Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13686 del 05/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 05/07/2016, (ud. 20/04/2016, dep. 05/07/2016), n.13686

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1374/2011 proposto da:

D.S.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio

dell’avvocato LUIGI DE STEFANO, che lo rappresenta e difende giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

TORRE ARCENTTNA SOCIETA’ SERVIZI S.P.A., C.F. (OMISSIS);

– intimata –

Nonchè da:

TORRE ARGENTINA SOCIETA’ DI SERVIZI S.P.A., C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GOLAMETTO 2, presso lo studio

dell’avvocato SERGIO BUCALO, che la rappresenta e difende giusta

delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

D.S.M. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato LUIGI

DE STEFANO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del

ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 3725/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/09/2010 r.g.n. 5390/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/04/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato D.S.M. per delega DE STEFANO LUIGI;

udito l’Avvocato ANTINORI SEBASTIANO per delega verbale Avvocato

BUCALO SERGIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, rigetto ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Roma D.S.M. esponeva di essere stato amministratore unico, per il triennio 1989-1992 (e revocato in data 13.11.90), della Torre Argentina Immobiliare s.p.a. ora Torre Argentina società di Servizi s.p.a. (di seguito TASS), e di non aver ricevuto il compenso maturato nel periodo compreso tra la sua nomina e la revoca dell’incarico; deduceva che il compenso in parola poteva essergli liquidato in via equitativa con riferimento alla tariffa dei dottori commercialisti. Su tali premesse chiedeva la condanna della TASS al pagamento in suo favore della complessiva somma di Lire 86.047.669, oltre accessori.

Il Tribunale, accogliendo l’eccezione sollevata dalla società, dichiarò prescritto il credito azionato. Ritenne il primo giudice applicabile il termine prescrizionale quinquennale ex art. 2948 c.c., e non quello decennale invocato dal D.S., rilevando che comunque la questione non assumeva rilievo decisivo, poichè nella specie, all’atto di notifica del ricorso introduttivo del giudizio, erano spirati entrambi i termini, da far decorrere dal 13.11.1990, non potendosi peraltro riconoscere alcun effetto interruttivo all’atto introduttivo di altro precedente giudizio inter partes (avente ad oggetto il risarcimento del danno subito a seguito della revoca dell’incarico).

Avverso tale decisione proponeva appello il D.S., invocando l’applicazione del termine prescrizionale ordinario decennale, ritualmente interrotto dalla domanda avanzata nel corso del precedente giudizio, e dunque non ancora spirato all’atto della proposizione del successivo.

Si costituiva tempestivamente la società TASS resistendo al gravame.

Con sentenza depositata l’11 settembre 2010, la Corte d’appello di Roma accoglieva parzialmente il gravame, condannando la società TASS a corrispondere al D.S. la somma di Euro 10.042,21, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il D.S., affidato a due motivi.

Resiste la società TASS con controricorso, contenente ricorso incidentale affidato a due motivi. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo il D.S. denuncia una insufficiente e contraddittoria motivazione circa la mancata applicazione della tariffa dei dottori commercialisti amministratori di società, oltre alla mancata applicazione del c.c.n.l. per i dirigenti del terziario (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5). Lamenta di aver chiesto la determinazione del suo compenso in via principale secondo le tariffe professionali dei dottori commercialisti, ed in subordine il compenso attribuito dalla società, pochi mesi dopo la sua revoca, al consiglio di amministrazione (di cui, come amministratore unico, svolse tutti i compiti).

2.-Con il secondo motivo il D.S. denuncia una contraddittoria motivazione sulle modalità di determinazione del compenso, punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Lamenta che la sentenza impugnata non ritenne di attribuirgli neppure il compenso stabilito dalla società, pochi mesi (otto) dalla sua revoca, all’intero consiglio di amministrazione, pur avendo egli svolto le funzioni di a.u..

3.-Ragioni di priorità logico-giuridiche consigliano di esaminare dapprima il ricorso incidentale.

3.1- Con il primo motivo la società TASS denuncia la violazione e falsa applicazione delle norme in tema di prescrizione e segnatamente dell’art. 2949 c.c., oltre ad omessa ed insufficiente motivazione sul punto.

Lamenta che la sentenza impugnata ritenne erroneamente che il diritto a compenso dell’amministratore di una società di capitali è soggetto all’ordinario termine decennale di prescrizione e non al termine cd. breve (quinquennale) di cui all’art. 2949 c.c..

Il motivo è fondato e risolutivo dell’intera controversia.

La corte capitolina ha ritenuto che il regime prescrizionale quinquennale di cui all’art. 2949 c.c. si riferisce a quei diritti che derivano dalle relazioni che si istituiscono fra i soggetti dell’organizzazione sociale in dipendenza diretta con il contratto di società e delle situazioni determinate dallo svolgimento della vita sociale, escludendo, contraddittoriamente, il rapporto, squisitamente connesso al contratto societario, tra la società e l’amministratore unico.

La decisione risulta errata avendo questa Corte più volte chiarito che la prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949 c.c., comma 1, opera con riguardo ai diritti che scaturiscono dal rapporto societario, e cioè dalle relazioni che si istituiscono fra i soggetti dell’organizzazione sociale in dipendenza diretta del contratto di società o che derivano dalle situazioni determinate dallo svolgimento della vita in società, mentre ne restano esclusi tutti gli altri diritti che trovano la loro ragion d’essere negli ordinari rapporti giuridici che la società può contrarre (ad esempio con terzi) al pari di ogni altro soggetto (Cass. n. 22574/14;

Cass. n. 21903/13; Cass. n. 6107/93; Cass. n. 1475/92). Come evidenziato da Cass. n. 22574/14, la prescrizione quinquennale di cui all’art. 2949 c.c., avente carattere speciale rispetto al regime prescrizionale ordinario, ha lo scopo di assicurare maggiore certezza nella definizione dei rapporti societari.

Essendo evidente che il diritto a compenso dell’amministratore unico di società scaturisce dal rapporto societario, e cioè dalle relazioni che si istituiscono fra i soggetti dell’organizzazione sociale in dipendenza diretta del contratto di società, la sentenza impugnata si rivela sul punto erronea e per ciò solo merita di essere cassata.

3.2 – Con il secondo motivo del ricorso incidentale, la società denuncia la violazione e falsa applicazione delle norme in tema di interruzione della prescrizione (art. 2943 c.c.), oltre ad insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto. Lamenta che gli atti interruttivi della prescrizione devono contenere l’esplicitazione di una pretesa idonea a manifestare la volontà di far valere il proprio diritto nei confronti del debitore, mentre nella specie trattavasi di atti, pur aventi torica valenza interruttiva, inerenti tuttavia altra e diversa domanda: il diritto del D.S. al risarcimento del danno conseguente la revoca anticipata dall’incarico di amministratore unico.

Il motivo è infondato alla luce del consolidato orientamento di legittimità, peraltro richiamato dalla sentenza impugnata, secondo cui: “L’inammissibilità della domanda, qualunque ne sia la causa, non esclude l’efficacia interruttiva della prescrizione del diritto con essa fatto valere, efficacia che – anche in questo caso – permane fino al giudicato” (cfr. Cass. n. 5105/06); nello stesso senso Cass. n. 255/06 e n. 696/02, secondo cui: “La domanda proposta per la prima volta nel corso del giudizio di appello ha efficacia interruttiva della prescrizione ai sensi dell’art. 2943 c.c., comma 2, e tale effetto si protrae fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, ai sensi dell’art. 2945 c.c., non rilevando, ai fini dell’esclusione dell’effetto interruttivo, il fatto che la domanda sia dichiarata inammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c. in quanto nuova”. In tal senso, da ultimo, Cass. sez. un. n. 1516/2016.

4.- In conclusione deve dunque accogliersi il primo motivo del ricorso incidentale e rigettarsi il secondo, restando così assorbito il ricorso principale. La sentenza impugnata deve quindi cassarsi in relazione alla censura accolta, sicchè, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la domanda proposta dal D.S. deve pertanto rigettarsi per intervenuta prescrizione così come stabilito dal Tribunale di Roma.

Le alterne fasi del giudizio consigliano la compensazione delle spese di lite dell’intero processo.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso incidentale e rigetta il secondo; dichiara assorbito il ricorso principale. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito, respinge la domanda proposta dal D.S..

Compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 aprile 2016

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