Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1365 del 22/01/2020

Cassazione civile sez. I, 22/01/2020, (ud. 17/09/2019, dep. 22/01/2020), n.1365

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19205/2018 proposto da:

J.A.K., elettivamente domiciliato in Roma Viale Angelico

38, presso lo studio dell’avvocato Lanzilao Marco, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno Commissione Territoriale Roma;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 11/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/09/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso proposto da J.A.K. cittadino del Gambia, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il richiedente asilo ha raccontato una vicenda familiare di natura ereditaria. Infatti, dopo la morte del padre che aveva più mogli, il ricorrente e sua madre avevano chiesto parte dell’eredità che gli era stata negata dalle altre mogli e dai fratellastri. Quando la madre si ammalò, il ricorrente vendette una mucca del padre perchè non aveva i soldi per farla curare, ma quando i fratellastri lo seppero lo picchiarono e ne nacque una controversia che neppure il capo villaggio riuscì a risolvere, infatti, gli altri parenti lo continuarono a minacciare perchè volevano il risarcimento della mucca venduta allora su consiglio della madre il ricorrente lasciò il paese.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per omesso esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla C.T. e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della condizione personale del richiedente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; (ii) sotto un secondo profilo, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: la condizione di pericolosità e la situazione di violenza generalizzata esistente in Gambia; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè erroneamente, il Tribunale non aveva riconosciuto i presupposti, per la concessione della protezione sussidiaria, cui il ricorrente aveva diritto, in ragione delle attuali condizioni socio-politiche del paese d’origine, (iv) sotto un quarto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè non erano stati esaminati dal Tribunale, al fine di tutelarli, i diritti che più interessano la sfera personale ed umana del ricorrente e che sono quelli che più rischiano di essere compromessi nel Paese di provenienza, quali il diritto alla salute e il diritto all’alimentazione o quelli che porterebbero il ricorrente sotto il “nucleo minimo” di dignità della persona.

Il primo motivo è inammissibile, perchè propone censure di merito e mira in maniera evidente ad una rivalutazione del materiale istruttorio, circostanza non consentita nella fase di legittimità (infatti, vedi p. 4 del ricorso: “…al fine di focalizzare i punti rilevanti ai fini della decisione i quali, si ritiene, non sono stati apprezzati dal giudice…”).

Il secondo motivo è inammissibile, per difetto di autosufficienza, in quanto, non è stata riportata in ricorso la parte delle dichiarazioni del ricorrente il cui esame sarebbe stato omesso dal Tribunale, ex art. 366 c.p.c., comma 1, cosicchè questa Corte non è in grado di vagliare la censura; inoltre, il Tribunale di Roma ha poggiato la propria decisione su fonti informative aggiornate (cfr. p. 3, Amnesty International 2017/2018).

Il terzo motivo è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte “Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, va rappresentata dal ricorrente come minaccia grave e individuale alla sua vita, sia pure in rapporto alla situazione generale del paese di origine, ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità” (Cass. n. 32064/18, 14006/18; in particolare, secondo Cass. n. 13858/18, il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia; in riferimento alle differenze con gli altri casi di protezione sussidiaria, v. Cass. n. 525/19).

Nel caso di specie, il Tribunale ha accertato come la motivazione dell’espatrio è correlata ad una vicenda meramente familiare e il pericolo in caso di rimpatrio di correre un danno grave appare solo genericamente dedotto nella narrazione del richiedente asilo; inoltre, il ricorrente aveva dichiarato di non essersi mai rivolto alla polizia per denunciare i suoi aggressori, preferendo, invece, lasciare il paese.

Inoltre, dalle fonti informative consultate, il Tribunale ha accertato che il quadro complessivo del paese di provenienza “pur con il persistere di alcune criticità, non dà conto di alcun conflitto armato interno o di situazioni di violenza indiscriminata, mettendo al contrario in risalto l’avvio di una positiva evoluzione della condizione socio-politica del paese”.

Il quarto motivo, in riferimento alla protezione umanitaria, è inammissibile, in quanto, la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’Amministrazione statale, esonera il Collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2020

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