Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13661 del 19/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 19/05/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 19/05/2021), n.13661

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1265-2020 proposto da:

W.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUIGI DELLA COLLETTA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE RICONSOCIMENTO

PROTEZIONE INTERNAZIONALE VERONA – SEZIONE DI TREVISO, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. 10278/2019 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata

il 27/11/2019 R.G.N. 5346/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/01/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. il Tribunale di Venezia, con decreto pubblicato il 27.11.2019, ha respinto il ricorso proposto da W.A., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

1.1. dal decreto impugnato si evince che il richiedente ha motivato l’allontanamento dal Paese di origine con il fatto di essere omosessuale e con il timore di essere arrestato in quanto sorpreso mentre stava consumando un rapporto omosessuale con un ragazzo; ha riferito di avere iniziato le pratiche omosessuali mentre stava alla scuola secondaria e che, costretto dal padre a sposarsi, non aveva avuto rapporti con la moglie inducendosi a consumare il matrimonio solo per avere un figlio; in seguito, la moglie aveva divorziato e lui era stato scoperto mentre aveva un rapporto sessuale con un amico; il padre, su consiglio degli anziani del villaggio, per indurlo a cambiare, lo aveva fatto picchiare da alcuni giovani della comunità che lo avevano gravemente ferito per cui era stato portato in ospedale; quindi, il padre, di religione musulmana, aveva deciso di rivolgersi alla polizia per farlo arrestare ma la madre che aveva saputo di tale intenzione lo aveva fatto fuggire dal (OMISSIS) con l’aiuto di uno zio che lo faceva assumere come aiutante da un amico che aveva un camion con il quale viaggiava verso il Niger; arrivato in Libia, aveva trovato lavoro come muratore ma in seguito veniva aggredito insieme ai colleghi da un gruppo di criminali che gli chiedevano soldi e a tal fine lo conducevano in una sorta di prigione minacciandolo di morte se non avesse pagato; in quella occasione veniva ferito ad un braccio; dopo un mese di prigionia era stato liberato insieme ai colleghi e quindi era partito per raggiungere l’Italia;

1.2. il Tribunale, ritenuto poco credibile il racconto complessivo del ricorrente ha escluso i presupposti per l’accoglimento del ricorso osservando: a) quanto allo status di rifugiato e quanto alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) che la mancanza di credibilità del narrato impediva di riconoscere nello specifico la prova della esistenza di un fondato timore di subire persecuzioni nel paese di origine o il rischio, neppure prospettato, di essere sottoposto alla pena di morte o a tortura o ad altra forma di pena o trattamento inumano o degradante; b) quanto all’ipotesi di cui all’art. 14 cit., lett. C, che le fonti consultate escludevano la esistenza di un conflitto armato interno – pur nell’ampia accezione indicata dalla giurisprudenza – tale da determinare una situazione di indiscriminata violenza destinata a coinvolgere il ricorrente; il (OMISSIS) era una delle democrazie più stabili dell’Africa occidentale, connotata da un sistema multipartitico, e si collocava fra i primi tre paesi africani per liberà di stampa e opinione; profili di criticità erano legati all’uso eccessivo della forza da parte della polizia, inclusa la tortura e condizioni di detenzione dure e rischiose, discriminazione sociale contro donne, persone con disabilità persone lesbiche, gay ecc.; d) quanto alla protezione umanitaria la scarsa credibilità della narrazione del ricorrente non consentiva di ritenere particolari situazione di vulnerabilità, mentre sotto altro profilo non vi erano elementi di una raggiunta integrazione sociale in Italia tenuto conto che l’ A. si era limitato a produrre contratti di lavoro senza dar prova dell’effettivo svolgimento di attività di lavoro e della relativa retribuzione attraverso il deposito di buste paga periodiche;

2. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso W.A. sulla base di cinque motivi;

3. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,5,7 e 14;

2. con il secondo motivo di ricorso deduce violazione dell’art. 112 c.p.c.;

3. con il terzo motivo di ricorso denunzia difetto di motivazione;

4. i motivi, illustrati congiuntamente, censurano la valutazione di non credibilità delle dichiarazioni del ricorrente, valutazione che si assume fondata su supposizioni e presunzioni che non tengono conto della impossibilità per il richiedente di dimostrare la propria omosessualità, peraltro penalmente repressa in (OMISSIS); l’appartenenza ad un gruppo sociale connotato da un determinato orientamento sessuale, oggetto di repressione statuale, concretava i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato; in subordine si assume la sussistenza dei presupposti per la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14;

5. con il quarto motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32;

6. con il quinto motivo di ricorso deduce violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3;

7. i motivi, illustrati congiuntamente, censurano il mancato riconoscimento della protezione umanitaria evidenziando che la scarsa credibilità del narrato non poteva assumere efficacia preclusiva della valutazione di concrete circostanze denotanti una situazione di vulnerabilità, indagine questa del tutto omessa dal giudice di merito;

8. il ricorso è meritevole di accoglimento nei termini di cui in prosieguo;

8.1. secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, l’appartenenza ad un determinato gruppo sociale, nella specie l’omosessualità, del richiedente protezione internazionale non può essere esclust dal rilievo che le dichiarazioni della parte non ne forniscano la prova, dal momento che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, dispone che tali dichiarazioni, se coerenti con i requisiti di cui alle lett. da a) ad e) della norma, possono da sole essere considerate veritiere pur se non suffragate da prova, ove comparate con COI aggiornate, e la Corte di Giustizia (sentenza 25/1/2018 C473/16, alla luce dell’art. 13, par. 3, lett. a) della Direttiva 2005/85 e dell’art. 15, par. 3, lett. a) della Direttiva 2013/32, ha evidenziato che, in relazione all’omosessualità, il colloquio deve essere svolto da un intervistatore competente; che si deve tenere conto della situazione personale e generale in cui s’inseriscono le dichiarazioni, ed in particolare dell’orientamento sessuale; che la valutazione di credibilità non può fondarsi su nozioni stereotipate associate all’omosessualità ed in particolare sulla mancata risposta a domande relative a tali nozioni, quali quelle concernenti la conoscenza di associazioni per la difesa dei diritti degli omosessuali; l’allegazione da parte dello straniero di una condizione personale di omosessualità impone che il giudice si ponga in una prospettiva dinamica e non statica, vale a dire che verifichi la sua concreta esposizione a rischio, sia in relazione alla rilevazione di un vero e proprio atto persecutorio, ove nel paese di origine l’omosessualità sia punita come reato e sia prevista una pena detentiva sproporzionata o discriminatoria, sia in relazione alla configurabilità della protezione sussidiaria, che può verificarsi anche in mancanza di una legislazione esplicitamente omofoba ove il soggetto sia esposto a gravissime minacce da agenti privati e lo Stato non sia in grado di proteggerlo, dovendosi evidenziare che tra i trattamenti inumani e degradanti lesivi dei diritti fondamentali della persona omosessuale non vi è solo il carcere ma vi sono anche gli abusi medici, gli stupri ed i matrimoni forzati, tenuto conto che non è lecito pretendere che la persona tenga un comportamento riservato e nasconda la propria omosessualità (CGUE 7/11/2013 C-199/2012 e C-201/2012) (Cass. 9815/2020, 16401/2020);

8.2. il provvedimento impugnato non è coerente con tali indicazioni; in particolare la non credibilità del narrato circa l’orientamento omosessuale del richiedente è infatti motivata con il mancato riferimento da parte di questi del percorso di presa consapevolezza del proprio orientamento sessuale e con il fatto che lo stesso aveva dichiarato di sentirsi bene e felice una volta scoperta tale inclinazione, senza porsi alcun interrogativo in merito alle possibili conseguenze negative per lui, tanto più in ragione della carica ricoperta dal padre; le considerazioni che hanno indotto il giudice di merito alla valutazione di non credibilità trascurano di rapportare tali dichiarazioni a quanto eventualmente emergente dalle COI in ordine alla condizione dell’omosessualità nel Paese di origine de richiedente ed esprimono una visione stereotipata della scoperta dell’omosessualità e dei riflessi soggettivi (che si pretendono necessariamente negativi) che essa può comportare nel soggetto che si scopre omosessuale, laddove, venendo in rilievo aspetti relativi alla sfera intima di ciascuno, nella quale gioca un ruolo determinante la sensibilità individuale, non è possibile trarre elementi di valutazione circa la esistenza o meno della condizione omosessuale, dalla adesione o meno delle dichiarazioni rese ad un determinato ipotetico modello del vissuto omosessuale;

9. in base alle considerazioni che precedono, assorbita ogni ulteriore censura, si impone l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione, con rinvio ad altro giudice che procederà alla rivalutazione della vicenda alla stregua dei principi richiamati.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Venezia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2021

 

 

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