Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13694 del 03/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/07/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 03/07/2020), n.13694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6319/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– ricorrente –

contro

ACTUA SRL (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. AMBROGIO FALLARA,

elettivamente domiciliata presso lo studio del Dott. FEDERICO

SABATINI in Roma, Via Nostra Signora di Lourdes, 133;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio,

n. 6265/2018, depositata il 20 settembre 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 12 febbraio 2020 dal Consigliere Relatore Dott. D’Aquino

Filippo.

Fatto

RILEVATO

CHE:

La contribuente ha impugnato il diniego di rimborso di credito IVA dell’anno di imposta 2007 per intempestiva presentazione del modello VR, relativamente al quale l’Ufficio aveva ritenuto che tale circostanza comportasse la decadenza di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2.

La CTP di Roma ha accolto il ricorso della contribuente e la CTR del Lazio, con sentenza in data 20 settembre 2018, ha rigettato l’appello dell’Ufficio, rilevando come l’Ufficio non avesse riproposto l’eccezione di decadenza e avesse insistito unicamente sulla questione della mancata prova del credito IVA, ritenendo in proposito provato il credito IVA, in quanto risultante dalla comunicazione di preavviso di irregolarità inviato dall’Ufficio.

Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a un unico motivo, ulteriormente illustrato da memoria; resiste con controricorso parte contribuente.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1 – Con l’unico motivo si deduce violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 19, 30, 38-bis, 54-bis e agli artt. 2697,1729 c.c., ritenendo che il giudice di appello ha errato nel ritenere provato il credito alla luce della comunicazione di preavviso di irregolarità; deduce il ricorrente che la dizione “rimborso spettante” riguarda il mero esito formale della liquidazione a termini del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, la quale attesta la correttezza dei dati esposti in dichiarazione all’esito di controllo formale, ma non attesta l’esistenza sostanziale del credito. Ritiene, pertanto, non provato il credito IVA da parte del contribuente.

2 – Va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per avere l’Ufficio ampliato il thema decidendum, posto che ove la controversia tributaria abbia ad oggetto l’impugnazione del rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo avanzata dal contribuente, l’amministrazione finanziaria può prospettare argomentazioni giuridiche ulteriori rispetto a quelle che hanno costituito la motivazione di rigetto dell’istanza in sede amministrativa (Cass., Sez. V, 27 giugno 2019, n. 17239); nè è stata oggettod i impugnazione la specifica statuizione della sentenza di appello, laddove afferma che la questione è stata “riproposta” in appello e non proposta, pertanto, quale domanda nuova in appello.

3 – Il ricorso, diversamente dalla proposta del relatore, alla luce delle considerazioni svolte in memoria dal ricorrente, è fondato.

3.1 – La sentenza impugnata ha ritenuto provato il credito IVA dal contenuto della comunicazione di irregolarità “in cui figura la dizione “rimborso spettante” 120.000 Euro. Si tratta di documento richiesto telematicamente dal contribuente in cui risulta detta indicazione da parte dell’Ufficio”.

3.2 – Va ricordato che è onere del contribuente, il quale invochi il riconoscimento di un credito d’imposta, provare i fatti costitutivi dell’esistenza del credito e, a tal fine, non è sufficiente l’esposizione della pretesa nella dichiarazione, poichè il credito fiscale non nasce da questa, ma dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo (Cass., Sez. V, 30 gennaio 2018, n. 27580; Cass., Sez. V, 2 luglio 2014, n. 15026; Cass., Sez. V, 23 gennaio 2019, n. 1822).

3.3 – Parimenti, deve ritenersi che il difetto di specifica contestazione dei conteggi funzionali alla quantificazione del credito oggetto della pretesa del contribuente, allorchè l’ufficio abbia negato l’esistenza di tale credito, può avere rilievo solo quando si riferisca a fatti non incompatibili con le ragioni della contestazione dell’an debeatur, poichè il principio di non contestazione opera sul piano della prova e non contrasta, nè supera, il diverso principio per cui la mancata presa di posizione sul tema introdotto dal contribuente non restringe il thema decidendum ai soli motivi contestati se sia stato chiesto il rigetto dell’intera domanda (Cass., Sez. VI, 12 maggio 2019, n. 9732).

3.5 – Alla luce di tali circostanze in diritto, richiamate dal ricorrente in memoria, deve ritenersi che il ricorrente non contesta un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa – nella parte in cui la sentenza ha ritenuto provata l’esistenza del credito IVA attraverso l’interpretazione del contenuto della comunicazione di preavviso di irregolarità, ove la stessa prevedeva “rimborso spettante” – bensì l’idoneità del suddetto documento a supportare la prova del credito.

Tale dichiarazione, in quanto finalizzata a comunicare gli esiti della liquidazione, non assume valore confessorio dell’amministrazione sull’esistenza del credito, che va comprovato dal contribuente con idonea documentazione.

Nè tale contenuto confessorio può essere ricavato dal complesso della comunicazione, posto che si tratta di dichiarazione contenuta in un comunicazione con la quale viene contestato il credito, sia pure per ragioni diverse da quelle oggi prospettate.

4 – Il ricorso va pertanto accolto, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio al giudice a quo, al fine di rivalutare la sussistenza del diritto di credito invocato dal contribuente.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 3 luglio 2020

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