Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1369 del 19/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/01/2017, (ud. 10/11/2016, dep.19/01/2017),  n. 1369

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27709-2015 proposto da:

T.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MERULANA 234,

presso lo studio dell’avvocato CRISTINA DELLA VALLE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MAURIZIO GEROSA giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DOMENICO CHELINI

9, presso lo studio dell’avvocato CARLO MORACCI, che la rappresenta

e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3335/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

emessa il 09/07/2015 e depositata il 29/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. AUGUSTO TATANGELO;

udito l’Avvocato Maurizio Gerosa, per la ricorrente, che si riporta

agli scritti;

udito l’Avvocato Carlo Moracci, per la controricorrente, che si

riporta al contro ricorso e chiede che venga dichiarata

l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la seguente relazione:

“1. T.A. ricorre, sulla base di un unico motivo, avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano che, previa reiezione della sua istanza di rimessione in termini, ha ordinato la cancellazione dal ruolo e l’estinzione del giudizio di appello da lei introdotto in relazione ad una sentenza del Tribunale di Sondrio che aveva accolto l’azione revocatoria proposta nei suoi confronti (e nei confronti di T.F.) da P.I..

Resiste con controricorso P.I..

2. Ad avviso del relatore il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato.

2.1 Si premette che il ricorso non risulta notificato a T.F., parte del giudizio di primo grado (e – quale alienante nell’atto di compravendita oggetto di revoca – litisconsorte necessario nel presente giudizio).

Peraltro, per motivi di economia processuale, stante la manifesta infondatezza dello stesso, non si ritiene necessario assegnare un termine per l’integrazione del contraddittorio, la cui concessione si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (cfr. Cass. 17 giugno 2013 n. 15106; Sez. Un., ord. 22 marzo 2010 n. 6826; fra le tante altre: Cass. 18 gennaio 2012 n. 690; 25 gennaio 2012 n. 1032; ord. 8 novembre 2012 n. 19317).

2.2 Con l’unico motivo del ricorso si denunzia “omesso esame e comunque insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo del giudizio oggetto di discussione nella parte in cui, dopo aver analizzato la motivazioni offerte dagli appellanti dell’impedimento non imputabile al difensore in merito al presunto lieve ritardo con cui è giunto in udienza, il Giudice d’appello si limita ad affermare la mancanza di adeguata prova sul punto, anzichè superare l’eventuale incertezza attraverso una corretta valutazione delle norme e dei protocolli in uso presso la Corte d’Appello di Milano che regolano lo spazio temporale minimo per l’esplicazione dell’attività processuale. Violazione dell’art. 59 disp. att. c.p.c. Mancata considerazione del Protocollo per i processi civili dell’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano”.

Il ricorso appare in parte manifestamente inammissibile ed in parte manifestamente infondato.

E’ inammissibile nella parte in cui denunzia vizi di motivazione (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), dal momento che il provvedimento impugnato risulta pubblicato nel luglio 2015 e quindi, in base alla formulazione della disposizione applicabile ratione temporis, i suddetti vizi non sono censurabili in sede di legittimità.

D’altra parte la decisione risulta adottata sulla base dell’esame e della valutazione degli elementi di prova acquisiti agli atti, in ordine ai quali presenta adeguata motivazione, e quindi si sottrae certamente alle censure ancora ammissibili sotto tale profilo, ai sensi del vigente testo della disposizione richiamata.

Per quanto poi attiene alla denunzia di violazione dell’art. 59 disp. att. c.p.c., la questione risulta del tutto nuova (parte ricorrente non deduce neanche di averla posta in sede di merito), logicamente incompatibile con l’istanza di rimessione in termini presentata alla corte di appello (istanza che evidentemente presuppone l’avvenuta decadenza, e non l’erronea ed illegittima assunzione della causa in decisione, che avrebbe impedito ogni decadenza) e neanche adeguatamente documentata.

Essa comunque infondata in diritto, in quanto la disposizione richiamata riguarda esclusivamente la dichiarazione di contumacia nel corso della prima udienza di comparizione davanti al giudice di pace e non la partecipazione della parte costituita alle successive udienze e lo svolgimento delle stesse davanti alla corte di appello (vanno condivise in proposito le puntuali osservazioni della più recente giurisprudenza di questa Corte, contenute in Cass., Sez. 2, Sentenza n. 18048 del 19/10/2012, Rv. 623925).

3. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio per essere rigettato”.

La relazione è stata notificata come per legge.

Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il Collegio, pur condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione e considerando non decisive le contrarie osservazioni svolte da parte ricorrente nella propria memoria (che si limitano in sostanza a ribadire alcuni dei motivi del ricorso), ritiene assorbente l’inammissibilità delle censure svolte nel ricorso, per l’improponibilità di quelle relative ai vizi di motivazione e la novità di quelle relative alla dedotta violazione dell’art. 59 disp. att. c.p.c.. Il ricorso è pertanto dichiarato inammissibile.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2017

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