Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13672 del 22/06/2011

Cassazione civile sez. II, 22/06/2011, (ud. 13/05/2011, dep. 22/06/2011), n.13672

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso proposto da:

D.M.M. (C.F.: (OMISSIS)) e P.

A. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi, in

virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Colucci

Mario ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Mancuso

Pierluigi, in Roma, v. Federico Cesi, n. 30;

– ricorrenti –

contro

GRISSINIFICIO “LA BELLA ADDORMENTATA” s.r.l. (P. I. (OMISSIS)),

in liquidazione, in persona della liquidatrice dott.ssa G.

S., rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in

calce al controricorso, dall’Avv. Pasquale Caso ed elettivamente

domiciliata presso lo studio dell’Avv. Gligliola Mazza Ricci, in

Roma, via di Pietralata, n. 320;

– controricorrente –

e

C.E. (C.F.: (OMISSIS)), C.R.

A. (C.F.: (OMISSIS)) e L.T.M.

A. (C.F.: (OMISSIS));

– intimate –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Bari n.

378/2009, depositata il 7 aprile 2009 (e non notificata);

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13 maggio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso: “nulla osserva”.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che il consigliere designato ha depositato, in data 2 marzo 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c:

Con la sentenza n. 378 del 2009 (depositata il 7 aprile 2009), la Corte di appello di Bari rigettava l’appello proposto da D.M. M. e P.A. avverso la sentenza del Tribunale di Lucera in data 11 marzo 2003, che veniva, perciò, confermata, con compensazione totale delle spese del grado.

Avverso la menzionata sentenza di secondo grado (non notificata) hanno proposto ricorso per cassazione (notificato il 21 maggio 2010 e depositato il successivo 9 giugno) D.M.M. e P. A., basato su un unico complesso motivo, ricondotto alla nullità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.p., n. 5, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio e per erronea ricognizione delle risultanze processuali. A sostegno di tale motivo i ricorrenti hanno indicato il seguente “quesito di diritto”: “dica la Corte se, dimostrata la originaria intenzione della società acquirente di acquisire al suo patrimonio il bene per cui è causa, con la finalità di far transitare la somma corrispondente al prezzo di acquisto pattuito sul libretto personale dell’amministratore della società stessa, facendo comunque apparire con l’emissione di un assegno che il prezzo stesso era stato pagato in favore dei venditori, e se dimostrata conseguentemente l’originaria intenzione di non versare il corrispettivo della cessione ai venditori, il negozio di compravendita abbia o meno assolto alla funzione sua tipica ovvero sia mancante della causa nella misura in cui detta intenzione ha concretizzato di fatto il difetto di pattuizione di un corrispettivo, non trovando la prestazione assunta dalla società acquirente alcuna giustificazione, se il fine era quello di non pagare il prezzo concordato; e se, quindi, è configurabile il vizio di omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, cui consegue la sua nullità, avendo la Corte di appello proceduto ad un’erronea ricognizione delle risultanze di causa”.

La sola intimata Grissinificio “La Bella Addormentata” s.r.l. risulta essersi costituita in questa fase con controricorso.

Ritiene il relatore che sembrano sussistere, nel caso in questione, i presupposti per dichiarare inammissibile il ricorso con riferimento al complesso motivo proposto nelle forme del procedimento camerale, per manifesta inosservanza del requisito di ammissibilità previsto dall’art. 366 bis c.p.c. (introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, e “ratione temporis” applicabile nella fattispecie, vertendosi nell’ipotesi di ricorso avverso sentenza ricadente nell’ambito di applicabilità dell’indicato D.Lgs., siccome pubblicata il 7 aprile 2009), oltre che per mancato rispetto dell’ulteriore requisito della necessaria autosufficienza del contenuto del ricorso medesimo.

Sul piano generale si osserva (cfr, ad es., tra le più recenti, Cass. n. 4556/2009) che l’art. 366-bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto dal n. 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 c.p.c., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a “dicta” giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo “iter” argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione.

Ciò posto, alla stregua della uniforme interpretazione di questa Corte, non può dirsi che i ricorrenti si siano attenuti alla rigorosa previsione scaturente dal citato art. 366 bis c.p.c., poichè – con riguardo al complessivo motivo articolato (ricondotto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – manca la chiara indicazione, in apposito quadro di sintesi conclusiva, del fatto controverso in relazione al quale si è assunto che la motivazione fosse omessa od insufficiente e anche delle ragioni per le quali la supposta insufficienza motivazionale fosse incongrua a supportare la decisione, avendo prospettato, invero, i medesimi ricorrenti una loro soggettiva ricostruzione della vicenda contrattuale e, quindi, assunto, genericamente, l’inidoneità della diversa delibazione degli elementi probatori da parte del giudice di appello, senza, tuttavia, sottolineare gli aspetti essenziali, ancorchè in modo sintetico, dell’insufficiente o contraddittorio percorso motivazionale seguito dallo sviluppo della sentenza impugnata (concludendosi il quesito posto a questa Corte con un riferimento alla richiesta di verifica del vizio di motivazione per “un’erronea ricognizione delle risultanze di causa”) Peraltro, i suddetti ricorrenti, nel proposto ricorso, hanno richiamato passaggi dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, la sentenza della Corte di appello di Bari, 2^ sez. pen., del 25 giugno 1985, la perizia collegiale redatta nell’ambito del processo penale (assunta come “allegata agli atti di causa”), congiuntamente a non meglio specificate deduzioni di parte, senza, però, provvedere all’individuazione di tali documenti con riferimento alla sequenza di documentazione dello svolgimento del processo nel suo complesso, al fine di consentire a questa Corte di renderne possibile il loro esame. Così prospettando le risultanze di questi ulteriori elementi, i ricorrenti sono incorsi nella violazione del principio di necessaria autosufficienza del ricorso, poichè – secondo la ormai costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 6937 del 2010 e Cass. n. 17915 del 2010) – il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione e, appunto, alla loro individuazione con riferimento alla sequenza di documentazione dello svolgimento del processo nel suo complesso, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative. Del resto, con riferimento al richiamo del contenuto di una consulenza, questa stessa Corte (v. Cass. n. 4201 del 2010) ha statuito che, in tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che intende far valere in sede di legittimità un motivo di ricorso fondato sulle risultanze di una consulenza tecnica espletata in altro giudizio è tenuta – in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso – ad indicare se la relazione cui si fa riferimento sia presente nel fascicolo di ufficio del giudizio di merito (specificando, in tal caso, gli estremi di reperimento della stessa), ovvero a chiarire alla Corte il diverso modo in cui essa possa essere altrimenti individuata, non potendosi affidare al giudice di legittimità il compito di svolgere un’attività di ricerca della relazione, in sede decisoria, senza garanzia del contraddittorio ed in violazione del principio costituzionale di ragionevole durata del processo.

In definitiva, si riconferma che sembrano emergere le condizioni per procedere nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c. (nella versione ante L. n. 69 del 2009), potendosi ravvisare l’inammissibilità “in toto” del ricorso.

Letta la memoria depositata nell’interesse dei ricorrenti;

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, ad avviso del collegio, non sussistono le condizioni di evidenza decisoria che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., consentono la definizione del ricorso in camera di consiglio e che, pertanto, occorre rimettere la trattazione del ricorso medesimo alla pubblica udienza presso la Sezione Seconda civile.

P.Q.M.

LA CORTE rinvia la trattazione del ricorso alla pubblica udienza presso la Sezione Seconda civile.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2011

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