Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1368 del 22/01/2020

Cassazione civile sez. I, 22/01/2020, (ud. 17/09/2019, dep. 22/01/2020), n.1368

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20816/2018 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in Roma Viale G. Mazzini, 6

presso lo studio dell’avvocato Agnitelli Manuela che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato. che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8304/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositato il

12/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/09/2019 da Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso proposto da M.A. cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha raccontato che utilizzando l’auto dello zio per accompagnare alcune persone in una città vicina aveva fatto un incidente e danneggiato la stessa. Lo zio pretendeva il pagamento dei danni, ma siccome lui non aveva soldi lo aveva denunciato ed era stato arrestato e messo agli arresti domiciliari, sapendo che lo avrebbero condannato perchè non aveva il denaro per risarcire tali danni, era fuggito dal paese nel luglio del 2014.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 comma 3, lett. a), art. 4, art. 14, comma 1, lett. b) e c) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, il Tribunale aveva rigettato la richiesta di riconoscimento della protezione sussidiaria sulla base di un giudizio contraddittorio, prognostico e futuro e non sullo stato effettivo ed attuale del Paese d’origine; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. c) e comma 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver il Tribunale correttamente valutato gli indizi della fondatezza del timore del ricorrente di subire ulteriori danni, stante i maltrattamenti già subiti, allegati in sede di audizione giudiziale e non considerati; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dal momento che il Collegio nel rigettare la richiesta di protezione umanitaria, non ha considerato i traumi subiti dal ricorrente, nei paesi di transito.

Il primo motivo è inammissibile, perchè attiene al merito dell’accertamento relativo al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, e il Tribunale non ha formulato alcun giudizio probabilistico, ma ha, invece, verificato un miglioramento già attuale delle condizioni di sicurezza del paese e politico-sociali (v. p. 5 del decreto).

Il secondo motivo è inammissibile, per l’accertata mancanza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, che non erano stati allegati nè tantomeno comprovati, (sia in riferimento alle condizioni personali del richiedente che in riferimento alla situazione generale del paese di provenienza) neppure in relazione al giudizio di comparazione tra le condizioni di vita nel paese di provenienza, per come sono emerse nella vicenda narrata, e quelle attuali in Italia, che lo esporrebbero a un eventuale pregiudizio in conseguenza del rimpatrio (Cass. n. 4455/18).

Il terzo motivo è infondato, infatti, nei giudizi di protezione internazionale l’esame officioso della situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero svolto dal giudice del merito deve essere specifico e dar conto delle fonti di informazione consultate. Ne consegue che incorre nella violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, oltre che nel vizio di motivazione apparente, la pronuncia che, nel prendere in considerazione la situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero, si limiti a valutazioni solo generiche o comunque non individui le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte (Cass. n. 11101/19).

Nel caso di specie, tuttavia, i giudici d’appello hanno fatto riferimento a fonti informative aggiornate (Rapporto Amnesty International 2017-2018) per evidenziare gli sforzi attuati dall’attuale governo per ripristinare una situazione di pace e sicurezza ne paese.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a pagare all’amministrazione statale le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo di Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2020

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