Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13687 del 03/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/07/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 03/07/2020), n.13687

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27189-2018 proposto da:

CGIL DI ROMA E DEL LAZIO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO N. 12,

presso lo studio dell’avvocato FRANCO DI LORENZO, che la rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE, (OMISSIS), in persona della Sindaca pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, V. DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso

la sede dell’AVVOCATURA CAPITOLINA, rappresentata e difesa dagli

avvocati DOMENICO ROSSI, ANTONIO CIAVARELLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1045/6/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 20/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RITA

RUSSO.

Fatto

RILEVATO

Che:

1.- La CGIL ricorre avverso gli avvisi di accertamento con i quali Roma Capitale pretende una maggiore ICI (anni da 2008 al 2011) sugli immobili dove insiste la sede del sindacato, in quanto è stata attribuita d’ufficio una nuova rendita catastale ai beni in oggetto. La CGIL deduce, tra l’altro, di avere impugnato l’atto di attribuzione della nuova rendita catastale. La CIT con sentenza depositata il 14.9.2016 annulla gli avvisi di accertamento affermando che essi si basano su un atto presupposto non definitivo, impugnato, e che pertanto Roma Capitale avrebbe dovuto attendere l’esito del giudizio. Roma Capitale propone appello. La CTR del Lazio con sentenza depositata in data 20.2.2018 accoglie l’appello di Roma Capitale, affermando che finchè la nuova rendita non è annullata il Comune può legittimamente basarsi su di essa.

2. La contribuente propone ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi, trattati congiuntamente. Si costituisce con controricorso Roma Capitale. Assegnato il procedimento alla sezione sesta, su proposta del relatore è stata fissata l’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. notificando la proposta e il decreto alle parti. La parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO

che:

3.- Con l’unico motivo di ricorso, parte ricorrente illustra congiuntamente due censure e lamenta la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e l’omesso esame di fatto decisivo, affermando che la CTR avrebbe dovuto esaminare la questione del passaggio in giudicato della sentenza che annulla la rendita.

Il ricorso è inammissibile per difetto di specificità.

La CTR ha affermato che “dagli atti emerge inoltre che la maggiorazione della rendita catastale non risulta annullata e pertanto essa legittimamente è stata considerata dal Comune di Roma per il calcolo dell’ICT’. Ciò equivale a dire che al giudice d’appello non è stato sottoposto alcun documento attestante l’annullamento della rendita catastale; per censurare

correttamente tale affermazione e dimostrarne l’erroneità non è sufficiente affermare, in questa sede, che è stata resa sentenza di annullamento della rendita catastale e che detta sentenza è passata in giudicato, ma deve specificamente dimostrarsi che la questione è stata sottoposta al giudice d’appello e che in quella sede è stata prodotta la sentenza che ha deciso sull’annullamento, corredata dalla attestazione del passaggio in giudicato.

Questa Corte ha già affermato il principio che qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione (Cass. 13625/2019). Analogo principio è stato affermato con riferimento ai motivi di appello di cui si lamenti l’omesso esame: nel ricorso per cassazione si devono compiutamente riportare nella loro integralità (Cass. 17049/2015, cfr. anche Cass. 32804/2019). Nell’odierno ricorso non si trascrive il contenuto della sentenza di cui si invoca l’autorità sull’accertamento della rendita, sulla cui base si determina il quantum della pretesa impositiva, e la parte non indica specificamente in quale atto abbia sottoposto la questione al giudice di merito, trascrivendone il contenuto in modo da consentire il controllo sulla specificità della deduzione; nè è specificamente indicato in quale momento del giudizio di merito è stata prodotta – e se è stata prodotta – la sentenza corredata dalla attestazione del passaggio in giudicato.

Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza della parte ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese di giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300,00 oltre rimborso spese forfetarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2020

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