Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13689 del 07/06/2010
Cassazione civile sez. lav., 07/06/2010, (ud. 22/03/2010, dep. 07/06/2010), n.13689
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
A.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TEVERE
44, presso lo studio dell’avvocato FAUSTO FIORAVANTI, rappresentato e
difeso dall’avvocato CALABRESE VINCENZO, giusta procura speciale in
calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BOERIO 92,
presso lo studio dell’avvocato RUGGIERO ANDREA, rappresentata e
difesa dall’avvocato SENATORE MARCO, giusta procura a margine del
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 131/2 009 della CORTE D’APPELLO di SALERNO del
4/03/09, depositata il 24/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
22/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI; è
presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.
Fatto
MOTIVI
La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c..
La Corte d’appello di Salerno in parziale riforma della sentenza di primo grado condannava A.V. a pagare a M. M. la somma di Euro 31.703,00 a titolo di spettanze varie derivanti dal rapporto di lavoro intrattenuto dalla M. con l’ A. con mansioni di assistente alla sedia dentistica e di segretaria.
Per quanto ancora rileva, riteneva che non potesse essere qualificata come rinuncia o transazione una scrittura intervenuta tra le parti relativamente alla promessa di corresponsione alla lavoratrice di una certa somma a tacitazione di quanto di spettanza, in difetto di positivi elementi di riscontro circa una effettiva volontà di rinuncia o transattiva della lavoratrice. D’altra parte, la Corte non ammetteva la produzione in appello di una scrittura che avrebbe avuto funzione integrativa rispetto a quella già depositata in primo grado. Infatti, esclusa la tesi che il nuovo documento non avrebbe potuto essere prodotto in primo grado, riteneva la parte decaduta dalla facoltà di produrlo in giudizio.
L’ A. propone ricorso per cassazione. La M. resiste con controricorso. Memoria del ricorrente.
Preliminarmente deve rilevarsi l’inammissibilità del controricorso, in quanto notificato ben oltre il termine di legge 40 giorni (20 + 20) dalla notificazione del ricorso.
Il ricorso, che, deducendo violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, e contraddittorietà di motivazione, censura la sentenza nella parte in cui non ha ammesso produzione del documento suindicato in appello, è qualificabile come inammissibile a norma dell’art. 366 bis c.p.c., la cui prima parte richiede che, nelle ipotesi di ricorso di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si concluda a pena di ammissibilità con la formulazione di un quesito di diritto, e la cui seconda parte richiede che nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo contenga, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (per la necessità di una specifica formulazione conclusiva e sintetica ai fini della chiara indicazione di tali elementi, analoga a quella relativa al quesito di diritto, cfr. Cass. S.U. n. 20603/2007, 16528/2008; Cass. n. 8897/2008).
Come è stato più volte osservato da questa Corte, il quesito di diritto imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., rispondendo all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con una più ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione nomofilattica della S.C. di cassazione, il principio di diritto applicabile alla fattispecie, deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regola iuris in quanto tale idonea sia a risolvere la specifica controversia che a ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (cfr. Cass. S.U. n. 3519/2008 e 18759/2008; Cass. n. 11535/2008).
Nella specie sono stati formulati due “quesiti di diritto” che risultano del tutto inidonei, non portando alcuna specificazione rispetto all’indicazione normativa sulla “indispensabilità” ai fini della decisione della nuova provale sulla specifica valenza probatoria del documento in questione. E, in riferimento alle osservazioni al riguardo formulate nella memoria, da un lato, occorre rilevare che non è rilevante il richiamo di specificazioni contenute nella parte argomentativa del ricorso rispetto alle quali manchi un riscontro, sia pure sintetico, nel quesito conclusivo; dall’altro, deve ribadirsi che risulta inidonea nel quesito la mera menzione della “indispensabilità” della nuova produzione, giusta il tenore dell’art. 345 c.p.c., poichè – a parte il fatto che nel rito del lavoro è applicabile la disposizione specifica di cui all’art. 437 c.p.c., comma 2, ai fini della concreta applicazione della norma di legge è necessario chiarire quale sia l’effettiva portata normativa della disposizione, e in difetto di tale chiarimento neanche si possono porre questioni relative a eventuali lacune di motivazione.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Non deve disporsi per le spese del giudizio, stante l’inammissibilità del controricorso e la mancanza di ulteriore attività difensiva della parte intimata.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 22 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2010