Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13689 del 03/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/07/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 03/07/2020), n.13689

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31956-2018 proposto da:

ISCHIA AMBIENTE SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. AVEZZANA, 6,

presso lo studio dell’avvocato ARNALDO COSCINO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2620/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 20/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RITA

RUSSO.

Fatto

RILEVATO

che:

1.-. La Ischia Ambiente s.p.a. ha impugnato avvisi di accertamento per il recupero di maggiori imposte dovute, per gli anni 2010 e 2011, fondati sulla contestazione di fatturazione inesistente.

Il ricorso della contribuente è stato rigettato in primo grado. Ha proposto appello la società e la CTR della Campania con sentenza del 20.3.2018 ha confermato la sentenza di primo grado, rilevando che la guardia di finanza ha evidenziato la carenza di documenti a sostegno dei costi asseritamente sostenuti dalla società e che detta documentazione non è stata fornita dalla contribuente.

2. Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione la società affidandosi a un motivo. Resiste con controricorso l’Agenzia. Assegnato il procedimento alla sezione sesta, su proposta del relatore è stata fissata l’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. notificando la proposta e il decreto alle parti.

Diritto

RITENUTO

Che:

3.- Con il primo e unico motivo del ricorso, la parte lamenta il difetto di motivazione su fatto decisivo, deducendo di avere specificamente contestato che nella fattispecie ricorresse l’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8, comma 1, mancando la condotta offensiva e cioè la finalità di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto. Ciò in guanto il soggetto destinatario di tali fatture, presuntivamente ritenute inesistenti, e cioè il Comune, non è soggetto passivo di imposta. Da ciò conseguirebbe l’erronea applicazione della L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4 bis. Inoltre, la società deduce che il suo unico cliente è il Comune di Ischia, che controlla gli oneri sostenuti dalla società in conferenza dei servizi. Il motivo è inammissibile.

Il ricorso della contribuente è stato rigettato sia in primo che in secondo grado. Si tratta quindi di una “doppia conforme” prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5. Il tale caso, come affermato da giurisprudenza di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 10897/2018Cass. n. 26774/2016; Cass. n. 5528/2014).

La contribuente non ha assolto l’onere, limitandosi a reiterare talune argomentazioni sulla inattendibilità degli accertamenti della polizia tributaria, sulla configurabilità del reato di cui all’art. 8 cit. e sul controllo che il Comune eserciterebbe sulle fatturazioni, atteso che essa ricorrente è una società in bouse. Su questo punto deve peraltro rilevarsi che la CTR ha specificato, con giudizio in fatto non censurabile in questa sede, che le fatture emesse e considerate di operazioni inesistenti sono completamente carenti della qualificazione dei maggiori oneri richiesti ed ottenuti dal Comune.

Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza della ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.600,000 oltre rimborso spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, camera di consiglio, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2020

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