Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13664 del 05/07/2016

Cassazione civile sez. II, 05/07/2016, (ud. 19/04/2016, dep. 05/07/2016), n.13664

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21996/2012 proposto da:

F.G.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

MAZZINI 15, presso lo studio dell’avvocato ENRICO GABRIELLI, che

lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati MAURIZIO GALBIATI,

ALDO GIUSEPPE SACCHI;

– ricorrente –

contro

COMMISSIONE NAZIONALE SOCIETA’ E BORSA, elettivamente domiciliata in

ROMA, V. G. B. MARTINI 3, presso lo studio dell’avvocato

ELISABETTA CAPPARIELLO, che la rappresenta e difende unitamente

agli avvocati SALVATORE PROVIDENTI, GIANFRANCO RANDISI;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

14/02/2012; (RGVG 59574/10);

udita la relazione della causa svolta titilla pubblica udienza del

19/04/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito gli Avvocati Gabrielli e Cappariello;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 14/02/2012, la CORTE D’APPELLO di ROMA (dichiarata competente da questa Corte con ordinanza n. 10923 del 5 maggio 2010 resa a seguito di regolamento di competenza) ha rigettato l’opposizione proposta da F.G.R. contro la Delib.

5 dicembre 2007 della CONSOB, che aveva applicato al F., quale esponente aziendale della Merrill Lynch International, una sanzione pecuniaria di Euro 100.000,00, ex art. 195 TUF, con riferimento alla violazione degli obblighi di comunicazione di cui del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 120 e 121 e art. 119 del Regolamento CONSOB 11971/1999, quanto alla titolarità, posseduta alla data dell’11 maggio 2005, in misura superiore al 5%, della partecipazione al capitale di FIAT s.p.a..

Il F. aveva chiesto l’annullamento del provvedimento sanzionatorio e di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti, lamentando i seguenti sei punti di critica.

1) La violazione della L. n. 689 del 1981, art. 3 e del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 193, comma 2, avendo la CONSOB sanzionato un soggetto non legittimato, perchè, in caso di partecipazione detenuta da una persona giuridica, la violazione dell’obbligo di comunicazione sarebbe stata imputabile solo all’ente, quale autore dell’illecito, e non ai suoi amministratori o funzionari. Al riguardo, la Corte di Roma affermava la legittimità dell’ordinanza ingiunzione intimata alla persona fisica, attesa la personalità della responsabilità nel sistema della L. n. 689 del 1981. I giudici del merito consideravano, invece, inammissibile il motivo aggiunto di opposizione, dedotto soltanto in memoria depositata in corso di giudizio, con cui si deduceva che il F. rivestisse nell’organizzazione della Merrill Lynch International mansioni meramente esecutive e non apicali, tali da non imporgli l’obbligo di comunicazione della partecipazione in FIAT. 2) La violazione imputabile alla CONSOB dei limiti di durata del procedimento sanzionatorio previsti della L. n. 241 del 1990, artt. 1 e 21 bis e dalla Delib. CONSOB del 2 agosto 2000, n. 12697. Questo motivo di opposizione veniva disatteso dalla Corte d’Appello di Roma, stante l’irrilevanza del rispetto di detti termini alla stregua della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21-octies, comma 2.

3) La tardività della notificazione del provvedimento sanzionatorio nella sua traduzione in lingua inglese rispetto al termine fissato per la conclusione del procedimento. Anche tale vizio veniva ritenuto superato dalla Corte di merito per effetto della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21-octies, comma 2.

4) La violazione delle disposizioni procedimentali di cui della L. n. 262 del 2005, art. 24 e della L. n. 241 del 1990, art. 3, quanto alla distinzione tra funzioni istruttorie e decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione ed all’obbligo di motivazione del provvedimento finale. Al riguardo, il decreto qui impugnato rilevava che l’opponente si dolesse, in realtà, soltanto della circostanza che l’Ufficio Sanzioni Amministrative e, in seguito, la commissione avessero recepito le valutazioni della Divisione Emittenti: ma l’accoglimento da parte dell’organo decisorio delle valutazioni dell’organo istruttorio non rivelerebbe alcuna indebita commistione tra gli organi. Quanto al difetto di motivazione, la Corte di Roma replicava che il provvedimento sanzionatorio avesse richiamato per relationem le motivate proposte dell’Ufficio Sanzioni Amministrative, contestualmente notificate.

5) La violazione della L. n. 689 del 1981, art. 16 e della L. n. 262 del 2005, art. 24, quanto al mancato accoglimento della richiesta dell’incolpato di definizione del procedimento sanzionatorio con il pagamento in misura ridotta. Il motivo veniva ritenuto dalla Corte d’Appello infondato, atteso che l’illecito contestato al F. era stato commesso prima dell’entrata in vigore del citato art. 24.

6) Da ultimo, l’opponente affermava l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio, giacchè adottato nonostante il complesso delle circostanze indiziarie raccolte dalla CONSOB durante l’istruttoria non possedesse i requisiti di cui all’art. 2729 c.c..

Il decreto impugnato ha disatteso anche quest’ultimo motivo di opposizione, affermando che il quadro indiziario emerso dagli accertamenti dell’autorità di vigilanza e documentato dalle produzioni presentasse i requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui all’art. 2729 c.c..

Illustra la Corte di Roma come tutta la vicenda si snodi intorno a cinque contratti di equity swap stipulati dalla Menill Lynch International nel 2005. Il primo di tali contratti, concluso il 26 aprile 2005 con Exor Group S.A. (EXOR), società di diritto lussemburghese esercitante il controllo su FIAT, prevedeva anche l’acquisto sul mercato da parte di M.L.I. di 90 milioni di titoli azionari FIAT con regolazione in contanti, salvo eventuale accordo per la consegna materiale delle azioni; gli altri quattro equity swap, di copertura, avevano invece ad oggetto azioni FIAT acquistate da M.L.I. in esecuzione del contratto del 26 aprile 2005, di cui due conclusi il 6 ed il 13 maggio 2005 con ING Bank N.V. (ING) aventi ad oggetto azioni FIAT, rispettivamente per 18 e 13,5 milioni di titoli che erano contestualmente ceduti a ING; ed altri due stipulati il 20 maggio e il 3 giugno 2005 con Carter Allen International Limited (CAIL), aventi a oggetto ciascuno, 13,5 milioni di azioni FIAT che erano contestualmente cedute a CAIL. I cinque contratti erano tutti risolti anticipatamente con accordi in data 15 settembre 2005: i quattro equity swap di copertura con cash settlement e contestuale vendita, apparentemente over the counter, a MLI da parte di ING e CAIL di azioni FIAT in numero, rispettivamente, di 31,5 e 27 milioni; il contratto EXOR-MLI, previo accordo di physical settlement, con la consegna a EXOR, eseguita il 20 settembre 2005, di 82,25 milioni di azioni FIAT. Questi cinque equity swap stipulati nel 2005 da MLI aventi ad oggetto titoli FIAT, ad avviso del decreto impugnato, dovevano porsi in collegamento con le coeve vicende, risultanti dagli atti di causa, riguardanti l’azionariato FIAT. La FIAT, all’epoca dei fatti principale azienda metalmeccanica italiana, sotto il controllo della famiglia A. (cui faceva capo una serie di società che comprendeva, tra le altre, la G.A. & C. s.a.p.a., la IFI spa, la EXOR Group SA e la IFIL spa, quest’ultima titolare del pacchetto di controllo), aveva ricevuto nel 2002 un ingente finanziamento bancario di 3 miliardi di Euro con scadenza 20 settembre 2005 e possibilità di rimborso, oltre che per contanti, mediante compensazione con il pattuito obbligo di sottoscrizione da parte degli istituti di credito di azioni FIAT di nuova emissione.

Dagli atti emergeva anche che la situazione finanziaria della FIAT non fosse, tra la fine del 2004 e l’inizio del 2005, delle più floride, sicchè era concretamente valutata la possibilità di provvedere al rimborso mediante compensazione con l’obbligo di sottoscrizione da parte delle banche di nuove azioni FIAT, possibilità che era fonte di preoccupazione per il Gruppo A., il quale avrebbe così perso il controllo sulla società in favore delle banche. Da ciò i contatti intercorsi tra l’autunno del 2004 e l’aprile del 2005 tra la M.L.I. e esponenti del Gruppo A., dai quali nacque la proposta di M.L.I. di far ricorso alla stipula di un contratto di equity swap con simultaneo acquisto da parte della stessa M.L.I., nell’interesse di IFI., di azioni FIAT in misura corrispondente al 10% del capitale per circa 90-95 milioni di azioni, in maniera da impedire la perdita del controllo sulla FIAT nonostante l’aumento di capitale.

La CONSOB, nella motivazione del provvedimento sanzionatorio, evidenziava che le operazioni su azioni FIAT poste in essere da M.L.I. con I.N.G. e C.A.I.L. discendessero dal contratto di swap stipulato precedentemente dalla stessa M.L.I. con EXOR;

sottolineava le particolari modalità attraverso cui era avvenuta la stipula dei quattro equity swap con I.N.G. e C.A.I.L., con la previsione, contestuale alla stipula dei derivati, della cessione da parte di M.L.I. agli intermediari I.N.G. e C.A.I.L. delle azioni FIAT necessarie a costituire la copertura di tali contratti, e poi la retrocessione, all’atto della chiusura degli swap, delle azioni FIAT da tali intermediari a M.L.I.; riferiva come, quantomeno dal 15 luglio 2005, M.L.I. avesse comunicato al proprio cliente EXOR di poter “richiamare” i titoli da ING e CAIL senza rappresentare alcuna difficoltà; specificava come lo swap M.L.I./EXOR fosse poi stato chiuso il 15 settembre 2005 tramite cessione da parte di M.L.I. a EXOR di 82,25 milioni di azioni FIAT, che la stessa M.L.I. aveva reperito, in gran parte attraverso l’acquisto dei titoli sottostanti gli swap stipulati con ING e CAIL;

rappresentava CONSOB, infine, come la documentazione acquisita escludeva che ING e CAIL dovessero esprimere un consenso alla consegna finale delle azioni FIAT alla data del 15 settembre 2005.

La Corte di Roma reputava non attendibili le dichiarazioni rese all’organo di vigilanza dai funzionari di CAIL e di ING, i quali avevano negato l’esistenza di accordi con M.L.I. che prevedessero l’obbligo di mantenere le azioni FIAT acquistate a disposizione della cedente e di ritrasferirle al momento della chiusura degli swap di finanziamento. L’esistenza di un obbligo di riconsegna di tali azioni è stata ritenuta avvalorata anche da corrispondenza proveniente dai soggetti finanziatori (si fa riferimento ad un messaggio di posta elettronica inviato da un funzionario I.N.G. in data 18 maggio 2005, dove si parlava di mandatory recali delle azioni FIAT).

In definitiva, il decreto della Corte di merito concludeva per la legittimità del provvedimento sanzionatorio, traendosi la prova dell’esistenza di un diritto di richiamo da parte di MLI delle azioni FIAT cedute a I.N.G. e C.A.I.L. non dalla presunzione dell’esistenza di una dissimulata pattuizione di obbligatoria consegna materiale da parte di MLI a EXOR delle azioni FIAT oggetto dello swap dell’aprile 2005, quanto dalla presunzione complessivamente risultante dai cinque equity swap, con correlati obblighi in capo a M.L.I. di consegnare a EXOR le azioni da essa acquistate e in capo a I.N.G. e C.A.I.L. di ritrasferire a M.L.I. le azioni da quest’ultima cedute.

Avverso il decreto del 14/02/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA, F.G.R. ha proposto ricorso articolato in quattro motivi. CONSOB resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso di F.G.R. deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, artt. 3 e 6, dell’art. 193, comma 2 e art. 120 TUF, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Si contesta che la violazione degli artt. 193, comma 2, e 120 TUF, per l’omissione dell’obbligo di comunicazione, non possa essere imputata al F., dovendo tale obbligo gravare in capo alla Merrill Lynch International, della quale il ricorrente era un semplice dipendente. Lo stesso decreto impugnato non conterrebbe alcun passaggio motivazionale che statuisse che il F. fosse l’effettivo responsabile dell’illecito.

Viene in sostanza argomentato il “difetto di legittimazione passiva sostanziale” del ricorrente.

Il secondo motivo di ricorso allega la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 3, dell’art. 193, comma 2 e art. 120 TUF, e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Il ricorrente si duole che la Corte d’Appello non abbia preso in considerazione le argomentazioni da lui svolte nella memoria autorizzata depositata il 25 marzo 2011, della quale trascrive in ricorso integralmente il contenuto. Vi si assume che il provvedimento sanzionatorio non dovesse comunque emettersi nei confronti del F., in quanto dipendente in posizione non apicale all’interno di M.L.I., e quindi non tenuto agli obblighi di comunicazione di cui all’art. 120 TUF. Nè tale difesa potrebbe costituire un inammissibile nuovo motivo di opposizione, essendo essa, piuttosto, frutto dello sviluppo del contraddittorio. Si richiamano documenti prodotti nella fase di merito.

Il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 195, comma 2, TUF, della L. n. 262 del 2005, art. 24, della L. n. 241 del 1990, art. 3 e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Nell’esposizione della censura si lamenta la motivazione erronea della Corte di Roma sui dedotti profili di inosservanza dei principi del contraddittorio, della distinzione fra funzioni istruttorie e decisorie e della motivazione, ed anzi si osserva che la Corte d’Appello di Roma abbia omesso ogni pronuncia in proposito.

Il quarto motivo censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 193 e 120 TUF, dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Il ricorrente sostiene che dalla medesima istruttoria CONSOB sarebbe risultato come non fosse stato stipulato nessun patto tra le banche e M.L.I. volto ad attribuire a quest’ultima la facoltà di ottenere la consegna dei titoli FIAT; nè del resto sarebbe stato accertato quali soggetti nell’ambito di C.A.I.L. e di I.N.G. avessero concluso un accordo con M.L.I. di tale contenuto. Si contesta anche la sussistenza degli asseriti indici presuntivi che hanno consentito alla Corte di merito di ritenere logicamente deducibile la sussistenza di una facoltà in capo a M.L.I. di ottenere da C.A.I.L. e da I.N.G. la riconsegna dei titoli FIAT sottostanti gli swap di copertura.

Il primo ed il secondo motivo di ricorso, dei quali è opportuna la trattazione congiunta per la loro connessione, risultano fondati, nei limiti che di seguito si preciseranno.

L’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 120 TUF, e sanzionato ai sensi dell’art. 193 TUF (nelle formulazioni di tali norme applicabili ratione temporis), grava su “coloro che partecipano” in misura rilevante in un emittente azioni quotate.

Il vigente comma 2 dell’art. 193 TUF (dapprima modificato dalle L. 18 aprile 2005, n. 62, poi ancora dal D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 195, quindi dal D.Lgs. 12 maggio 2015, n. 72, e da ultimo sostituito dal D.Lgs. 15 febbraio 2016, n. 25), distingue ora le sanzioni per i casi di omissione delle comunicazioni delle partecipazioni rilevanti nei confronti di società, enti o associazioni, e per i casi di comunicazioni dovute da una persona fisica, ovvero ancora nei confronti dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione o di controllo, nonchè del personale, qualora la loro condotta abbia contribuito a determinare dette violazioni da parte della persona giuridica.

L’art. 195, comma 9, TUF, poi abrogato dal D.Lgs. 12 maggio 2015, n. 72, prevedeva che le società e gli enti ai quali appartenessero gli autori delle violazioni rispondessero, in solido con questi, del pagamento della sanzione. Al riguardo, questa Corte aveva più volte affermato il principio secondo cui, in tema di sanzioni amministrative pecuniarie in materia di intermediazione mobiliare, destinatari del decreto di applicazione delle sanzioni, emesso dal Ministero dell’Economia e Finanze su proposta della Consob, potessero essere sia gli amministratori, i sindaci e il direttore generale della società, che la società, solidalmente obbligata con gli autori delle violazioni, rientrando nella discrezionalità del Ministero dell’Economia e delle Finanze agire contro tutti i coobbligati o contro l’uno o l’altro di questi (Cass. 15/12/2006, n. 26944; Cass, 11/02/2009, n. 3401).

E’ da condividere l’interpretazione sull’ambito soggettivo dell’illecito in esame proposta dalla controriccorrente CONSOB (pagine 17 e seguenti di controricorso), secondo cui, nel sistema originario dell’art. 193, comma 2 e art. 120, comma 2, l’obbligo informativo della partecipazione rilevante in società con azioni quotate, sanzionato in caso di omissione, gravasse sia sulla persona fisica titolare della relativa partecipazione, sia su quella tenuta ad assolvere alle comunicazioni in nome e per conto di una persona giuridica che possieda le partecipazioni in una società quotata, ovvero sul soggetto all’uopo designato nell’ambito dell’organizzazione societaria, e ciò sulla base della definizione dei compiti e delle responsabilità di chi sia inserito nella struttura dell’impresa.

Va allora detto che il decreto della Corte d’appello di Roma si sofferma lungamente sui motivi che avrebbero imposto alla Merril Lynch International l’obbligo di comunicazione della partecipazione al capitale di Fiat s.p.a. in misura superiore al 5%, con particolare riguardo alle azioni che costituivano il sottostante di strumenti finanziari derivati (equity swaps) i quali, in virtù di accordi presuntivamente ricostruiti, avrebbero consentito alla stessa M.L.I.” su propria ed esclusiva iniziativa, il diritto incondizionato o, quanto meno la discrezionalità, di “richiamare”, tramite consegna fisica, dette azioni sottostanti.

Nulla però si dice sulla circostanza che F.G.R. fosse, ad esempio sulla base dell’atto costitutivo della Merril Lynch International, la persona determinata fornita del potere di rappresentanza della stessa, in quanto tale obbligato all’adempimento della mancata comunicazione; nè si fa riferimento ad altro atto organizzativo interno, con cui il medesimo F. venisse individuato, nell’ambito dell’organizzazione della M.L.I. e del relativo assetto distributivo di compiti e responsabilità, quale soggetto deputato ad assolvere all’obbligo di comunicazione della acquisita partecipazione rilevante in Fiat s.p.a. L’unica qualifica attribuita nel provvedimento impugnato al F. è quella di “esponente aziendale della Merril Lynch International”, status di per sè troppo generico per essere sufficiente ad accollare al ricorrente il ruolo di soggetto attivo dell’illecito omissivo contestatogli.

Dal decreto della Corte di merito, si apprende che F. con il suo primo motivo di opposizione avesse obiettato di non essere il soggetto legittimato rispetto alla sanzione irrogata, essendo, a suo dire, imputabile la violazione dell’obbligo di comunicazione soltanto alla Merril Lynch International. Di seguito, con memoria depositata in corso di giudizio, l’opponente aveva altresì dedotto, viste le sue mansioni meramente esecutive e non apicali, di non essere la persona fisica cui, nell’ambito dell’organizzazione della M.L.I., fosse ascrivile l’obbligo di comunicazione della partecipazione in FIAT. Questa ultima contestazione veniva però ritenuta dalla Corte d’Appello di Roma “un motivo aggiunto di opposizione introduttivo di un tema d’indagine del tutto nuovo che va dichiarato inammissibile stante la natura impugnatoria del giudizio”. In proposito, costituisce certamente interpretazione consolidata di questa Corte quella secondo cui il giudizio di accertamento della pretesa sanzionatoria dell’amministrazione, introdotto con ricorso ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, artt. 22 e 23 (nella formulazione anteriore al D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150), configurandosi come giudizio di cognizione regolato dalla normativa speciale citata, trova il suo oggetto delimitato dai motivi di opposizione (Cass. 10/08/2007, n. 17625; Cass. 25/03/2005, n. 6519).

Tuttavia, l’opponente F.G.R., attraverso la contestazione della sua qualifica di soggetto onerato, nell’ambito dell’organizzazione della M.L.I., dell’obbligo di comunicazione dell’acquisita partecipazione rilevante in Fiat s.p.a., ha in realtà negato l’esistenza dei fatti costitutivi della pretesa sanzionatoria azionata dalla CONSOB, limitandosi ad una presa di posizione negativa, di per sè nemmeno incompatibile con l’iniziale prospettazione difensiva che individuava soltanto nella M.L.I. l’autore dell’illecito. Trattasi, allora, di contestazione che ha natura di mera difesa, proponibile in ogni fase del giudizio, e che doveva perciò essere presa in considerazione dalla Corte del merito, attenendo alla doverosa verifica di fondatezza della domanda in concreto proposta (arg. da Cass. sez. un. 16/02/2016, n. 2951).

Stante l’accoglimento, per quanto di ragione, del primo e del secondo motivo di ricorso, rimangono assorbiti i motivi terzo e quarto.

L’impugnato decreto va perciò cassato e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, la quale riesaminerà i punti e le questioni relativi alle censure accolte, attenendosi ai principi ed ai rilievi come sopra enunciati.

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio di legittimità

P.Q.M.

La Corte accoglie, per quanto di ragione, il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiarando assorbiti i motivi terzo e quarto, cassa il decreto impugnato in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2016

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