Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13663 del 22/06/2011

Cassazione civile sez. un., 22/06/2011, (ud. 24/05/2011, dep. 22/06/2011), n.13663

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. DE LUCA Michele – Pres. di sezione –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende per legge;

– ricorrente –

contro

A.F., elettivamente domiciliato in Roma, via Panama 68,

presso l’avv. prof. PUOTI Giovanni, che lo rappresenta e difende,

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

(Roma), Sez. n. 38, n. 02/38/09, del 27 ottobre 2008, depositata il

26 gennaio 2009, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24

maggio 2011 dal Consigliere Raffaele Botta;

uditi gli avv.ti Alessandro De Stefano, Alessandro Maddalo e Maria

Pia Camassa, per l’Avvocatura Generale dello Stato, e avv. Giovanni

Puoti per il controricorrente;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. CENICCOLA

Raffaele che ha concluso per la decisione dei ricorsi con

applicazione del principio del duplice criterio di tassazione (Cass.

n. 22974/10 e 27928/09) fino all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 47

del 2000 (1/1/2001), che ha introdotto il criterio unico della

tassazione separata.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione da parte del contribuente del silenzio rifiuto opposto dall’amministrazione ad una sua istanza di rimborso delle ritenute operate dal FONDENEL (in precedenza denominato PIA) nel momento in cui, al momento della cessazione del rapporto di lavoro come dirigente ENEL, il fondo previdenziale predetto gli aveva corrisposto una somma di denaro, in luogo de trattamento di pensione integrativa.

La somma corrisposta era frutto della trasformazione, avvenuta nel 1986, di un trattamento assicurativo in base a polizza attivata dall’azienda per i propri dirigenti in un rapporto previdenziale, che al momento della cessazione del rapporto di lavoro prevedeva la corresponsione di una rendita previdenziale o, in caso di opzione del dipendente per questa alternativa (come era avvenuto nel caso di specie), di un capitale.

Ad avviso del contribuente la somma percepita avrebbe dovuto essere tassata operando una ritenuta del 12,50%, come i redditi di capitale, la cui base imponibile è determinabile secondo le disposizioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42, comma 4, (nel testo vigente precedentemente alla riforma del 2004, ora art. 44).

La Commissione adita accoglieva la richiesta formulata dal contribuente ed affermava la tassabilità della somma dallo stesso percepita mediante la ritenuta del 12,50%. L’appello dell’Ufficio era rigettato, con la sentenza in epigrafe, la quale riteneva che le somme versate dai fondi complementari, cui il dipendente si era iscritto prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, andavano tassate ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42, comma 4, con la ritenuta d’acconto del 12,50% sulla differenza fra il capitale corrisposto ed i premi riscossi.

Avverso tale sentenza, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione con sette motivi. Resiste il contribuente con controricorso.

La causa a seguito dell’ordinanza n. 21684/10 depositata il 22 ottobre 2010 e pronunciata in causa analoga, è stata rimessa su istanza di parte controricorrente al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite in considerazione della particolare importanza della questione proposta con il ricorso e della riscontrata possibilità della formazione di un contrasto all’interno della sezione. Per tali ragioni la causa è oggi chiamata innanzi a queste Sezioni Unite. Entrambi le parti hanno depositata memoria.

Motivazione:

1. I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione logica. Con essi l’amministrazione contesta, sotto il profilo della violazione di legge – lamentando violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, lett. a), art. 17, e art. 42, comma 4, (nel testo vigente ratione temporis), D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 1, comma 5, (convertito con L. 28 febbraio 1997, n. 30) – e del vizio di motivazione (sulla natura e sul titolo dell’erogazione della prestazione in questione), la soluzione adottata dalla sentenza impugnata.

1.1. Ad avviso dell’amministrazione, anteriormente alla riforma di cui al D.Lgs. 124 del 1993, la ritenuta d’imposta del 12,50% andava applicata “alle sole prestazioni in forma di capitale corrisposte in dipendenza di contratti di assicurazione vita o fondi assicurativi”:

non certo alle prestazioni relative ad un trattamento pensionistico integrativo, che devono intendersi soggette a tassazione separata ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 16 e 17. Ove mai si ritenesse che la prestazione sia stata corrisposta in dipendenza di un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione, l’aliquota del 12,50% potrebbe trovare esclusiva applicazione alla sola parte della prestazione stessa costituita dal rendimento.

2. Si tratta della questione sulla quale queste Sezioni Unite sono chiamate a pronunciarsi, sia per l’importanza che deriva dalla estesa platea dei contribuenti interessati, sia per il profilarsi di un possibile Giemme New S.r.l.

contrasto di posizioni nella giurisprudenza della Sezione tributaria della Corte.

3. In particolare le posizioni che si sono andate delineando circa la interpretazione della normativa applicabile fanno riferimento a due alternative esegesi: una prima, che individua un duplice criterio di tassazione; una seconda, che individua un unico criterio di tassazione.

3.1. Nel primo filone si colloca la sentenza 30 dicembre 2009, n. 27928, che ha affermato il seguente principio: “In tema di fondi previdenziali integrativi, la disciplina impositiva di cui al D.Lgs. n. 124 del 1993,- che rinvia al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, ed al relativo regime di tassazione separata – si riferisce, secondo l’interpretazione fornita dal D.L. n. 669 del 1996, art. 1, comma 5, (convertito nella L. n. 30 del 1997), esclusivamente ai lavoratori iscritti alle forme pensionistiche complementari successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 cit. e non è, quindi, applicabile a quelli già iscritti a forme pensionistiche complementari. Pertanto, se a tali lavoratori, al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, siano corrisposte somme costituite in parte da capitale riveniente dai contributi versati e per il residuo dai rendimenti netti realizzati attraverso la gestione della sorte capitale, il predetto regime di tassazione separata si applica alla sola attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, in quanto disciplina riguardante tutti i redditi comunque dipendenti da quel rapporto, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento — costituenti mero reddito di capitale non legato al rapporto di lavoro – si applica la ritenuta del 12,50% prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6”.

3.2. La sentenza, pronunciata in una controversia avente ad oggetto una istanza di rimborso di un dirigente ENEL (come nel caso in esame), risulta seguita in termini dalla successiva sentenza 12 novembre 2010, n. 22974, anch’essa pronunciata in una controversia avente ad oggetto una istanza di rimborso di un dirigente ENEL, che ha affermato il seguente analogo principio: “In tema di fondi previdenziali integrativi, la disciplina impositiva di cui al D.Lgs. del 21 aprile 1993, n. 124, art. 13, comma 9, – che rinvia al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, ed al relativo regime di tassazione separata – si riferisce, secondo l’interpretazione fornita dal D.L. n. 669 del 1996, art. 1, comma 5, (convertito nella L. n. 30 del 1997), esclusivamente ai lavoratori iscritti alle forme pensionistiche complementari successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 citato e non è, quindi, applicabile a quelli già iscritti a forme pensionistiche complementari, nè si riferisce all’erogazione di capitali, sotto forma di pensione integrativa e per effetto di contratti assicurativi sulla vita; si tratta di un regime derogatorio che, abrogato dal D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, art. 3, si applica ai capitali percepiti sino al 1 gennaio 2001. Ne consegue che, in caso di lavoratore già iscritto alla previdenza integrativa prima del D.Lgs. n. 124 del 1993, sulle somme percepite entro la menzionata data de 1 gennaio 2001, la tassazione separata trova applicazione solo per le attribuzioni relative a redditi derivanti da rapporto di lavoro, in cui la contrattazione previdenziale integrativa rinviene la propria causa, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del rendimento, cioè i proventi da gestione di capitale, si applica la ritenuta del 12,50%, già prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6”.

3.3. Nel secondo filone si colloca la sentenza 7 maggio 2010, n. 11156, che ha affermato il seguente principio: “In tema di IRPEF, la prestazione di capitale che un fondo di previdenza complementare per il personale di un istituto bancario (nella specie, il Fondo di Previdenza complementare per il Personale del Banco di Napoli) effettui, forfetariamente a saldo e stralcio, in favore di un ex dipendente, in forza di un accordo transattivo risolutivo di ogni rapporto inerente al trattamento pensionistico integrativo in godimento (cosiddetto “zainetto”), costituisce, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 6, comma 2, reddito della stessa categoria della “pensione integrativa” cui il dipendente ha rinunciato e va, quindi, assoggettato al medesimo regime fiscale cui sarebbe stata sottoposta la predetta forma di pensione. La base imponibile su cui calcolare l’imposta è costituita dall’intera somma versata dal fondo, senza che sia possibile defalcare da essa i contributi versati, in quanto, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48, lett. a) (nel testo vigente fino al 31 dicembre 2003), gli unici contributi previdenziali e/o assistenziali che non concorrono a formare il reddito sono quelli versati in ottemperanza a disposizioni di legge”.

3.4. La sentenza è pronunciata con riferimento ad un diverso fondo previdenziale (quello del Banco Napoli), ma è seguita da altra sentenza, la 4 agosto 2010, n. 18056, pronunciata, invece, con riferimento al FONDENEL, che ha affermato il seguente principio: “Per gli iscritti alla forma pensionistica complementare in epoca anteriore al 1993, cui non si applicano le disposizioni di cui al D.Lgs. 21 aprile 1993, art. 13, comma 9, e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, comma 4, ultimo periodo, (introdotte dalla L. n. 335 del 1995, art. 11, comma 3), la somma ricevuta al momento della risoluzione del rapporto di lavoro rimane assoggettata alla disciplina dettata per tutti i redditi comunque da tale rapporto dipendenti, e in particolare all’imposizione corrispondente a quella del trattamento di fine rapporto. Ne consegue che nell’ipotesi in cui la prestazione erogata a tale titolo sia stata corrisposta tra i 1 gennaio 2001 ed il 31 dicembre 2003, durante cioè la vigenza del D.Lgs. n. 47 del 2000 è qualificabile come reddito da lavoro dipendente, ed è soggetta a tassazione separata in applicazione dell’art. 16, comma 1, lett. a), (come integrato dal D.L. n. 41 del 1995, art. 32, conv. in L. n. 85 del 1995, e modificato dal D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 10) e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17 (come modificato dal D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 11, comma 1, lett. a), ancorchè l’erogazione avvenga in unica soluzione, anzichè in rate mensili, anche se venga effettuata da soggetto terzo, anzichè dal datore di lavoro, non rimanendo, solo in virtù della peculiare modalità di erogazione, eliso il relativo nesso con il rapporto di lavoro che ha originato il trattamento previdenziale, essendo tale erogazione volta ad immediatamente estinguere, a costi ridotti, il credito dell’avente diritto. (Principio applicativo in relazione a fondo pensione complementare gestito da FONDENEL per importo erogato a dipendente al momento della risoluzione del rapporto)”.

4. Prima che la evidenza di soluzioni possibilmente contrastanti, quel che emerge dalla lettura delle riportate soluzioni giurisprudenziali è l’esistenza di una concatenazione temporale di discipline diverse in qualche misura intersecantesi, che richiede un approfondimento per comprendere meglio quale debba essere il regime di tassazione delle somme erogate in forma di capitale ai dipendenti al momento della cessazione del rapporto di lavoro da fondi che assicurino prestazioni pensionistiche complementari.

4.1. In primo luogo è ravvisabile tra le differenti pronunce citate una posizione comune sull’esistenza di un fondamentale discrimine temporale, che distingue la situazione dei soggetti che siano iscritti a forme pensionistiche complementari prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 124 del 1993 e quella dei soggetti che siano iscritti a forme analoghe in epoca successiva all’entrata in vigore del predetto provvedimento legislativo.

4.2. Solo ai secondi, sarebbe applicabile il trattamento tributario stabilito al D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9, il quale assoggetta le prestazioni in forma di capitale a tassazione separata ai sensi dell’art. 16, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni ed integrazioni. Ciò alla luce della norma interpretativa di cui al D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 1, comma 5, (convertito con modificazioni con L. 28 febbraio 1997, n. 30), il quale prevede che “La disposizione contenuta nel D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, art. 13, comma 9, e quella contenuta nel D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42, comma 4, ultimo periodo approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, introdotta dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 11, comma 3, (a norma del quale la disposizione prevista dall’art. 42, comma 4 “non si applica in ogni caso alle prestazioni erogate in forma di capitale ai sensi del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni ed integrazioni”), devono intendersi riferite esclusivamente ai destinatari iscritti alle forme pensionistiche complementari successivamente alla data di entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 124 del 1993″.

4.3. A questa situazione “binaria”, che distingue tra “vecchi iscritti” e “nuovi iscritti” a forme pensionistiche complementari, pone fine il D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, art. 12, comma 1, (come modificato dal D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 168, art. 9, comma 1, lett. a)), a norma del quale “per i soggetti che risultano iscritti a forme pensionistiche complementari alla data da cui ha effetto il presente decreto, le disposizioni introdotte dall’art. 10 (relativamente al “trattamento tributario delle prestazioni pensionistiche erogate ai sensi del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124″) si applicano alle prestazioni riferibili agli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001. Per i medesimi soggetti, relativamente alle prestazioni maturate fino a tale data, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti anteriormente”. Il D.Lgs. n. 47 del 2000, all’art. 3 abroga, tra l’altro, il D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9 (quest’ultima norma sarà del tutto abrogata, come l’intero decreto legislativo, dal D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, art. 23, a decorrere dal 1 gennaio 2007).

5. La situazione rende conto del difficile approccio del legislatore italiano con la previdenza complementare, che ha delineato un percorso incerto della disciplina di queste forme integrative trasformate nel tempo da “tutela assicurativa”, rispondente al principio del risparmio finanziario (che trova la propria garanzia costituzionale nell’art. 47 della Carta fondamentale), a “tutela previdenziale”, rispondente al principio del risparmio previdenziale (che trova la propria garanzia costituzionale nell’art. 38 della Carta fondamentale): la differenza principale tra le due forme di risparmio sta nel fatto che, nel primo caso l’investimento concerne una somma che è già patrimonio del soggetto, mentre nel secondo caso, l’investimento concerne una somma che origina da redditi di lavoro (e questa correlazione tra investimento e redditi di lavoro non è senza conseguenze sul regime tributario delle prestazione erogate dai Fondi pensione, regime che non può essere diverso da quello cui sono soggetti i redditi da cui l’investimento trova alimento).

5.1. Tuttavia, una scelta netta per una tassazione tout court analoga a quella applicata sui redditi di lavoro è operata solo con il D.Lgs. n. 124 del 1993, in particolare con l’art. 13, comma 9, introdotto dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 11, (la cd. riforma Dini), riservandone però l’applicazione alle sole prestazioni erogate in forma capitale a favore di soggetti iscritti ad enti di previdenza complementare in epoca successiva all’entrata in vigore del decreto. Per gli iscritti in epoca precedente, il trattamento tributario delle prestazioni erogate non è, e non può essere, indipendente dalla composizione strutturale delle prestazioni stesse, che, nel caso concreto, trattandosi di un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono composte da una “sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (e in notevole minor misura dal lavoratore), e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato. Sicchè possono essere tassate in modo analogo al TFR esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale, mentre alle somme corrispondenti al rendimento di polizza (nella fattispecie PIA), si applica la tassazione nella misura del 12,50% ai sensi della L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6, (i commi 1 e 2, del richiamato art. 6, sono stati poi abrogati dall’alt. 1.4, del D.Lgs. n. 47 del 2000, per i contratti stipulati in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto, stabilendo l’applicazione dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura prevista dal D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461, art. 7, ai redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione e ai redditi derivanti dai rendimenti delle prestazioni pensionistiche di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 47, comma 1, lett. h bis), erogate in forma periodica e delle rendite vitalizie aventi funzione previdenziale).

5.2. Ogni distinzione di trattamento cessa alla data del 1 gennaio 2001 a decorrere dalla quale, a norma del D.Lgs. n. 47 del 2000, non è più consentito distinguere tra capitale e rendimento e le polizze vanno assoggettate nella loro interezza al regime della tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a). Con questa nuova normativa il sistema recupera una sua maggiore coerenza e razionalità, in quanto, come non ha mancato di sottolineare parte della dottrina, poteva apparire artificiosa la scissione dei legame genetico del “rendimento” con il rapporto di lavoro e la causa previdenziale della polizza: ma si tratta di specifiche ed espresse scelte legislative, determinate dalle peculiarità del processo di sviluppo della previdenza complementare nel paese.

6. Sicchè deve essere affermato il seguente principio di diritto:

“In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17″.

7. Pertanto deve essere accolto parzialmente il ricorso, stabilendo, per gli importi maturati entro il 31 dicembre 2000, l’applicazione della ritenuta del 12,50% sulle sole somme relative alla liquidazione del rendimento. La sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento parziale del ricorso originario del contribuente, dichiarando il diritto di quest’ultimo al rimborso per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000 della differenza tra quanto versato all’erario dal sostituto d’imposta e quanto dovuto a seguito dell’applicazione dell’aliquota del 12,50% ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6, alle sole somme liquidate per il rendimento.

8. La complessità delle questioni affrontate e l’incertezza delle soluzioni giurisprudenziali giustificano la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie parzialmente il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie parzialmente il ricorso originario del contribuente, dichiarando il diritto di quest’ultimo al rimborso per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000 della differenza tra quanto versato all’erario dal sostituto d’imposta e quanto dovuto a seguito dell’applicazione dell’aliquota del 12,50% alle sole somme liquidate per il rendimento. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2011

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