Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13690 del 19/05/2021

Cassazione civile sez. I, 19/05/2021, (ud. 26/02/2021, dep. 19/05/2021), n.13690

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17586/2019 proposto da:

T.H., elettivamente in domiciliato in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresento

e difeso dall’avvocato Maristella Bossa, giusta procura rilasciata

con separato atto allegato al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’internom;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MESSINA, depositata il

26/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/02/2021 dal cons. VALITUTTI ANTONIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Messina, T.H., cittadino del (OMISSIS), chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con decreto del 2 aprile 2019, comunicato il 19 aprile 2019, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Il giudice adito escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesimo specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso T.H. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a tre motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via pregiudiziale, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione dell’intimato Ministero dell’interno, tardivamente effettuata con un atto denominato “atto di costituzione”, non qualificabile come controricorso, sostanziandosi il relativo contenuto nella mera dichiarazione di costituirsi in giudizio “con il presente atto al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”. Risulta, infatti, in tal modo, violato il combinato disposto di cui dell’art. 370 c.p.c. e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in base ai quali il controricorso deve, a pena di inammissibilità, contenere l’esposizione dei motivi di diritto su cui si fonda, costituendone requisito essenziale (v. Cass., 13/3/2006, n. 5400). Anche nell’ambito del procedimento camerale di cui all’art. 380 bis.1 c.p.c. (introdotto dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis convertito con modificazioni dalla L. n. 196 del 2016), alla parte contro cui è diretto il ricorso, che abbia depositato – come nel caso di specie – un atto non qualificabile come controricorso, in quanto privo dei requisiti essenziali previsti dagli artt. 370 e 366 c.p.c., nel periodo che va dalla scadenza del termine per il deposito del controricorso alla data fissata per la discussione del ricorso per cassazione è preclusa, pertanto, qualsiasi attività processuale, sia essa diretta alla costituzione in giudizio o alla produzione di documenti e memorie ai sensi degli artt. 372 e 378 c.p.c. (cfr. Cass., 18/04/2019, n. 10813; Cass., 25/09/2012, n. 16261; Cass., 09/03/2011, n. 5586).

2. Nel merito, con il primo motivo di ricorso, T.H. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. L’istante si duole del fatto che il giudice di merito non abbia concesso al medesimo la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) senza tenere adeguatamente conto, sulla base di dati attinti da fonti internazionali aggiornate, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 della situazione socio-politica del Paese di origine.

2.2. Il motivo è inammissibile.

2.2.1. Va osservato, al riguardo, che la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., 28/09/2015, n. 19197). Pertanto, soltanto quando il cittadino straniero che richieda il riconoscimento della protezione internazionale, abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorge il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino fenomeni di violenza indiscriminata, in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, che espongano i civili a minaccia grave e individuale alla vita o alla persona, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. c) (Cass., 28/06/2018, n. 17069; Cass., 31/01/2019, n. 3016; Cass., 19/04/2019, n. 11096; Cass., 15/09/2020, n. 19224).

2.2.2. Nel caso concreto, il Tribunale ha accertato che, nel caso concreto, “col proprio racconto il ricorrente non ha nemmeno genericamente allegato che, in caso di rimpatrio rischiererebbe la vita o l’incolumità personale a causa di una situazione di generalizzata e indiscriminata violenza derivante da un conflitto armato interno”. I fatti narrata attengono, invero, a circostanze relative ad una vicenda personale del richiedente. Ad ogni buon conto, il Tribunale ha accertato – con il ricorso a fonti internazionali citate nel provvedimento – che la regione di provenienza dell’istante è immune da situazioni di violenza generalizzata ed indiscriminata, e la censura contiene mere valutazioni di merito dirette ad inficiare tale accertamento di fatto, mediante il richiamo a, non meglio precisate, “prove documentali” allegate dal ricorrente, e che non sarebbero state esaminate dal giudice a quo, il cui contenuto non è neppure riportato nel ricorso.

3. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

3.1. Lamenta l’istante che il Tribunale non gli abbia concesso neppure la protezione umanitaria, pur sussistendo, nella specie, evidenti ragioni di vulnerabilità personale.

3.2. Il mezzo è inammissibile.

3.2.1. Il giudice territoriale ha motivato il diniego di protezione umanitaria – che si applica temporalmente al caso di specie (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019 – in considerazione del fatto che la narrazione delle vicende che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte del richiedente non evidenziano situazione alcuna di vulnerabilità personale, trattandosi di vicende familiari, e che l’istante non ha allegato neppure seri profili di integrazione sociale nel territorio italiano. Del resto il mancato rilievo di una generale situazione socio-politica negativa, nella zona di provenienza, correttamente ha indotto il Tribunale a denegare la misura in esame, operando una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione – pressochè inesistente – raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019).

3.2.2. Nè il ricorrente – al di là di generiche dissertazioni relative ai principi) giuridici in materia, ed alla riproposizione dei temi di indagine già sottoposti al giudice di merito – ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità.

4. Con il terzo motivo di ricorso T.H. denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

4.1. L’istante lamenta che il giudice di merito abbia provveduto sulla domanda, rigettandola, senza neppure procedere all’audizione del richiedente. Ne deriverebbe l’illegittimità del provvedimento.

4.2. La censura è inammissibile.

4.2.1. In disparte il rilievo che l’omesso esame è relativo ad un fatto storico, e non certo ad una richiesta istruttoria, va rilevato che secondo il costante insegnamento di questa Corte, infatti, nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare, pena la violazione del contraddittorio, l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, senza che sorga tuttavia l’automatica necessità di dare corso all’audizione il cui obbligo, conformemente alla direttiva 2013/32/CE, grava esclusivamente sull’autorità amministrativa incaricata di procedere all’esame del richiedente. Ne consegue che il giudice può decidere in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso il verbale o la trascrizione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione (Cass., 31/01/2019, n. 2817; Cass., 28/02/2019, n. 5973; Cass., 20/01/2020, n. 1088; Cass., 14/05/2020, n. 8931).

4.2.2. Nel caso di specie, l’udienza risulta essere stata regolarmente fissata dal Tribunale, e si è tenuta il 21 marzo 2019, come si evince dall’impugnato decreto (p. 2). Peraltro, il ricorrente – oltre a generiche allegazioni di merito non ha neppure allegato quali ulteriori elementi, oltre quelli già dedotti dinanzi alla Commissione territoriale, avrebbe sottoposto alla valutazione del Tribunale nel caso di nuova audizione ((Cass., 11/11/2020, n. 25439; Cass., 07/10/2020, n. 21584; (Cass., 11/11/2020, n. 25312).

5. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2021

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