F., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA LIVORNO, 42, presso lo studio dell’avvocato

GINA ALESSANDRA TRAFFICANTE, rappresentati e difesi dall’avvocato

PIETRO MARAGLIANO, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso il provvedimento n. 1607/2015 della CORTE D’APPELLO di

PALERMO, emessa il 23/10/2015 e depositata il 30/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio don

partecipata del 19/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO

OLIVIERI.

Il Collegio ha raccomandato redazione di motivazione semplificata.

Fatto

PREMESSO

La Corte d’appello di Palermo con sentenza 30.10.2015 n. 1607, in riforma della decisione impugnata accoglieva l’appello proposto dagli eredi di R.G. e rigettava la domanda di risarcimento danni proposta da G.S. in relazione alle lesioni fessurative ed infiltrazioni verificatesi sull’immobile di sua proprietà asseritamente a causa della costruzione in adiacenza del fabbricato di proprietà R.. La sentenza è stata ritualmente impugnata dal G. per cassazione deducendo come unico motivo l’omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Resistono con controricorso gli eredi R..

Diritto

OSSERVA

Il motivo è inammissibile in quanto non risponde allo schema legale del vizio di omessa motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorrente si duole che il CTU Ing. S., nominato dal Giudice di appello per rinnovare la consulenza tecnica espletata in primo grado (dal Geom. P.), sulla base dei rilievi svolti a tale elaborato dal CT Ing. F. di parte R., aveva trascurato di rispondere alle osservazioni critiche svolte dal CT Ing. Ri. in ordine ai risultati delle indagini e che, se considerate, avrebbero ribaltato la decisione.

Orbene se la sentenza che recepisca integralmente in motivazione gli argomenti tecnici e le risultanze cui perviene la c.t.u., è certamente impugnabile per vizio di motivazione (nella formulazione del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come modificato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. in L. n. 134 del 2012), atteso che gli errori contestati vengono a risolversi nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 13922 del 07/07/2016), occorre altresì rilevare che per assolvere al requisito di autosufficienza di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, il motivo di ricorso non può limitarsi alla mera trascrizione del contenuto delle osservazioni critiche, o come nel caso di specie, dei diversi elaborati peritali contrastanti redatti dagli ausiliari nominati nel corso dei gradi di giudizio, prospettando come migliore la soluzione più favorevole alla propria tesi difensiva, ma deve invece individuare specificamente i punti salienti del ragionamento svolto dal CTU, che debbono ritenersi determinanti ai fini della decisione, sottoporli a puntale critica, specificandone l’errore tecnico alla stregua delle osservazioni critiche che devono essere state tempestivamente formulate nel corso del giudizio di merito e che sono state del tutto trascurate dall’ausiliario e di conseguenza del Giudice che ha motivato per relationem; diversamente, una mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell’elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolve nella mera prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità (cfr. Corte Cass. Sez. Sentenza n. 10222 del 04/05/2009, id. Sez. 1, Sentenza n. 11482 del 03/06/2016).

Orbene il ricorrente nel motivo vien a riprodurre in forma parziale i diversi elaborati tecnici redatti nel corso dei gradi di merito (ATP, Ing. B.; c.t.u. in primo grado Geom. P.; c.t.u. in secondo grado Ing. S.; c.t.p. Ing. Ri.), senza tuttavia individuare in modo puntuale il vizio argomentativo della sentenza motivata per relationem alla seconda c.t.u..

Come emerge dalla sentenza di appello e dallo stesso ricorso il CTU S. ha individuato le cause delle lesioni dell’immobile di proprietà G. 1) nella scadente qualità dei materiali costruttivi e negli orizzontamenti eseguiti non a regola d’arte; 2) nella mancanza di cordoli di piano, con conseguente difforme distribuzione dei carichi verticali trasmessi dai solai sulla struttura portante dell’edificio realizzata in cemento non armato e dunque inidonea ad assicurare l’incatenamento perimetrale in corrispondenza di ogni orizzontamento; 3) nel degrado dei materiali costruttivi a causa degli agenti atmosferici, dovuto a mancanza di manutenzione ordinaria e straordinaria per oltre cinquanta anni. Ha inoltre escluso che le solette che sporgevano dal fabbricato R. si innestassero nella struttura portante dell’edificio del G., essendo soltanto “aderenti” ed in quanto tali prive di rilevanza causale nella determinazione delle lesioni riscontrate sull’edificio G., non avendo esercitato in occasione dello scavo di fondazione, nè esercitando attualmente, alcuna “spinta” atta a squilibrare i carichi di quell’edificio (dal controricorso, pag. 8, risulta che il CTU ha effettuato un saggio, verificando che le solette sporgenti dal fabbricato R. erano in adiacenza ma non collegate al vecchi edificio in muratura).

In relazione a tali argomenti il ricorrente si limita a ribadire le diverse conclusioni raggiunte dalla prima consulenza tecnica, che però è interamente fondata proprio sul presupposto di fatto, disatteso dalla verifica compiuta dal secondo CTU, della “compenetrazione” di elementi del nuovo fabbricato nella struttura portante dei muri del vecchio edificio. Quanto alle osservazioni critiche mosse dal CTP Ing. Ri., emerge “per tabulas” (cfr. sentenza appello; controricorso pag. 8 ss.) che le stesse abbiano costituito specifico oggetto di esame da parte del secondo CTU, avendo questi fornito puntuale risposta ai rilievi del CTP, sia contestando la ipotizzata esistenza dei cordoli di piano nell’edificio G., avendo rilevato il CTU la mera presenza di 1 cm. di calcestruzzo al disotto delle travi in ferro, inidoneo ad assolvere alla funzione propria di tale elemento costruttivo (cfr. controricorso pag. 9), sia contestando la ipotesi di una spinta tra i due edifici determinata dalla materiale “compenetrazione” dei prolungamenti del solaio del nuovo fabbricato nel muro dell’edificio G., rilevatasi inesistente.

Ne consegue che il ricorso non deduce puntuali elementi di critica alle indagini svolte dal CTU Ing. S., limitandosi soltanto a riproporre le diverse soluzioni prospettate nei precedenti elaborati peritali e nelle osservazioni critiche del CTP, già discusse e disattese dal CTU, e dunque venendo sostanzialmente a richiedere una diversa rivalutazione delle questioni di merito decise dal Giudice di appello.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso principale.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2017

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