Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13662 del 30/05/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 13662 Anno 2013
Presidente: UCCELLA FULVIO
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 20822-2007 proposto da:
BARONI ROBERTO BRNRRT69P08B157W, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo studio
dell’avvocato GOBBI GOFFREDO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato FRANCHINA MARIO giusta procura in atti;

– ricorrente contro

64)

CAVAI IERI TIBERIO CVLTBR52D12B157N, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DARDANELLI 21, presso lo studio
dell’avvocato GRAMAZIO GIOVANNI, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato BERTOLI CLAUDIO giusta procura in atti;

Data pubblicazione: 30/05/2013

- controricorrentenonché contro
MILANO ASSICURAZIONI S.P.A.;

– intimata –

MILANO ASSICURAZIONI S.P.A. 00957670151 in persona del suo
rappresentante ALBERTO MARRAS, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA LEONE IV 99, presso lo studio dell’avvocato FERZI
CARLO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
PERUGINI LUCA giusta procura speciale del Dott. Notaio
ALESSIO CIOFINI in FIRENZE del 13/9/2007, rep. n. 19775;

– ricorrente contro
CAVALLERI TIBERIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DARDANELLI 21, presso lo studio dell’avvocato GRAMAZIO
GIOVANNI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
BERTOLI CLAUDIO giusta procura in atti;

– controricorrente nonché contro
BARONI ROBERTO;

– intimato avverso la sentenza n. 582/2006 della CORTE D’APPELLO di
BRESCIA, depositata il 29/06/2006, R.G.N. 1487/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
07/03/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito l’Avvocato GOFFREDO GOBBI;
udito l’Avvocato GIOVANNI GRAMAZIO;
2

sul ricorso 24784-2007 proposto da:

udito l’Avvocato CARLO FERZI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
LIBERTINO ALBERTO RUSSO che ha concluso per il rigetto del
ricorso principale e per l’accoglimento di quello incidentale.

Con atto notificato il 2 novembre 1998, Baroni Roberto conveniva in
giudizio, innanzi al Tribunale di Brescia, l’avv. Cavalieri Tiberio per
sentirlo condannare al risarcimento dei danni da responsabilità
professionale.
Deduceva l’attore che l’avv. Cavalieri, suo difensore in una causa di
risarcimento dei danni da lui subiti in occasione di un sinistro stradale
verificatosi il 28 settembre 1986, aveva lasciato prescrivere il relativo
diritto sicché la sua pretesa, sicuramente fondata, era stata rigettata con
sentenza passata in giudicato.
L’avv. Cavalieri si costituiva contestando la domanda nonché
chiedendo ed ottenendo di chiamare in causa la propria compagnia di
assicurazioni, la Milano Assicurazioni S.p.a..
La terza chiamata in causa si costituiva eccependo l’inoperafività della
polizza e chiedendo l’annullamento della stessa, ai sensi dell’art. 1892
c.c., e, in subordine, il rigetto delle domande dell’attore perché
infondate.
Il Tribunale di Brescia, con sentenza dell’8 febbraio 2003 affermava la
colpa per negligenza del convenuto, per non essersi preoccupato di
interrompere la prescrizione nei confronti dei responsabili del danno;
ritenuta la colpa concorrente, in pari misura, del Baroni e del
conducente il trattore agricolo nella causazione dell’evento,
determinava il danno che sarebbe stato liquidato al Baroni in £
264.037.188 alla data del sinistro e pari, tenuto conto della
rivalutazione monetaria, ad € 180.000,25 alla data di quella sentenza,
3

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

oltre interessi; ritenuta, inoltre, inammissibile la domanda
riconvenzionale, perché proposta tardivamente, e, comunque,
infondata, per carenza dell’elemento soggettivo richiesto dall’art. 1892
c.c., e ritenuta, infine, inammissibile ogni pretesa fondata sull’art. 1893
c.c., perché prospettata per la prima volta in comparsa conclusionale,

somma di € 180.000,25, oltre interessi e spese di lite, e la Milano
Assicurazioni S.p.a. a rifondere all’avv. Cavalieri quanto questo doveva
corrispondere al Baroni, nei limiti del massimale di polizza e detratto lo
scoperto del 10°/0, oltre alle spese di lite sostenute dal professionista.
Avverso tale decisione la società assicuratrice proponeva appello.
Si costituiva l’avv. Cavalieri deducendo di avere proposto autonomo
gravame al quale si richiamava anche in via di appello incidentale.
Si costituiva pure il Baroni, chiedendo il rigetto dell’appello e
proponendo, a sua volta, appello incidentale.
Riuniti i due giudizi, la Corte di appello di Brescia, con sentenza del 29
giugno 2006, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava
il Cavalieri a pagare al Baroni la somma di € 120.000,16, oltre interessi
e rivalutazione come indicati nella detta sentenza, condannava la
Milano Assicurazioni S.p.a. a rifondere al Cavalleti, nei limiti del
massimale di polizza e salvo lo scoperto del 10%, gli importi dallo
stesso corrisposti a favore del Baroni, a titolo di risarcimento danni,
interessi e spese; condannava il Baroni e il Cavalieri a restituire le
somme percepite in eccedenza in forza della provvisoria esecutività
della sentenza di primo grado, maggiorate degli interessi legali dalla
data del pagamento, e compensava interamente tra le parti le spese di
quel grado di giudizio.
Avverso la sentenza della Corte di merito Baroni Roberto ha proposto
ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
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condannava l’avv. Cavalieri al pagamento, in favore del Baroni, della

Ha resistito con controricorso l’avv. Cavalieri.
La Milano Assicurazioni S.p.a. ha resistito con controricorso
contenente ricorso incidentale basato su due motivi, cui ha resistito
con controricorso il Cavalleri.
Il ricorrente e la Milano Assicurazioni S.p.a. hanno depositato

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi ai sensi
dell’art. 335 cod. proc. civ., in quanto proposti contro la stessa
sentenza
2. Ai ricorsi in esame si applica il disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c. inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed
abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d) della legge 18 giugno 2009, n.
69 – in considerazione della data di pubblicazione della sentenza
impugnata (29 giugno 2006).
2.1. Questa Corte ha in più occasioni chiarito che nei casi previsti
dall’art. 360, primo comma, nn. 1, 2, 3 e 4, c.p.c. “i quesiti di diritto
imposti dall’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n.
40, art. 6, comma 1, secondo una prospettiva volta a riaffermare la
cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di
soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite
diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo
stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto
applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica
della Corte di Cassazione, il cui rafforzamento è alla base della nuova
normativa secondo N’esplicito intento evidenziato dal legislatore
all’art. 1 della Legge Delega 14.5.2005, n. 80; i quesiti costituiscono,
pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico
e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti,
5

memorie ex art. 378 c.p.c..

inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di
legittimità” (v. Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass. 9 maggio
2008, n. 11535; Cass., sez. un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., sez.
un., 29 ottobre 2007, n. 22640; Cass., sez. un., 21 giugno 2007, n.

Pertanto, affermano le Sezioni Unite di questa Corte che,
“travalicando” “la funzione nomofilattica demandata al giudice di
legittimità” “la risoluzione della singola controversia, il legislatore ha
inteso porre a carico del ricorrente l’onere imprescindibile di
collaborare ad essa mediante l’individuazione del detto punto di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del
più generale principio giuridico, alla quale il quesito è funzionale,
diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la
stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimità:
donde la comminata inammissibilità del motivo di ricorso che non si
concluda con il quesito di diritto o che questo formuli in difformità dai
criteri informatori della norma. Incontroverso che il quesito di diritto
non possa essere desunto per implicito dalle argomentazioni a
sostegno della censura, ma debba essere esplicitamente formulato,
nell’elaborazione dei canoni di redazione di esso la giurisprudenza di
questa Suprema Corte è, pertanto, ormai chiaramente orientata nel
ritenere che ognuno dei quesiti formulati per ciascun motivo di ricorso
debba consentire l’individuazione tanto del principio di diritto che è
alla base del provvedimento impugnato, quanto, correlativamente, del
principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata
applicazione ad opera della Corte medesima possa condurre ad una
decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata; id est che il
giudice di legittimità debba poter comprendere, dalla lettura del solo
quesito inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di
6

14385).

diritto asseritamente compiuto dal giudice e quale sia, secondo la
prospettazione del ricorrente, la diversa regola da applicare. Ove tale
articolazione logico-giuridica manchi, il quesito si risolverebbe in
un’astratta petizione di principio che, se pure corretta in diritto,

fattispecie concreta, l’errore di diritto imputato al giudice a quo ed il
difforme criterio giuridico di soluzione del punto controverso che si
chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione del
principio cui la Corte deve pervenire nell’esercizio della funzione
nomofilattica. Il quesito non può, pertanto, consistere in una mera
richiesta d’accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in
ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello
svolgimento dello stesso, ma deve costituire la chiave di lettura delle
ragioni esposte e porre la Corte medesima in condizione di rispondere
ad esso con l’enunciazione d’una regula iuris che sia, in quanto tale,
suscettibile, al contempo, di risolvere il caso in esame e di ricevere
applicazione generale, in casi analoghi a quello deciso” (v., in
motivazione, Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; v. Cass., ord., 24
luglio 2008, n. 20409).
2.2. Nella giurisprudenza di questa Corte é stato, inoltre, precisato che,
secondo l’art. 366 bis c.p.c., anche nel caso previsto dall’art. 360, primo
comma, n. 5, c.p.c., l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a
pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in
relazione al quale la motivazione si assuma omessa o contraddittoria,
ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, e che la
relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del
quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera
da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di
7

risulterebbe, ciò nonostante, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la

valutazione della sua ammissibilità (Cass., sez. un., 1° ottobre 2007, n.
20603).
In particolare, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al
quale la motivazione si assuma omessa, insufficiente o contraddittoria,
deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò

possibile ritenere rispettato il requisito concernente il motivo di cui al
n. 5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c. allorquando solo la completa
lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di
un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione
da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito dell’art.
366 bis c.p.c., che il motivo stesso concerne un determinato fatto
controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od
insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui
la motivazione è conseguentemente inidonea a sorreggere la decisione
(Cass., sez. un., 18 luglio 2007, n. 16002; Cass., 27 ottobre 2011, n.
22453).
stato pure affermato da questa Corte che é inammissibile, ai sensi
dell’art. 366 bis c.p.c., per le cause – come quella all’esame – ancora ad
esso soggette, il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione, qualora non sia stato formulato il cd.
quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo di apposito
momento di sintesi, anche quando l’indicazione del fatto decisivo
controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa
la ratio che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze
deflattive del filtro di accesso alla suprema Corte, la quale deve essere
posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito,
quale sia l’errore commesso dal giudice di merito (v. Cass., 18
novembre 2011, n. 24255).
8

specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è

3. Con primo motivo del ricorso principale Baroni Roberto lamenta
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto
decisivo della controversia (360, primo comma, n. 5, c.p.c.).
Assume il ricorrente che la Corte di merito, per quantificare l’entità del
risarcimento dei danni che sarebbe spettato al Baroni, qualora l’avv.

determinato il prevalente concorso di colpa (nella misura di 2/3) del
Baroni non sufficientemente e contraddittoriamente motivando al
riguardo.
3.1. Il motivo di ricorso all’esame é inammissibile, essendo privo del
momento di sintesi (cd. quesito di fatto) e si rinvia, a tale riguardo, a
quanto già osservato nel

5 2.2..

4. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta falsa applicazione
dell’art. 2054, secondo comma, c.c. (art. 360, primo comma, n. 3,
c.p.c.).
4.1. In relazione al secondo motivo di ricorso il ricorrente pone i
seguenti quesiti di diritto:
“a) é vero e conforme a diritto e, in particolare, all’art. 104 del DPR n.
393/1959, che é consono a regola di comune prudenza circolare alla
guida di un motociclo discosti dal margine destro della sede stradale,
rimanendo tuttavia nella semicarreggiata di destra, quando si tratti di
una strada in centro abitato, priva di marciapiedi, costeggiante edifici
frequentati da persone e un [in] prossimità di una curva destrorsa ad
angolo cieco?
b) é vero e conforme al diritto che é esonerato dalla presunzione ex
art. 2054 comma 2 c. civ. il conducente del veicolo il quale, marciando
a normale velocità entro i limiti della semicarreggiata di propria
competenza e adottando una condotta di guida consona alla
caratteristica dei luoghi (strada in centro abitato, priva di marciapiedi,
9

Cavalleri avesse tempestivamente provveduto alla sua difesa, ha

costeggiante edifici frequentati da persone e un [in] prossimità di una
curva destrorsa ad angolo cieco), sia venuto a collisione con altro
veicolo che, immettendosi nella via pubblica da area privata nelle
immediate vicinanze di una curva cieca, abbia invaso la semicarreggiata

c) é vero e conforme a diritto che, in ipotesi di collisione fra due
veicoli, l’uno dei quali marciante a normale velocità entro i limiti della
semicarreggiata di propria competenza, il cui conducente tiene una
condotta di guida consona allo stato dei luoghi (strada in centro
abitato, priva di marciapiedi, costeggiante edifici frequentati da persone
e un [in] prossimità di una curva destrorsa ad angolo cieco), e l’altro
invadente la semicarreggiata di competenza del primo, durante la
manovra per immettersi nella pubblica via provenendo da un’area
privata, in prossimità di una curva cieca, la regola di cui all’art. 2054
comma 2 c. civ. deve applicarsi affermando la colpa prevalente o,
quanto-meno, equivalente del conducente che ha invaso la
semicarreggiata opposta a quella di propria competenza?”
4.2. Il motivo é inammissibile.
Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., il quesito inerente ad una censura in
diritto, dovendo assolvere – come posto in evidenza al

5

1.1. – alla

funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del
caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, non
può essere – come lo è, invece, nel caso all’esame – meramente
generico e astratto, ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per
mettere la Corte in grado di poter comprendere dalla sua sola lettura,
l’errore asseritamene compiuto dal giudice di merito e la regola
applicabile; sicché esso non può consistere in una semplice richiesta di
accoglimento del motivo ovvero nel mero interpello della Corte in
ordine alla fondatezza della propugnata petizione di principio o della
10

opposta a quella di sua pertinenza?

censura così come illustrata nello svolgimento del motivo (Cass. 7
marzo 2012, n. 3530).
In particolare, il quesito, così come é stato formulato, non indica,
come invece avrebbe dovuto (v. Cass. 30 settembre 2009, n. 24339;
Cass., ord., 17 luglio 2008, n. 19769; Cass. 22 giugno 2007, n. 14682) la

che il ricorrente assume corretto e di cui auspica l’applicazione, in
sostituzione del primo.
5. Il ricorso principale deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
6. Il ricorso incidentale proposto dalla Milano Assicurazioni S.p.a è
sicuramente tardivo, del che risulta peraltro essere consapevole la
stessa detta società (v. memoria ex art. 378 c.p.c.). Ed invero la
sentenza impugnata é stata depositata il 29 giugno 2006. Da tale data é
cominciato a decorrere il termine annuale di decadenza ex art 327
c.p.c. (in quanto essa non risulta notificata, come é incontroverso),
termine da calcolare ex nominatione dierum, cioè prescindendo dal
numero dei giorni da cui è composto ogni singolo mese o anno, ai
sensi dell’art. 155, secondo comma, del codice di rito civile (Cass. 9
luglio 2012, n. 11491; Cass., 11 agosto 2004, n. 15530; 3 giugno 2003,
n. 8850; 7 luglio 2000, n. 9068). Detto termine, dunque, che verrebbe a
scadere il 29 giugno 2007, deve essere prolungato di 46 giorni (calcolati
ex numeratione dierum, ai sensi del combinato disposto degli artt. 155,
primo comma, c.p.c. e 1, primo comma, L. n. 742 del 1969 ( v.
giurisprudenza citata) per la sospensione durante il periodo feriale.
Pertanto, dopo i primi 32 giorni (29 giugno/31 luglio 2007), i residui
14 giorni non sono giunti a compimento il 14 agosto 2007 (ricadente
nel c.d. periodo feriale) ma, riprendendo a decorrere dopo la detta
sospensione (Cass. 28 settembre 2012, n. 16549; Cass. 3 febbraio 2006,
n. 2435; Cass., sez. un., 19 settembre 2005, n. 18450; Cass. 22 giugno
11

regula iuris adottata nel provvedimento impugnato e il diverso principio

2005 n. 13383; Cass. 25 febbraio 2005, n. 4059: Cass. 8 gennaio 2001,
n. 200), cioè dal 16 settembre 2007 (incluso), sono giunti a
compimento il 29 settembre 2007. Poiché il controricorso contenente
ricorso incidentale è stato spedito per la notifica a mezzo posta dal

intempestiva.
7. Stante l’inammissibilità del ricorso principale, va dichiarata
l’inefficacia dell’impugnazione incidentale tardiva (Cass. 11 giugno
2008, n. 15483).
Tenuto conto della reciproca soccombenza tra il ricorrente e la società
controricorrente e ricorrente incidentale e della particolarità delle
questioni esaminate, le spese del presente giudizio di cassazione vanno
compensate, per intero, tra tutte le parti.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso principale
ed inefficace il ricorso incidentale; compensa per intero tra tutte le
parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 marzo 2013.

difensore in data 8.10.2007, l’impugnazione in parola si rivela

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