Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13670 del 19/05/2021

Cassazione civile sez. III, 19/05/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 19/05/2021), n.13670

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35471-2019 proposto da:

E.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO II N 4,

presso lo studio dell’avvocato MARIO ANTONIO ANGELELLI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO

PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI MILANO, elettivamente domiciliato in

Roma, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3447/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 14/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/12/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

Il ricorrente E.S. è cittadino (OMISSIS), del (OMISSIS), da cui ha raccontato di essere fuggito, in quanto alla morte del padre avrebbe dovuto ereditare un edificio, ma lo zio che faceva parte della setta “(OMISSIS)”, per il suo rifiuto di aderirvi e per la sua intenzione di prendere possesso dell’immobile, lo aggrediva insieme ad un nipote che nella colluttazione rimaneva ucciso, ed il ricorrente veniva incarcerato.

Riusciva ad evadere grazie alla concessione di un lavoro esterno.

Il Tribunale, adito dopo che la commissione territoriale ha rigettato le richieste di protezione, non ha ritenuto credibile il racconto, ed ha rigettato la domanda, con decisione confermata poi dalla Corte di appello, la quale, oltre che ribadire l’inverosimiglianza del racconto, ha escluso una situazione di conflitto armato in (OMISSIS), ed ha ritenuto insufficiente oltre che poco credibile altresì la documentazione offerta dal ricorrente a dimostrazione della sua integrazione in Italia.

Ricorre E.S. con tre motivi. V’è costituzione tardiva del Ministero, che non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

p..- Il primo motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 3 oltre che motivazione apparente sulla questione della credibilità.

Secondo il ricorrente egli aveva offerto ogni possibile elemento di valutazione della sua vicenda, sforzo a fronte del quale la corte avrebbe dovuto compiere un maggiore approfondimento e comunque rendere una motivazione più adeguata in relazione al giudizio di inverosimiglianza.

In particolare, il ricorrente ha documentato sia il ruolo delle sette in (OMISSIS) che, in particolare, quella dello zio e da quegli elementi avrebbe dovuto trarsi motivo di adesione al suo racconto.

Il motivo è infondato.

La corte (p. 6) ritiene il racconto inverosimile da un punto di vista intrinseco e generico, ed in aggiunta ritiene insufficiente la spiegazione delle ragioni che avrebbero indotto il ricorrente a lasciare il paese.

Va premesso che la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera opinione del giudice ma il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, nell’art. 3, comma 5 tenendo conto “della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente” di cui al comma 3 cit. articolo, senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto. Detta valutazione, se effettuata secondo i criteri previsti dà luogo ad un apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito, essendo altrimenti censurabile in sede di legittimità per la violazione delle relative disposizioni (Cass. 14674/2020).

Inoltre, e la censura attiene altresì al primo motivo (p. 17), la corte compie una valutazione attraverso fonti (COI) aggiornate della situazione generale della (OMISSIS), escludendo un conflitto armato generalizzato.

p.- Il secondo motivo ed il terzo motivo possono considerarsi insieme.

Il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 286 del 1998, oltre che difetto di motivazione, e cosi anche il terzo motivo (violazione della L. 286 del 1998, art. 5 L. n. 251 del 2007, art. 3).

Entrambi si riferiscono alla protezione umanitaria, ma con diversi argomenti.

Secondo il ricorrente la corte non avrebbe tenuto in considerazione alcuna il periodo da lui trascorso in Libia, ed in particolare l’influenza che tale transito può avere avuto sulla sua vulnerabilità.

Ma si tratta di una censura inammissibile in quanto il ricorrente non dimostra di averla posta alla corte di appello, ed anzi, leggendo l’atto di impugnazione, che viene allegato, non se ne trova traccia; con la conseguenza che non può ovviamente imputarsi al giudice di secondo grado di non averne tenuto conto.

Inoltre, si denuncia mancata considerazione della sua situazione soggettiva, del suo inserimento in Italia e mancata comparazione con l’ipotesi del rientro in (OMISSIS). Quanto al secondo motivo, si tratta di censura che, come rivela già la sua stessa prolissa intestazione, pretende di denunciare come motivazione apparante l’omesso esame di fatti e prove, il che è un non senso: la motivazione apparente deve risultare dal suo solo tenore e va dedotta per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Se invece la sentenza di merito ha omesso l’esame di fatti, allora sarà deducibile il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Ora, l’illustrazione del motivo a pag. 19 evoca il racconto della persecuzione subita nel paese di origine facendo riferimento alle dichiarazioni rese alla Commissione, senza fornirne l’indicazione specifica ai sensi dell’art. 366, n. 6 quanto al contenuti, salvo per sole due righe e senza fornirne la localizzazione, e, al di là del fatto che non è dato comprendere come esse sarebbero di per sè rilevanti quanto ai presupposti per la concessione dell’umanitaria, se il racconto non è stato ritenuto credibile non si comprende nemmeno sotto tale profilo la doglianza.

A pagina 20 si dice espressamente che la corte territoriale avrebbe sminuito la portata degli elementi probatori del ricorrente e, dunque, non si lamenta l’omesso esame di fatti, ma la loro cattiva valutazione, il che attiene all’apprezzamento del fatto e si colloca al di fuori dell’art. 360.p.c., n. 5.

Solo di seguito si sostiene a pag. 21 che la corte di merito non avrebbe compiuto il giudizio comparativo fra le condizioni di integrazione in Italia e quelle in cui il ricorrente verrebbe a trovarsi in (OMISSIS) ai fini dell’accertamento della sproporzione fra i due contesti di vita.

Nelle ultime due proposizioni della pag. 21 si lamenta che il ricorrente avrebbe allegato di non avere più relazioni familiari in (OMISSIS) e si rinvia a quanto dedotto con il primo motivo circa le violazioni dei diritti umani in (OMISSIS), sostenendo che sarebbe stato violato il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per omesso esame delle COI.

Si contesta, in fine, la valutazione di inidoneità ai fini della dimostrazione dell’integrazione della documentazione cui fa riferimento la sentenza. Il motivo si risolve solo in una manifestazione di dissenso da detta valutazione della quaestio facti.

Il terzo motivo deve fare i conti con l’affermazione della sentenza, espressa dopo ampio richiamo alla sentenza n. 4455 del 2018, che “nel caso di specie, la difesa si è limitata a riportare giurisprudenza in generale, senza fornire i necessari riferimenti individualizzanti”, il che significa che la Corte ha voluto dire che non sono stati allegati gli elementi per la comparazione che si lamenta non essere stata effettuata.

Se si apprezza la motivazione alla luce di quelli che sarebbero stati i pretesi fatti omessi di cui si discorre nel secondo motivo, l’assunto della corte trova conferma.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2021

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