Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1367 del 22/01/2020

Cassazione civile sez. I, 22/01/2020, (ud. 17/09/2019, dep. 22/01/2020), n.1367

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19554/2018 proposto da:

F.A.E., elettivamente domiciliato in Roma Via Emilio

Faà Di Bruno, 15, presso lo studio dell’avvocato Di Tullio Marta,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato. che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 28/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/09/2019 da Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso proposto da F.A.E. cittadino nigeriano, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il richiedente asilo ha riferito di aver fatto propaganda elettorale in vista delle elezioni presidenziali, in favore del candidato E.J.. Tuttavia, il compito affidatogli dal coordinatore del partito PDP era quello di sottrarre le scatole delle schede elettorali dai seggi. Dopo una prima volta si era rifiutato di continuare per timore della polizia e degli avversari politici; poichè esponenti del partito lo avrebbero minacciato, avrebbe deciso di lasciare il suo paese.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, perchè il Tribunale aveva omesso di valutare le informazioni circa la situazione politico-sociale del paese di provenienza del ricorrente, che per stessa ammissione dello stesso Tribunale era particolarmente insicura; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 17, perchè, erroneamente, il tribunale non aveva riconosciuto l’esistenza del rischio di subire un grave danno, in capo al ricorrente, in caso di rimpatrio nel paese d’origine; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, lett. f), rchè il Tribunale non aveva riconosciuto la protezione sussidiaria a favore del ricorrente, che aveva fondati motivi di ritenere di essere ucciso se rimpatriato, perchè ricercato dai membri del PDP a causa del suo essere a conoscenza dei brogli elettorali dal medesimo PDP che è l’attuale partito al potere; (iv) sotto un quarto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 15, commi 1 e 2, artt. 16 e 17, per insussistenza delle cause di esclusione dello status di protezione sussidiaria, alla luce dei principi costituzionali e della giurisprudenza Europea; (v) sotto un quinto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per il mancato riconoscimento dei presupposti della protezione umanitaria; (vi) sotto un sesto profilo, per violazione dell’art. 3 Cost., per non essere stato operato alcun bilanciamento tra la tutela degli interessi privati e la tutela del bene giuridico della sicurezza pubblica della nazione, (vii) sotto un settimo profilo, per il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consistente nel rischio di essere ucciso, perchè pagato per commettere brogli elettorali, che è una situazione riconducibile a ragioni tutelate dalla Convenzione di Ginevra.

In via preliminare, i motivi quattro e sei, che possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili, perchè “aspecifici”, in quanto, manca una critica concreta al ragionamento decisorio del giudice d’appello e si risolvono in una mera ripetizione dell’enunciato che assumono violato.

Il primo motivo è infondato.

Infatti, nei giudizi di protezione internazionale l’esame officioso della situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero svolto dal giudice del merito deve essere specifico e dar conto delle fonti di informazione consultate. Ne consegue che incorre nella violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, oltre che nel vizio di motivazione apparente, la pronuncia che, nel prendere in considerazione la situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero, si limiti a valutazioni solo generiche o comunque non individui le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte (Cass. n. 11101/19).

Nel caso di specie, i giudici d’appello hanno fatto riferimento a fonti informative aggiornate (Report EASO 2017) quando hanno affermato che “lo Stato di Edo, sebbene appartenente all’area geografia del delta del Niger, non risulta direttamente coinvolto negli incidenti che di frequente interessano tale zona”.

Il secondo e terzo motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto, perchè connessi, sono inammissibili perchè propongono una censura di merito al giudizio della Corte d’appello riferita alla ritenuta insussistenza del rischio di subire un grave danno, per il richiedente asilo, in caso di rimpatrio (e ciò, perchè era ricercato dai membri PDP perchè a conoscenza dei brogli elettorali perpetrati).

Il quinto motivo è inammissibile, perchè la Corte d’appello ha escluso la sussistenza di motivi di vulnerabilità, che non sono stati neppure allegati dal ricorrente.

Il settimo motivo è inammissibile, perchè non viene riportato il fatto la cui valutazione sarebbe stata omessa dalla Corte d’appello, così da mettere questa Corte in condizione di valutare la censura.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a pagare all’Amministrazione statale le spese di lite del presente giudizio che liquida nell’importo di Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2020

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