Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13696 del 22/06/2011

Cassazione civile sez. II, 22/06/2011, (ud. 07/04/2011, dep. 22/06/2011), n.13696

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA SANTA CATERINA DA SIENA 4 6, presso lo studio

dell’avvocato GRECO GIUSEPPE, rappresentata e difesa dall’avvocato

MARUZZI CLAUDIO;

– ricorrente –

contro

C.G. C.F. (OMISSIS) NELLA QUALITA’ DI

COMMISSARIO LIQUIDATORE DELLA OMRA SAS, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 22, presso lo studio dell’avvocato PENTELLA

VINCENZO, rappresentato e difeso dall’avvocato RUSSO LUIGI;

OMRA DI PIETRO FORTINI ADRIANO BENINI & C DITTA SAS IN

CONCORDATO

PREVENTIVO, P.I. (OMISSIS) IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE

PRO-TEMPORE SIG, F.P., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA Francesco Secondo Beggiatto 5, presso lo studio dell’avvocato

OSONDU LAWRENCE, rappresentato e difeso dall’avvocato VILLANI PIERO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 281/2005 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 01/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato Villani “Piero per Soc. Ombra, che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.A., con citazione del 9 gennaio 1999 convocava in giudizio, davanti al Tribunale di Ferrara, la società O.M.R.A. s.a.s,, i suoi soci amministratori: F. e B., il commissario giudiziale S., il liquidatore i C., per sentire dichiarare la nullità dell’atto di compravendita del 2.9.1997, per violazione del divieto del patto commissorio di cui all’art. 2744 cod. civ..

I Si costituiva la società O.M.R.A. sostenendo che la compravendita dell’immobile de quo realizzava una datio in solutum, quale pagamento di un debito di circa L. duecentomilioni per lavori di manutenzione eseguiti sugli autocarri di C.G., marito delle venditrice. Con altra scrittura privata contestuale al contratto di compravendita veniva stabilito che entro quattro anni la B. avrebbe potuto riacquistare l’immobile saldando il debito maturato di L. 188.000.000, corrispondente al valore dell’immobile, attribuito con l’ausilio di un perito. Le parti stabilivano anche che per il periodo entro il quale la B. avrebbe potuto riacquistare l’immobile la stessa avrebbe potuto continuare ad abitare l’appartamento dietro pagamento di un canone da concordarsi.

Il Tribunale di Ferrara con sentenza n. 132 del 2003 rigettava la domanda.

Proponeva appello B.A. chiedendo la riforma della sentenza di primo grado.

Si costituivano: la società O.M.R.A., S. e C. nelle rispettive qualità, i quali aderivano integralmente alla linea di difesa dell’O.M.R.A. sas ed eccepivano il loro difetto di legittimazione passiva.

La Corte di appello di Bologna con sentenza n. 281 del 2005, dichiarava il difetto di legittimazione passiva di S., quale commissario giudiziale della procedura di concordato preventivo della società OMRA, e per il resto confermava la sentenza del Tribunale.

La Corte territoriale ha ritenuto di dover escludere che nella vicenda in esame si nascondesse un patto commissorio vietato, riconoscendo, invece, un’ipotesi di datio in solutum in ragione di una ricostruzione del contenuto dei contratti sottoscritti e, soprattutto, per quanto concerneva la parte originaria attrice, dal fatto che nei precedenti contatti giudiziali e paragiudiziali con la società OMRA conseguenti alla richiesta del pagamento dei canoni di locazione, la B.A., non aveva mai posto la questione di nullità del contratto e si eraj attivata di avvalersi della facoltà di riacquistare l’immobile, formulando anche proposte transattive.

La cassazione della sentenza n. 281 del 2005 della Corte di appello di Bologna è stata chiesta da B.A. con ricorso affidato a quattro motivi illustrati con memoria. La società OMRA sas. Di Pietro Fortini, Adriano Benini & C. e C.C., nella qualità di Commissario liquidatore della OMRA, hanno resistito con controricorso. La società OMRA sas. ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo B.A. lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2744 cod. civ. in combinato disposto con l’art. 1344 cod. civ. (in base all’art. 360 c.p.c., n. 3). Avrebbe errato la Corte territoriale, secondo la ricorrente, nell’aver escluso che nella vicenda in esame si nascondesse un patto commissorio vietato, riconoscendovi, invece, un’ipotesi di datio in solutum e ciò, principalmente, sulla base del comportamento delle parti. La Corte territoriale, in verità, non avrebbe tenuto conto che la vendita veniva posta in ragione di una coazione morale subita da parte della debitrice posto che il di lei marito, e, quindi, indirettamente lei stessa, non aveva alternativa per continuare ad esercitare il proprio lavoro, che quella di accettare le condizioni poste dalla società OMRA. Se la Corte territoriale avesse tenuto conto di questa condizione, avrebbe accertato che nel caso di specie non vi era stata una datio in solutum, ma, una vendita con patto di riscatto posta in essere in funzione di garanzia, con trasferimento effettivo della proprietà in capo al creditore. In questi termini, quel negozio, pur non integrando direttamente gli estremi d un patto commissorio vietato dall’art. 2744 cod. civ., nel suo complesso si configurava come mezzo per eludere la | suddetta norma imperativa ed esprimeva una causa illecita che rendeva applicabile l’art. 1344 cod. civ..

1.1 = La censura non merita di essere accolta perchè priva di autosufficienza i laddove non riporta il tenore nè dell’atto di vendita nè della scrittura privata collegata. La Corte territoriale ha correttamente e in modo adeguato, indicato le ragioni di fatto e di diritto secondo le quali la causa della compravendita de quo, ovvero lo scopo essenziale ed oggettivo che le parti hanno inteso perseguire con il contratto di compravendita posto in essere, non fosse quello di costituire una garanzia “atipica” di un credito, ma, l’adempimento di un obbligo esistente secondo le modalità della datio in solutum. Essenzialmente, la sentenza ha escluso, con apprezzamento di fatto, che la datio in solutum fosse stata frutto di coazione, anzichè, di una libera scelta della venditrice, ed ha affermato che l’estinzione del debito pregresso era necessaria al marito (autotrasportatore) per continuare a fruire in futuro delle necessarie prestazioni dell’acquirente (officina di riparazione).

1.2.= La Corte territoriale ha ravvisato, poi, negli atti collegati una transazione in quanto il bene ceduto era di valore inferiore al credito che veniva estinto con il trasferimento ed era, anche, interesse del creditore continuare a lucrare sulla propria attività in favore del marito della venditrice. La definizione del patto come “di riscatto” nulla toglie alla possibilità del giudice di ritenere impropria tale qualificazione e, comunque, di escludere, come ha fatto, la rilevanza di tale definizione ai fini di ravvisare negli atti un patto commissorio. E’ vero che il patto commissorio può riguardare un debito futuro, ma nella specie, non si era realizzata una garanzia reale di tale debito perchè il trasferimento aveva estinto il debito passato e la ricorrente non i afferma che il trasferimento era avvenuto per garantire il pagamento del debito anteriore. E di più, il comune intento delle parti di continuare il rapporto non attribuiva all’atto natura di patto commissorio.

2.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la Violazione e falsa: applicazione dell’art. 246 c.p.c., circa l’asserita incapacità a testimoniare della signora B.D. (in base all’art. 360 c.p.c., n. 3). Avrebbe errato la Corte territoriale nel non aver ammesso a rendere testimonianza B.D. perchè nel caso di specie non ricorreva nessuno dei presupposti di cui all’art. 246 c.p.c., posto che nel presente giudizio era in contestazione la proprietà di un immobile rispetto al quale D. B. non poteva vantare alcuna pretesa. 2.1.= La censura non merita di essere accolta. La Corte territoriale ha adeguatamente motivato la decisione di considerare incapace la teste di cui si dice, B.D., in verità, avrebbe avuto un interesse ad agire nel giudizio de quo perchè coobbligata con il cognato. Per altro, ove fosse stato: dichiarata la nullità del contratto di compravendita, sarebbe rinata l’obbligazione della società Canella Gianni & C. nei confronti della società OMRA coinvolgendo, dunque, anche la coobbligata B.D., il che; poteva lasciare intendere che non vi erano tutti i presupposti per una testimonianza pienamente libera. Tuttavia, ove B.D. fosse stata ammessa a rispondere alle domande di cui al capitolato di prova -, correttamente riportato dalla ricorrente nel suo atto di ricorso – e ipotizzando: che la B. avesse dato risposte tutte concordi ad acclarare che il contratto di compravendita intercorso tra B. e OMRA integrasse gli estremi di una vendita a scopo di garanzia lesivo del divieto del patto commissorio, non si vede come si potrebbe sostenere che il risultato cui, invece, sono pervenuti il Tribunale di Ferrara e la Corte di appello di Bologna sarebbe stato (e non avrebbe potuto non essere), con certezza, diverso da quello affermato in sentenza. Piuttosto, a ben vedere, salvo la domanda di cui al n. 3 tutte le altre domande trovavano puntuale riscontro in documenti valutati dai giudici di merito e posti a fondamento della loro decisione. La stessa domanda n. 3, con la quale si voleva dare la prova che i rappresentati legali della OMRA avrebbero detto che per continuare ad eseguire i lavori di manutenzione sugli autocarri del signor C. pretendeva in garanzia l’immobile oggetto di giudizio, non appare risolutiva anche perchè, pur ammesso che la risposta di B.D. fosse stata positiva, restava, comunque, la necessità (e anche la possibilità) di interpretare – come hanno fatto i giudici di merito il comportamento delle parti così come evidenziato dalle convenzioni stipulate tra le stesse.

3.= Con il terzo motivo la ricorrente lamenta: omesso esame di un documento rilevante su un punto decisivo della controversia (in base all’art. 360 c.p.c., n. 5). Secondo la ricorrente la Corte territoriale avrebbe omesso di : esaminare il doc. n. 11 allegato alla comparsa di costituzione e risposta depositata dalla OMRA nel giudizio di primo grado il cui contenuto, i confermava inequivocabilmente che i rapporti tar le parti continuarono anche successivamente alla stipula del contratto di compravendita. Un attento esame di quel documento, secondo la ricorrente, avrebbe evidenziato la ragione vera per cui ha ritenuto di vendere l’immobile de quo e cioè per garantire prestazioni future in favore del marito e non per estinguere un debito precedente.

3.1. = La censura non merita di essere accolta. Vi è ragione di ritenere che tale censura difetti di autosufficienza, considerato che la ricorrente non ha provveduto a riportare il documento indicato.

Tuttavia, questo motivo rimane assorbito dai motivi precedenti che abbiamo esaminato.

4.= Con il quarto motivo, la stessa ricorrente, lamenta Omessa e insufficiente motivazione della sentenza impugnata (in base all’art. 360 c.p.c., n. 5). Secondo la ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe fornito adeguata motivazione in ordine alle ragioni per cui ha ritenuto di disattendere le argomentazioni difensive della signora B..

4.1.= La censura non merita di essere accolta perchè la decisione della Corte territoriale non contiene nessuno dei vizi denunciati. La sentenza impugnata indica adeguatamente l’iter logico seguito dalla Corte territoriale e ad un tempo indica le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione adottata.

4.2.= Va qui osservato che il vizio di omessa od insufficiente motivazione, denunciabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, sussiste solo quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della “ratio decidendi”, e, cioè, l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata. Questi vizi non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è I assegnato alla prova;

In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata, secondo il principio della soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, così come verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida: per la società OMRA sas. Di Pietro Fortini, Adriano Benini & C, in Euro 3.500,00 oltre Euro 200,00 per esborsi e oltre gli accessori come per legge;

per C.G., nella qualità di Commissario liquidatore della OMRA, in Euro 3.000,00 oltre Euro 200,00 per i esborsi e oltre gli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2011

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