Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13667 del 30/05/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13667 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA
sul ricorso 5288-2010 proposto da:
SARA ASSICURAZIONI S.P.A. 00885091009, in persona del
Direttore Generale p.t. Dott. ALESSANDRO SANTOLIQUIDO,
elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 130,
presso lo studio dell’avvocato TERENZIO ALESSANDRO,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
TERENZIO ENRICO MARIA giusta delega in atti;
– ricorrente contro

GRIMALDI VINCENZO GRMVCN51S03A294P,

elettivamente

domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

Data pubblicazione: 30/05/2013

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’Avvocato GALLONE VALTER giusta delega in atti;
– controricorrente
avverso la sentenza n.

48/2009

della CORTE D’APPELLO

di SALERNO, depositata il 14/01/2009 R.G.N. 1407/07;

udienza del 19/04/2013 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA
AMBROSIO;
udito l’Avvocato ENRICO MARIA TERENZIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto.

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udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 1407 del 14.01.2009 la Corte di appello di
Salerno ha condannato la SARA Assicurazioni s.p.a. a pagare a
Vincenzo Grimaldi la somma di E 49,82, oltre rivalutazione
monetaria e interessi sulla somma progressivamente rivalutata,

10 ottobre 1990, n. 287, per violazione da parte della
compagnia assicuratrice delle norme a tutela della
concorrenza, come accertato con provvedimento 28 luglio 2000
n. 8546 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato
(di seguito A.G.C.M.).
La Corte territoriale ha ritenuto che,

in ragione

dell’intesa intercorsa tra diverse compagnie di assicurazione,
tra cui la SARA s.p.a.
provvedimento

come accertato nel citato

i premi corrisposti dall’attore dal 12.11.1996

al 12.11.1997 su una polizza per la responsabilità civile da
circolazione di vicoli a motore, erano stati superiori a
quelli che gli sarebbero stati altrimenti richiesti ed ha
ritenuto che il danno patito dal Grimaldi potesse stimarsi nel
20% delle somme complessivamente versate.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione la SARA
Assicurazioni s.p.a., affidandosi a due motivi, illustrati
anche da memoria.
Ha resistito Vincenzo Grimaldi, depositando controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col citato provvedimento n. 8546/2000 l’A.G.C.M. sanzionò
un largo numero di società assicuratrici, fra le quali la
ricorrente, per avere posto in essere un’intesa orizzontale,

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quale risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 33 della legge

nella forma di una pratica concordata, consistente nello
scambio sistematico di informazioni commerciali sensibili tra
imprese concorrenti, con riferimento alle polizze di R.C.A.
Rilevò che tanto aveva comportato un notevole incremento dei
premi, nel periodo interessato dal comportamento illecito

vigore in Italia fino al 1994, anteriormente alla
liberalizzazione delle tariffe, sia alla media dei premi sul
mercato europeo, risultata inferiore di circa il 20% rispetto
ai premi praticati in Italia.
Per quanto rileva in questa sede, la Corte d’appello ha
riconosciuto il diritto del Grimaldi al risarcimento del danno
in conseguenza della responsabilità aquiliana della compagnia
di assicurazione sulla base delle seguenti considerazioni:
la sussistenza del danno era da presumere in virtù
dell’argomento connesso all’accertata illegittimità
dell’intesa, quale derivante dal provvedimento dell’A.G.C.M.;
siffatta presunzione non era stata superata dalla
dimostrazione del contrario, secondo l’onere probatorio a
carico della società convenuta; in particolare la compagnia
assicuratrice non aveva fornito alcuna prova idonea ad
escludere il nesso causale che poteva presumersi fra
l’illecito anticoncorrenziale e il suddetto incremento del
premio;
la misura del danno andava determinata in via equitativa
sulla scorta della partecipazione della SARA s.p.a. all’intesa
antitrust.
1.1.

Con il primo motivo d’impugnazione si denuncia

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(anni 1994 -2000) con riferimento sia al livello dei premi in

violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729
cod. civ., artt. 115 e 116 cod. proc. civ., art. 12 disp. gen.
in riferimento alla corretta interpretazione e applicazione
dell’art. 2043 cod. civ. (art. 360 n.3 cod. proc. civ.),
nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione circa un

cod. proc. civ.). Lamenta, a tal riguardo, la ricorrente che
il Giudice del merito – stravolgendo il precedente di questa
Corte di Cassazione del 2 febbraio 2007 n. 2395 – non abbia
preso in considerazione le allegazioni di essa società che
portavano ad escludere che la maggiorazione del premio
assicurativo per le polizze R.C.A. fosse l’effetto di illecita
intesa anticoncorrenziale, essendo, invece, detta
maggiorazione la conseguenza di altri fattori e variabili
incidenti sul prezzo. Il motivo è corredato dal seguente
quesito di diritto:

«Dica la Corte se, nell’azione

risarcitoria proposta dall’assicurato, ai sensi della II comma
dell’art. 33 L. 287/90 nei confronti dell’assicuratore,
qualificata come azione di responsabilità extracontrattuale,
in base ad una corretta interpretazione dell’art. 2043 cod.
civ., alla luce dei principi ermeneutici dettati dall’art. 12
preleggi, la presunzione ex art. 2727 cod. civ. di
responsabilità in capo alla Compagnia Assicuratrice, derivante
dall’allegazione da parte dell’assicurato della polizza RCA e
del provvedimento dell’A.G.C.M. che attesta uno scambio di
informazioni anticoncorrenziali tra compagnie, possa essere
vinta, ex art. 2729 cod. cív., dalle allegazioni della Società
assicuratrice di circostanze documentali, provenienti da

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fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n.5

organismi pubblici di vigilanza, qual è l’ISVAP – che
attestano la lievitazione del costi per il risarcimento danni
(dal 1990 al 1998 del 43%), l’incremento della riserva del
sinistri a seguito della nuova disciplina di calcolo,
l’ipervalutazione del danno biologico, l’aumento della

Assicuratrici ed altri fattori che hanno causato l’incremento
dei prezzi assicurativi – se non contestate dall’attore, tanto
da costituire argomenti di prova per il Giudice, ex artt. 115
e 116 cod. proc, civ., sulle quali fondare il rigetto della
domanda stessa. Dica, conseguentemente la Corte se sia
illegittima la sentenza della Corte d’appello che,
individuando come unico elemento a fondamento del danno il
provvedimento dell’A.G.C.M:

e

senza valutare le anzidette

allegazioni della Società Assicuratrice, accerta il danno in
riferimento ai premi pagati in forza dei soli contratti RCA
prodotti ».
1.2. Il motivo di ricorso va rigettato.
La sentenza n. 2305/2007 di questa Corte – di cui la
ricorrente invoca l’autorità di precedente idoneo a
giustificare la fondatezza delle sue ragioni – si svolge nelle
seguenti proposizioni:
a) l’azione risarcitoria ad istanza dell’assicurato tende
alla tutela dell’interesse giuridicamente protetto (dalla
normativa comunitaria, dalla Costituzione e dalla legislazione
nazionale) a godere dei benefici della libera competizione
commerciale, nonchè alla riparazione del danno ingiusto
consistente nel pagamento di un premio di polizza superiore a

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sinistrosità, l’aumento delle truffe ai danni delle Compagnie

quello che sarebbe stato corrisposto in condizioni di libero
mercato;
b) per ottenere il risarcimento dei danni l’assicurato ha
l’onere di allegare la polizza assicurativa contratta (quale
manifestazione della condotta finale del preteso danneggiante)

dell’assicuratore

all’intesa

anticoncorrenziale

(quale

condotta preparatoria);
c) a fronte di tali adempimenti, il giudice può ravvisare
l’esistenza del nesso causale tra l’illecito e il danno anche
in base a criteri di alta probabilità logica, o per il tramite
di presunzioni probabilistiche, fondate sul rapporto di
sequenza costante tra un dato antecedente e l’effetto che vi
si ricollega;
d) deve essere garantita all’assicuratore la possibilità di
fornire la prova contraria, indicando le circostanze idonee a
dimostrare l’interruzione del nesso causale.
Con successive decisioni (Cass. 10 maggio 2011, n. 10211;
Cass. 26 maggio 2011 n. 11610; Cass. 18 agosto 2011, n. 17362;
Cass. 9 maggio 2012 n. 7039), questa Corte ha, inoltre,
chiarito, così esplicitando ciò che già era parte del suo
precedente arresto, che, qualora l’assicuratore convenuto sia
stato partecipe del giudizio svoltosi davanti all’Autorità
garante e sia stato sanzionato, la prova dell’interruzione del
nesso causale fra l’illecito e l’indebito aumento delle
tariffe non può essere rimessa in discussione con un diverso
apprezzamento delle medesime circostanze di fatto, il cui
accertamento già risulti contenuto nel provvedimento

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e l’accertamento, in sede amministrativa, della partecipazione

sanzionatorio.
In particolare le richiamate decisioni hanno svolto le
considerazioni seguenti:
seppur è vero che l’A.G.C.M. ha inflitto condanna alle
compagnie assicuratrici solo ai sensi dell’art. 2, 2 ° comma,

informazioni un’intesa idonea a falsare il gioco della
concorrenza, ma non un accordo di cartello sul livello dei
prezzi, è indubbio che essa ha concretamente rilevato un
abnorme incremento dei premi relativi alle polizze di R.C.A.,
nel periodo interessato dall’intesa, e che tale rilevazione ha
costituito, da un lato, un presupposto del giudizio di
illiceità del comportamento delle compagnie coinvolte e
dall’altro, un indubbio accertamento dei suoi effetti in danno
degli utenti dei servizi assicurativi,
l’A.G.C.M. aveva accertato che lo scambio di informazioni
era andato ben oltre la finalità – lecita e fisiologica per le
imprese del settore – della semplice comunicazione di dati
rilevanti per la determinazione del cd. premio puro (cioè di
quella parte del premio che è commisurata alla natura e
all’entità dei rischi), essendosi esso esteso a comprendere i
cd. dati sensibili, che concorrono a determinare l’importo del
premio commerciale, che è quello concretamente convenuto in
polizza e che include, oltre al premio puro, le imposte,
caricamenti corrispondenti ai costi ed alle spese generali e
soprattutto l’utile di impresa;
il provvedimento sanzionatorio aveva accertato non solo il
carattere potenzialmente lesivo dei benefici della concorrenza

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legge n. 287 del 1990, ravvisando nello scambio di

e degli interessi economici dei consumatori, ma anche il fatto
che tale comportamento aveva prodotto un’ingente e
ingiustificata lievitazione dei premi sul mercato generale
italiano delle polizze R.C.A., poichè lo scambio di
informazioni aveva anche permesso di incrementare la frequenza

annuale, nel primo anno di liberalizzazione, alle oltre
quattro variazioni del 1999, con la conseguenza che l’illecita
intesa si era tradotta in un danno economico di rilevante
importo per la massa generalizzata degli utenti dei servizi
assicurativi;
pur dovendosi ribadire il principio (Cass. civ. 2305/2007)
per cui la compagnia assicuratrice, convenuta in risarcimento
dei danni, deve essere sempre ammessa alla prova contraria
alla suddetta presunzione di responsabilità – sia con riguardo
alla sussistenza del nesso causale fra l’illecito
concorrenziale e il danno, sia per quel che concerne l’entità
del danno medesimo – tale prova contraria non può avere ad
oggetto circostanze attinenti alla situazione generale del
mercato assicurativo, bensì deve riguardare situazioni e
comportamenti specifici di essa impresa di assicurazioni; né
la compagnia assicuratrice, che abbia partecipato al giudizio
dinanzi all’Autorità garante, può rimettere in discussione le
medesime circostanze di fatto già accertate nel provvedimento
sanzionatorio di detta Autorità in ordine alla sussistenza del
nesso eziologico tra la condotta illecita e l’aumento delle
tariffe.
2.2. Orbene la Corte di appello si è uniformata alle regole

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degli aumenti di tariffa, passati dall’unica variazione

di diritto indicate da questo giudice di legittimità, dato che
la condanna della compagnia di assicurazione è stata basata
sul giudizio probabilistico di cui innanzi, desunto dalle
stesse circostanze accertate dall’Autorità garante, traendone
la conferma, alla luce dell’aumento effettivamente verificato,

in cui la compagnia è stata ritenuta partecipe del
comportamento collusivo, è ingiustificatamente elevato, nella
misura indicata. Invero il provvedimento sanzionatorio non ha
accertato solo il carattere potenzialmente lesivo dei benefici
della concorrenza e degli interessi economici dei consumatori,
ma anche che tale comportamento ha prodotto un’ingente e
ingiustificata lievitazione dei premi sul mercato generale
italiano delle polizze RCA. Si tratta di dati concreti, idonei
a fondare il convincimento del giudice, in sede di delibazione
delle domande risarcitorie, senza che ricorra alcuna
violazione dei principi in tema di presunzioni.
La ricorrente addebita ancora alla Corte di appello di
avere trascurato di esaminare i documenti da essa prodotti,
cioè un parere dell’ISVAP del 14 luglio 2000, ed altro
Provvedimento dell’A.G.C.M. (n. 11891 del 17 aprile 2003) nei
quali sono indicati i fattori autonomamente rilevanti che
avrebbero provocato l’aumento dei premi, indipendentemente
dall’illecita intesa fra le compagnie.
Senonchè né l’uno, né l’altro documento sono idonei a
concretare la prova contraria nei termini sopra precisati.
Invero come è stato già evidenziato in altre decisioni di
questa Corte, relativi a casi analoghi, se non identici (per

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che il premio applicato in polizza all’assicurato, nel periodo

tutte v. Cass. 18 agosto 2011, n. 17362) -i dati contenuti
nel parere dell’ISVAP sono stati già sottoposti all’esame
dell’A.G.C.M., che li ha ritenuti inidonei ad escludere sia il
comportamento collusivo, sia gli effetti dannosi che ne sono
derivati in termini di incremento dei prezzi per i

denunciate dalle compagnie assicuratrici sono anche effetto di
inefficienze produttive e del mancato controllo dei costi,
conseguente alla violazione delle regole della concorrenza.
Anche il provvedimento 17 aprile 2003, n. 11891 conferma anzichè disattendere – gli accertamenti di cui sopra circa
l’abnorme incremento dei premi in Italia dopo il 1994 e
l’anomalia del mercato italiano nel contesto dei Paesi UE..
A fronte di siffatte conclusioni, quanto al dedotto vizio
motivazionale, la censura di cui al primo mezzo di doglianza,
difetta, anzitutto, del requisito dell’autosufficienza dal
momento che la società ricorrente non riproduce i documenti a
suo dire attestanti la lievitazione dei costi per il
risarcimento danni, l’incremento della riserva dei sinistri a
seguito della nuova disciplina di calcolo, l’ipervalutazione
del danno biologico, l’aumento della sinistrosità, l’aumento
delle truffe ai danni delle compagnie assicuratrici e non
indica “gli altri fattori”, che avrebbero causato l’incremento
dei prezzi assicurativi.
In ogni caso, è da dire che la ricorrente sollecita in
questa sede un diverso ed inammissibile apprezzamento degli
indicati elementi, che il giudice del merito ha reputato, nel
loro insieme, inidonei a fornire la prova contraria alla

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consumatori; con l’ulteriore specificazione che le perdite

presunzione a carico della società assicuratrice e del tutto
generici anche per l’ammissione di consulenza tecnica
d’ufficio.
2. Con il secondo motivo d’impugnazione si denuncia
violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 277 cod.

riferimento alla corretta interpretazione e applicazione degli
artt. 2043, 2697 e 2729 cod. civ. (art.360 n.3 cod. proc.
civ.), nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su
un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n.5
cod. proc. civ.). Assume, in particolare, la ricorrente che,
poichè il giudice amministrativo, innanzi al quale era stato
impugnato il provvedimento dell’A.G.C.M., aveva accertato la
non gravità della condotta di essa società, ciò avrebbe dovuto
indurre il giudice del merito ad escludere l’efficacia
presuntiva del provvedimento stesso quanto al nesso di
causalità tra intesa anticoncorrenziale e danno
dell’assicurato. A conclusione del motivo, la società
ricorrente ha formulato il seguente quesito di diritto:

«Dica

la Corte se, nell’azione risarcitoria proposta dall’assicurato
al sensi del II coma dell’art. 33 L. 287/90 nei confronti
dell’assicuratore, l’efficacia presuntiva del provvedimento
che attesti uno scambio di informazioni
anticoncorrenziali tra compagnie possa essere vinta
dall’allegazione, da parte della Compagnia Assicuratrice,
dell’esito del giudizio amministrativo relativo a tale
provvedimento, che vede annullati per le società ricorrenti
due capi del provvedimento stesso, diversificando la posizione

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proc. civ. e 12 delle disposizioni sulla legge in generale in

di dette compagnie, e che accerta, nel merito, che l’Autorità
non ha esteso la sua indagine agli effetti concreti della
pratica contestata. Dica conseguentemente la Corte se sia
illegittima la sentenza della Corte d’appello che, non
considerando la diversificazione delle posizioni a seguito del

del Giudice amministrativo, accerta un danno in riferimento al
provvedimento come unica condotta preparatoria,
esset

tamquam non

la sentenza del Consiglio di Stato, attribuendo in

motivazione effetti contraddetti dal provvedimenti giudiziari
indicati ed allegati »
2.2. Non può essere accolto neppure il secondo motivo
dell’impugnazione, con il quale la società sostanzialmente
assume che l’accertata sua minima partecipazione all’intesa
anticoncorrenziale – secondo quanto era emerso dalla decisione
del giudice amministrativo, che aveva ritenuta non grave la
sua condotta – doveva essere ragione sufficiente ad escludere
l’efficacia presuntiva del provvedimento sanzionatorio
dell’A.G.C.M. quanto al nesso di causalità tra intesa
anticoncorrenziale e danno dell’assicurato.
E’ sufficiente osservare, sul punto, che la misura del
ridotto apporto causale all’intesa anticoncorrenziale non
esclude, per il soggetto partecipante, l’illiceità della
condotta ai fini della conseguente sua responsabilità per
danni ai sensi della L. n. 287 del 1990, art. 33, comma 2,
tenuto conto che la stessa sentenza del Consiglio di Stato ha
ribadito, anche per la società ricorrente, la sussistenza
della fattispecie sanzionata, costituita proprio dallo scambio

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giudizio amministrativo, ed ignorando le valutazioni di merito

di informazioni ritenuto, di per sè, restrittivo della
concorrenza ed idoneo a fondare la prova presuntiva della
sussistenza del danno dell’assicurato.
Invero il diverso grado di intensità della violazione non
ha alcuna incidenza sul risarcimento del danno dell’assicurato

anticoncorrenziale.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in
dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 140
del 2012, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al
rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in
C 1.400,00 (di cui C 200,00 per esborsi) oltre accessori come
per legge.

che risulta fondato sulla partecipazione della SARA all’intesa

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