Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13661 del 30/05/2017

Cassazione civile, sez. VI, 30/05/2017, (ud. 20/12/2016, dep.30/05/2017),  n. 13661

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10243-2015 proposto da:

D.R.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TOMMASO SALVINI

55, presso lo studio dell’avvocato SIMONETTA DE SANCTIS MANGELLI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO

MAIORANA giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Z.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMANUELE

GIANTURCO 6, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO SCIUTO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARINA PITTON giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 617/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE del

30/09/2014, depositata il 13/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. SCRIMA

ANTONIETTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto notificato nel 2000 Z.A. convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Pordenone, D.R.L. per sentirlo condannare al risarcimento dei danni da lui patiti in conseguenza della perforazione dell’occhio destro verificatasi in data 26 aprile 1992, allorchè, mentre giocava al lancio di freccette di metallo con il convenuto, questi aveva tirato una freccetta procurandogli un grave danno all’occhio destro, che aveva comportato la necessità di interventi chirurgici. Rappresentò l’attore che, mentre nei primi anni la diplopia si era accompagnata ad una notevole riduzione del visus correggibile con lenti, nel 1995 era sopraggiunta l’exotropia, e che, successivamente, nel 1998, il visus si era ulteriormente ridotto e non era più migliorabile con lenti.

Il convenuto si costituì ed eccepì preliminarmente l’intervenuta prescrizione del diritto azionato e chiese comunque il rigetto della domanda, sostenendo di essere completamente estraneo ai fatti.

Il Tribunale adito, con sentenza non definitiva n. 291/03, rigettò l’eccezione di prescrizione, ritenendo che, nella specie, non si era verificato un semplice aggravamento di un danno già grave e irreversibile ma era intervenuto un fatto nuovo, in quanto dall’indebolimento permanente di un organo (lesione grave) si era passati imprevedibilmente alla lesione gravissima della perdita dell’uso di un organo.

Avverso tale sentenza non definitiva il D.R. propose immediato appello, reiterando l’eccezione di prescrizione.

La Corte d’appello di Trieste, con sentenza n. 176/07, dichiarò prescritta l’azione, ritenendo che si fosse verificato solo un aggravamento della malattia originariamente contratta e non una nuova lesione.

Z.A. propose ricorso per cassazione sulla base di due motivi, cui resistette il D.R..

Nel frattempo, all’esito del giudizio proseguito in primo grado, il Tribunale di Pordenone, con sentenza 1300/04, rigettò la domanda, affermando che l’evento era attribuibile esclusivamente alla condotta imprudente dell’attore.

L’impugnazione proposta avverso tale sentenza dallo Z. fu rigettata dalla Corte di appello, considerando “tranciante” la decisione sulla questione della prescrizione.

Avverso quest’ultima sentenza lo Z. propose ricorso per cassazione cui resistette il D.R..

Questa Corte, riuniti i proposti ricorsi, con sentenza n. 7139/2013 cassò con rinvio entrambe le sentenze impugnate emesse dalla Corte di appello di Trieste, affermando che il diritto fatto valere dallo Z. non era prescritto, in quanto la perdita definitiva del visus integrava il passaggio dall’indebolimento permanente alla perdita di un senso e, quindi, una lesione nuova.

Z.A. riassunse la causa dinanzi al giudice del rinvio e in quella sede si costituì il D.R..

La Corte di appello di Trieste, con sentenza depositata il 13 ottobre 2014, rigettò l’appello proposto da D.R.L. avverso la sentenza non definitiva che, per l’effetto, confermò e, in parziale accoglimento dell’appello proposto da Z.A. avverso la sentenza definitiva del Tribunale di Pordenone e in riforma di quest’ultima sentenza, riconosciuta la responsabilità del D.L. nella misura del 70% nella causazione del danno da perdita del visus subita dallo Z., condannò il D.L. al pagamento, in favore dello Z. della somma di Euro 100.992,00 all’attualità, oltre interessi, rigettò l’appello incidentale proposto dal D.R. avverso la sentenza n. 1300/04 del Tribunale di Pordenone, compensò tra le parti per un terzo le spese di tutti i gradi del giudizio, condannò il D.R. al pagamento, in favore dello Z., dei restanti due terzi e pose definitivamente a carico del D.R. gli oneri di c.t.u. sostenuti in primo grado.

Avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste appena richiamata D.R.L. ha proposto ricorso per cassazione basato su due motivi e illustrato da memoria.

Z.A. ha resistito con controricorso.

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., del relatore, il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte con decreto comunicato alle parti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.

2. Con il primo motivo il D.R., deducendo “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2967 c.c.”, si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto sussistente la sua responsabilità per l’evento lesivo di cui si discute in causa, responsabilità che, invece, sarebbe esclusa dalla ricostruzione dei fatti operata dal Giudice di prime cure e confermata alla Corte di merito. Sostiene il ricorrente che sarebbe stato accertato che egli avrebbe lanciato la sua freccetta subito dopo l’amico e che questi, dopo tale lancio, si sarebbe portato improvvidamente e improvvisamente nella zona di atterraggio del dardo e che, tuttavia, la Corte di merito non avrebbe “tratto le dovute giuridiche conseguenze dall’intervenuta condotta dello Z.”, che si sarebbe “inserito, con il proprio comportamento, nella serie causale già intrapresa (lancio del dardo entro la zona di gioco atterraggio del dardo entro la zona di gioco), integrando un fatto eccezionale ed atipico, idoneo da solo ed esclusivamente a produrre l’evento dannoso”.

3. Con il secondo motivo, rubricato “Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio – art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, il ricorrente assume che la Corte di merito avrebbe omesso di esaminare: a) il fatto che egli avesse già effettuato il tiro quando si era accorto del comportamento imprudente dello Z., che si stava recando verso il punto in cui aveva lanciato la sua freccetta e b) “la certa consapevolezza dello Z. che l’amico D.R. doveva ancora effettuare il suo lancio, anzi che lo stava facendo”.

4. Entrambi i motivi, che, essendo strettamente connessi, ben possono essere esaminati congiuntamente, non possono essere accolti.

Va osservato che la Corte di merito, pur avendo ritenuto, confermando sul punto al decisione del giudice di prime cure, che non aveva trovato riscontro quanto sostenuto dallo Z., per la prima volta in sede di interpello, e cioè che i due amici, contravvenendo alle regole del gioco rispettate anche nel giorno dell’incidente si erano accordati nel senso che il D.L. non lanciasse la freccetta subito dopo quella dello Z., per consentire a quest’ultimo di recuperare la propria, perchè “preoccupato di una possibile perdita della freccetta in virtù dello stato dei luoghi (erba alta)” e perchè essa era andata lontano, ha tuttavia ritenuto che l’inesistenza di un siffatto accordo non fosse sufficiente per affermare che l’incidente si fosse verificato esclusivamente a causa del comportamento improvvido dello Z., come ritenuto dal Tribunale, in quanto “il D.R., che pacificamente aveva visto l’amico incamminarsi verso il luogo di atterraggio della sua freccetta dandogli le spalle, avrebbe dovuto avvertirlo prima di effettuare a sua volta il lancio e non quando oramai la freccetta era già partita (cfr, dichiarazioni rese D.R. in sede di formale interpello)”. Inoltre la Corte territoriale, ritenendo “l’imprudenza del D.R…. certamente più grave rispetto a quella dello Z.” ha reputato di determinare la responsabilità in concreto del primo nella misura del 70%.

Alla luce del riportato accertamento in fatto effettuato dalla Corte di merito, risulta in tutta evidenza l’infondatezza delle censure proposte dal ricorrente, non sussistendo la lamentata violazione di legge, peraltro neppure sorretta da specifiche argomentazioni intese motivatamente a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (Cass. 15/01/2015, n. 635; Cass. 12/02/2013, n. 3285; Cass. 16/10/2007, n. 828), nè sussistendo i lamentati vizi motivazionali, avendo la Corte di merito tenuto conto dei fatti storici rilevanti per la causa e considerato la condotta delle parti al momento del sinistro, così come risultata accertata, evidenziandosi che lo stesso D.R. in sede di interpello ha affermato che “inizialmente lo Z. mi dava le spalle” (v. ricorso p. 9), sicchè correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che lo Z. stava andando verso la zona di atterraggio delle freccette.

Si rileva, inoltre, che, con le doglianze proposte, il ricorrente tende, in sostanza, ad una rivalutazione del merito, non consentita in sede di legittimità (Cass., ord., 4/04/2017, n. 8758; Cass. 10/04/2006, n. 9233 e Cass. 21/10/2015, n. 21439).

5. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

6. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

7. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1 comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.400,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2017

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