Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13690 del 07/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 07/06/2010, (ud. 22/03/2010, dep. 07/06/2010), n.13690

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10259-2009 proposto da:

G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO TRIESTE 87,

presso lo studio dell’avvocato ANTONUCCI ARTURO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato POLA DANTE, giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

OERLIKON GRAZIANO SPA che ha incorporato DEMM SpA in persona del

Procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22,

presso lo studio dell’avvocato VESCI GERARDO, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati PACCHIANA PARRAVICINI AGOSTINO,

GUASCO MARCO, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 553/2008 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del

30.9.08, depositata il 17/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito per la controricorrente l’Avvocato Michele Preziosi (per delega

avv. Gerardo Vesci) che si riporta agli scritti.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO che nulla

osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380-bis.

La Corte d’appello di Bologna, confermando la sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da G.S. contro la Demm s.p.a., incorporata dalla Oerlikon Graziano s.p.a., di condanna alla corresponsione dell’indennità supplementare prevista dall’art. 19, commi 40 e 50, del CCNL per i dirigenti industriali, a seguito del licenziamento che gli era stato comunicato con telegramma in data 30.11.2001, di cui era stata dedotta l’ingiustificatezza e pretestuosità.

In sintesi, la Corte, da un lato, riteneva che costituisse una inammissibile domanda nuova il riferimento all’indennità supplementare prevista in misura pari al preavviso dagli accordi sindacali del 27.4.1995 con riferimento all’ipotesi di licenziamento del dirigente dipendente da una delle situazioni indicate in tali accordi (crisi aziendale, ristrutturazione, ecc.), dall’altro, riteneva che la parte appellata avesse adeguatamente fornito la prova di una situazione che rendeva giustificato il licenziamento, in relazione alla normativa contrattuale collettiva di riferimento.

Il G. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

L’intimata resiste con controricorso.

Il ricorso appare qualificabile come inammissibile a norma dell’art. 366 bis c.p.c., la cui prima parte richiede che, nelle ipotesi di ricorso di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si concluda a pena di ammissibilità con la formulazione di un quesito di diritto, e la cui seconda parte richiede che nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 l’illustrazione di ciascun motivo contenga, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (per la necessità di una specifica formulazione conclusiva e sintetica ai fini della chiara indicazione di tali elementi, analoga a quella relativa al quesito di diritto, cfr. Cass. S.U. n. 20603/2007, 16528/2008; Cass. n. 8897/2008).

Come è stato più volte osservato da questa Corte, il quesito di diritto imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ., rispondendo all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con una più ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione nomofilattica della S.C. di cassazione, il principio di diritto applicabile alla fattispecie, deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regola iuris in quanto tale idonea sia a risolvere la specifica controversia che a ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (cfr. Cass. S.U. n. 3519/2008 e 18759/2008; Cass. n. 11535/2008).

Il quesito di diritto, infine, è necessario anche nel caso in cui il ricorso in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 faccia valere la violazione di contratto o accordo collettivo nazionale, se non si è nell’ambito di un procedimento ex art. 420-bis c.p.c. (Cass. 19560/20076 14919/2009).

Nella specie il primo motivo denuncia violazione di legge (artt. 1362 e 1365 c.c.) e delle regole di interpretazione del CCNL per i dirigenti industriali in relazione all’accordo del 27.4.1995 e degli analoghi accordi precedenti. Il quesito recita: “accerti la Corte se vi è stata violazione degli artt. 1362 e 1365 c.c. e delle regole di interpretazione del C.C.N.L. per i dirigenti industriali in relazione agli accordi 27.4.1995 – 13.4.1981 – 16.5.1985, ed in caso affermativo dica la Corte se è possibile far luogo ad una estensione in via analogica delle situazioni tipizzate negli accordi sindacali ad ipotesi non previste, quale quella della risoluzione del rapporto di lavoro del dirigente industriale a tempo indeterminato per soppressione del posto di lavoro susseguente a crisi aziendale che ha determinato riorganizzazione e/o ristrutturazione aziendale con applicazione dell’indennità supplementare prevista dagli accordi sindacali”.

Il quesito non può ritenersi idoneo, poichè non risulta in definitiva chiarito quale sia la violazione lamentata nella prima parte del quesito, e, innanzitutto, poichè non vengono affrontate le questioni della interpretazione delle domande compiuta dal giudice di appello e della dichiarata novità e conseguente inammissibilità della domanda facente riferimento agli accordi del 1995 e analoghi precedenti.

Il secondo motivo denuncia mancata e/o inadeguata valutazione delle prove ex artt. 115 e 116 c.p.c. in merito alla sussistenza del giustificato motivo oggettivo del licenziamento. Il relativo quesito recita: “accerti la Corte se risulta allo stato provato se le mansioni affidate all’ing. G. non furono soppresse ma redistribuite, ed in caso affermativo se ciò legittimi e/o giustifichi l’intimato licenziamento”. In questo caso l’inidoneità e inammissibilità del quesito è insita nel fatto che non viene enunciato alcun principio di diritto, ma si chiede direttamente e sinteticamente alla Corte di procedere ad un nuovo giudizio di fatto.

Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio vengono regolate facendo applicazione del criterio legale della soccombenza (art. 91 c.p.c).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condanna il ricorrente a rimborsare alla contribuente le spese del giudizio in Euro 30,0 oltre duemila per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA secondo legge.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2010

 

 

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