Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13691 del 22/06/2011

Cassazione civile sez. II, 22/06/2011, (ud. 15/03/2011, dep. 22/06/2011), n.13691

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.L. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e

difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv.

FORTUNATO Agostino ed elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’Avv. Goffredo Martorello, in Roma, piazza Adriana, n. 5;

– ricorrente –

contro

O.R., C.C., R.F.A. e B.

M.R.;

– intimati –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro n. 217 del

2005, depositata il 28 febbraio 2005;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 15

marzo 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CARESTIA Antonietta, che ha concluso per il rigetto

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato l’11 ottobre 1995, O.R. conveniva dinanzi al Tribunale di Paola i sigg. C.C., R.A., B.L. e B.M.R., gli ultimi tre quali eredi della propria sorella deceduta O. M., esponendo: – che, con rogito per notar Tucci del 27 ottobre 1972, la sorella M. aveva venduto, per il prezzo dichiarato di L. 150.000. al C.C., che l’aveva acquistata, l’intera proprietà di un fondo agricolo, interessante varie particene, sito in (OMISSIS), di cui essa attrice era, peraltro, comproprietaria per quota indivisa della metà;

– che il contratto si sarebbe dovuto ritenere all’evidenza simulato poichè la stessa sorella M. aveva continuato a disporre del cespite, oltretutto cedendolo in affitto a terzi;

– che, venuta a conoscenza della vicenda, aveva convenuto in giudizio la suddetta sorella, la quale aveva riconosciuto come inefficace il menzionato atto pubblico per notar Tucci in quanto simulato, con la derivante rinuncia agli atti del giudizio da parte di essa attrice per sopravvenuta cessazione della materia del contendere;

– che, permanendo il rifiuto del C.C. di restituirle il fondo oggetto dell’atto pubblico in questione, si era vista costretta ad adire le vie legali; tanto premesso chiedeva al Tribunale adito di accertare e dichiarare il suo diritto di comproprietà sui beni indicati, detenuti illegittimamente dal C.C., previo riconoscimento della nullità del richiamato atto pubblico, per come attestato dalla sorella defunta M., con condanna del medesimo alla immediata restituzione dei beni medesimi e al risarcimento del danno causatole, da liquidarsi in L. 150.000.000, invocando, altresì, la condanna di R.A., B.L. e B.M.R. (quali eredi di O.M.) per l’ulteriore risarcimento del danno procuratole con il loro comportamento omissivo, da determinarsi in via equitativa. Nella costituzione dei convenuti, il Tribunale adito, con sentenza depositata il 3 marzo 2000, rigettava le domande di O.R. e dichiarava l’obbligo del C.C. di trasferire agli eredi di O.M. la proprietà della porzione di immobile consistente nelle particelle nn. 145 e 146 del fol. 61 della partita 5147 del catasto di (OMISSIS), regolando le conseguenti spese processuali.

Interposto appello da parte di O.R. e nella resistenza del solo R.F.A., la Corte di appello di Catanzaro, con sentenza n. 217 del 2005, depositata il 28 febbraio 2005, rigettava il gravame così come proposto nei confronti di C.C. e accoglieva, per quanto di ragione, quello formulato nei riguardi del R. e delle B., facendo obbligo a R.A., B.L. e B.M.R. di trasferire a O. R. la quota indivisa del 50% della suddetta proprietà immobiliare, loro assegnata per intero dal primo giudice, con compensazione totale delle spese del grado.

A sostegno dell’adottata decisione, la Corte territoriale rilevava che l’appello di O.R. contro il C.C. era privo di giuridico fondamento, ancorchè con motivazione diversa da quella indicata dal giudice di prima istanza, mentre andava accolto parzialmente nei confronti del R.A., della B. L. e della B.M.R.. In particolare, la suddetta Corte riteneva che, con riferimento al gravame spiegato nei confronti del C.C., la pronuncia di primo grado si doveva considerare passata in giudicato per acquiescenza ai sensi dell’art. 329 c.p.c., comma 2, mentre meritava accoglimento nei riguardi dei R. – B. in virtù delle obbligazioni scaturenti dalla scrittura privata sottoscritta il 2 ottobre 1985 dalle due sorelle O. M. e R. posto a fondamento dell’appello. Nella motivazione della stessa sentenza si evidenziava, altresì, l’infondatezza della duplice eccezione di nullità dell’atto di appello proposta dal R. in relazione all’incertezza della data di prima comparizione in esso indicata e all’avvenuta sua notificazione in una sola copia nelle mani del difensore avv. F., malgrado lo stesso difendesse contestualmente anche le sorelle B.L. e M.R..

Avverso l’indicata sentenza d’appello (non notificata) ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 29 settembre 2005 e depositato il 4 ottobre successivo) la B.L., basato su due motivi.

Nessuno degli intimati si è costituito in questa fase.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per violazione ed erronea applicazione dell’art. 164 c.p.c., commi 1 e 2 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), nonchè per omessa, insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione circa un punto decisivo della controversia (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), oltre che per supposta violazione del giudicato (art. 327 c.p.c.).

1.1. Il motivo è infondato e deve, pertanto essere rigettato.

Con la formulata doglianza la ricorrente ha, in effetti, dedotto la supposta nullità della “vocatio in ius” dell’atto di appello per l’incerta indicazione della data dell’udienza di prima comparizione (riferita al giorno 23 novembre 2000) che era già decorsa all’atto in cui era avvenuta la richiesta di notificazione della citazione in secondo grado (12 aprile 2001), rappresentando che la motivazione della sentenza impugnata si sarebbe dovuta ritenere illogica nella parte in cui aveva dato per scontato che la prima udienza effettivamente fissata non avrebbe potuto che identificarsi con quella del 23 novembre 2001, poichè l’appellante si sarebbe dovuto ritenere vincolato solo all’osservanza dei termini minimi a comparire, con la conseguenza che, non potendosi considerare sanato il vizio afferente la sua evocazione in giudizio, la sentenza di primo grado era da ritenersi passata in giudicato nei suoi confronti.

Il motivo non coglie nel segno poichè, per giurisprudenza consolidata di questa Corte (v. Cass. 19 dicembre 1996, n. 11351;

Cass. 19 maggio 2006, n. 11780; Cass. 21 luglio 2006, n. 16772), la nullità della citazione per omessa indicazione dell’udienza di comparizione davanti al giudice adito si verifica soltanto nel caso in cui detta indicazione manchi del tutto o, per la sua incompletezza, risulti tanto incerta, da non rendere possibile al destinatario dell’atto individuare, con un minimo di diligenza e buon senso, la data che si intendeva effettivamente indicare, con la conseguenza che, ove non ricorra propriamente questa eventualità, la citazione deve essere considerata valida. E’ stato, perciò, in proposito, ulteriormente puntualizzato che l’errata indicazione della data dell’udienza di comparizione (perchè, ad esempio, anticipata rispetto a quella della notifica) non integra un’ipotesi di nullità della citazione ogni qual volta l’errore sia riconoscibile con l’uso dell’ordinaria diligenza, di modo che il convenuto (o appellato in sede di gravame) possa facilmente rendersi conto dell’esatta indicazione dell’udienza predetta. E, sul punto, si è anche precisato che lo specifico accertamento è demandato al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata motivazione ed immune da vizi logici e giuridici (cfr. Cass. 11 giugno 1983, n. 4020, e Cass. 30 marzo 2000, n. 3892). E, al riguardo, la Corte territoriale, peraltro pronunciatasi sulla stessa questione con riferimento alla correlata eccezione proposta dal R.F.A. (unico appellato costituitosi), ha fornito una motivazione certamente congrua e pienamente rispondente ai richiamati principi giuridici, avendo appurato – così escludendo la sussistenza della prospettata nullità – che, in virtù del testo complessivo dell’atto di citazione in appello (e della specifica circostanza della data che recava in calce, riferita al “febbraio 2001”), risultava evidente che la riportata indicazione della data di prima comparizione per il giorno 23 novembre 2000 aveva costituito il frutto di un evidente errore materiale di copiatura che avrebbe dovuto indurre i destinatari dell’atto medesimo, appunto ricorrendo al criterio dell’ordinaria diligenza, ad individuare la data effettiva della suddetta udienza in quella del 23 novembre 2001, ritenendosi priva di ogni logica la supposizione dedotta dalla ricorrente secondo la quale l’udienza di prima comparizione si sarebbe potuta correlare allo stesso giorno e allo stesso mese dell’anno successivo, dal momento che, tenendo conto dei tempi dell’avvenuta notificazione, l’individuazione della data di prima comparizione si sarebbe dovuta ordinariamente identificare (e la stessa ricorrente avrebbe potuto diligentemente attivarsi per verificarlo) con quella ricostruita dalla Corte calabrese in considerazione del rispetto dei termini a comparire.

2. Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 330 c.p.c. (avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), con riferimento all’assunta inesistenza dell’avvenuta notificazione dell’atto di appello in un’unica copia a più parti (tra le quali essa ricorrente) presso lo stesso procuratore costituito.

2.1. Anche questo secondo ed ultimo motivo è destituito di fondamento e deve, pertanto, essere respinto.

Al di là dell’aspetto che, a fronte dell’originaria notificazione dell’atto di appello in un’unica copia presso lo stesso procuratore costituito per una pluralità di parti, la Corte territoriale ha attestato che l’appellante O.R. aveva provveduto a rinotificare la citazione in appello nelle forme di legge (v. pag. 13 della sentenza impugnata), così sanando ogni pregresso eventuale vizio, bisogna evidenziare che la questione prospettata dalla ricorrente è ormai superata dal recente arresto delle Sezioni unite (v. sentenza 15 dicembre 2008, n. 29290), in virtù del quale la notificazione dell’atto d’impugnazione eseguita presso il procuratore costituito per più parti, mediante consegna di una sola copia (o di un numero inferiore), è (comunque) valida ed efficace (sia nel processo ordinario che in quello tributario), in dipendenza della generale applicazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, alla luce del quale deve ritenersi che non solo in ordine alle notificazioni endoprocessuali, regolate dall’art. 170 c.p.c., ma anche per quelle disciplinate dall’art. 330 c.p.c., comma 1, il procuratore costituito non è un mero consegnatario dell’atto di impugnazione ma ne è il destinatario, analogamente a quanto si verifica in ordine alla notificazione della sentenza a fini della decorrenza del termine d’impugnazione “ex” art. 285 c.p.c., in quanto investito dell’inderogabile obbligo di fornire, anche in virtù dello sviluppo degli strumenti tecnici di riproduzione degli atti, ai propri rappresentati tutte le informazioni relative allo svolgimento e all’esito del processo (nello stesso senso v., successivamente, Cass. 6 agosto 2009, n. 18034).

3. In definitiva, per tutte le evidenziate ragioni, il ricorso deve essere integralmente rigettato, senza che si debba far luogo ad alcuna pronuncia sulle spese della presente fase in difetto della costituzione della parti intimate.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 15 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2011

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