Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13685 del 03/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 03/07/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 03/07/2020), n.13685

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4999/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

C.V., CE.Ma. e CE.Fa.,

rappresentati e difesi, per procura speciale in calce al

controricorso, dall’avv. Diletta CAPONERI, ed elettivamente

domiciliati in Roma, alla via Tacito, n. 23, sono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4655/15/2018 della Commissione tributaria

regionale del LAZIO, depositata in data 03/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/02/2020 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue.

In controversia avente ad oggetto un avviso di accertamento catastale con cui l’Agenzia delle entrate aveva proceduto alla revisione parziale della categoria e della classe delle unità immobiliari di proprietà dei contribuenti, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR del Lazio, in parziale accoglimento dell’appello agenziale avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, sostenendo, quanto alla variazione della categoria (da A/2 ad A/1 dell’immobile sito in via Catalana, n. 10) che l’Agenzia delle entrate non aveva contestato, “soprattutto con riferimento alla estensione dell’unità immobiliare in questione”, la perizia prodotta dai contribuenti, su cui gravava “l’onere di provare che il valore migliorativo della microzona a cui l’immobile appartiene è stato neutralizzato o addirittura subissato da specifici elementi attinenti alle caratteristiche tecniche peculiari estrinseche o intrinseche dell’immobile o del fabbricato in cui il medesimo si trova, atti a diminuirne il valore catastale, in modo da comportare l’attribuzione di una classe invariata o addirittura inferiore rispetto a quella che l’immobile aveva prima dell’atto gravato”. Quanto, invece, “all’innalzamento della classe delle altre unità oggetto di accertamento” (unità immobiliari di via (OMISSIS) e di via (OMISSIS)), i giudici di appello sostenevano che lo stesso era stato giustificato “da elementi estrinseci (ubicazione, qualità del contesto urbano, collegamento con i servizi pubblici), ivi specificamente indicati, tenuto conto del contesto urbano e della maggiore rivalutazione del centro storico, non smentiti dalla perizia di parte”.

Avverso la citata sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui replica l’intimata con controricorso, denunciando, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, del D.M. 2 agosto 1969 e del D.P.R. n. 1142 del 1949, assumendo che è incorsa in errore di diritto la sentenza impugnata per avere la CTR confuso le caratteristiche delle abitazioni di lusso, previste dal citato decreto ministeriale ai fini della fruizione delle agevolazioni fiscali per la c.d. prima casa, con l’attribuzione della categoria catastale.

Con il secondo motivo deduce la nullità della sentenza impugnata per inesistenza e manifesta contraddittorietà della motivazione.

Tale ultimo motivo, da esaminarsi prioritariamente, diversamente dalla proposta formulata dal relatore, è fondato e va accolto.

Invero, i giudici di appello hanno mostrato di non aver neppure adeguatamente compreso le questioni di fatto della vicenda processuale, posto che uno degli immobili di proprietà dei contribuenti, quello sito in via (OMISSIS), al piano S1, non era stato attinto da alcuna variazione, nè della classe nè della categoria, e dopo aver confuso tra classe e categoria, attribuendo all’immobile di via Catalana n. 10 la “Classe 1, rispetto alla Classe 2 che aveva” (sentenza, pag. 3) là dove all’immobile era stata mutata la categoria catastale (da A/2 ad A/1) hanno contraddittoriamente ritenuto giustificato il riclassamento di una delle unità immobiliari di proprietà dei contribuenti e hanno invece escluso la revisione della categoria di altro immobile nonostante entrambe le variazioni siano state effettuate dall’amministrazione finanziaria sulla base dei medesimi presupposti normativi (L. n. 311 del 2004 art. 1, comma 335).

A ciò aggiungasi che la CTR, dopo aver affermato che “Grava, pertanto, sul contribuente, al fine di sottrarsì all’incremento di rendita catastale effettuato dall’Agenzia col riclassamento, l’onere di provare che il valore migliorativo della microzona a cui l’immobile appartiene è stato neutralizzato o addirittura subissato da specifici elementi attinenti alle caratteristiche tecniche peculiari estrinseche o intrinseche dell’immobile o del fabbricato in cui il medesimo si trova, atti a diminuirne il valore catastale, in modo da comportare l’attribuzione di una classe invariata o addirittura inferiore rispetto a quella che l’immobile aveva prima dell’atto gravato”, si è limitata ad affermare che l’ufficio finanziario non aveva specificamente contestato la perizia di parte, anche con riferimento all’estensione dell’immobile, ma a parte tale ultimo dato, non ha dato alcun conto degli elementi emergenti dalla perizia di parte così omettendo di chiarire su quali elementi è pervenuta alla propria determinazione.

In definitiva, nel formulare una statuizione meramente assertiva, in cui si risolvono le affermazioni sopra trascritte, i giudici di appello omettono di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali elementi ha fondato il proprio convincimento, in tal modo non consentendo di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata. In definitiva quello in esame è un tipico esempio di abdicazione all’obbligo imposto al Giudice di rappresentare compiutamente gli elementi di fatto e le ragioni sui quali si è formato il proprio convincimento.

E’ noto che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che, come nel caso in esame, contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata).

Deve quindi ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo – quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 14927 del 2017).

Da quanto detto consegue che va accolto il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa alla competente CTR per nuovo esame e per la regolamentazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2020

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