Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13649 del 19/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 19/05/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 19/05/2021), n.13649

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1033-2020 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO, 38,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MAIORANA, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CASERTA, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia

ope legis in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 21/11/2019

R.G.N. 16802/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/01/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE

1. con decreto 21 novembre 2019, il Tribunale di Napoli dichiarava inammissibile per tardività, ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35bis, comma 2 e art. 28bis, comma 2, lett. a) (nel testo applicabile ratione temporis), il ricorso di M.A., cittadino (OMISSIS), di impugnazione della decisione della competente Commissione Territoriale di rigetto per manifesta infondatezza della sua domanda di protezione internazionale;

2. a motivo della decisione, il giudice partenopeo ravvisava il presupposto di dimidiazione del termine di impugnazione, di trenta giorni dalla notificazione del provvedimento amministrativo (in data 9 maggio 2018), nelle ragioni di assoluta inconferenza delle difficoltà economiche rappresentate dallo straniero, in quanto non riconducibili ad una situazione di persecuzione o di grave discriminazione, individuate dalla Commissione Territoriale a base della ritenuta manifesta infondatezza, così applicando il termine di quindici per l’impugnazione (proposta dal richiedente il 7 giugno 2018), pertanto tardiva;

3. con atto notificato il 20 dicembre 2019, lo straniero ricorreva per cassazione con unico motivo; il Ministero dell’Interno intimato non resisteva con controricorso, ma depositava atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ult. alinea, cui non faceva seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 28bis e 35 e vizio motivo, per mancato esplicito riferimento, nella decisione di rigetto per manifesta infondatezza della Commissione Territoriale, all’art. 28bis soltanto indicato nelle note finali, insieme con l’ipotesi dei casi di trattenimento presso un centro di permanenza per i rimpatri, nelle note di avviso dei termini della sua impugnazione: così da rendergli non adeguatamente comprensibile la riduzione dell’esatto termine, ridondante nell’errore scusabile della proposizione dell’impugnazione ritenuta tardiva; peraltro ben potendo essere inteso dalla lettura del provvedimento (debitamente trascritto e argomentato con valutazione di insussistenza complessiva dei presupposti di concessione delle misure di protezione internazionale e umanitaria) un tenore di rigetto tout court delle domande (unico motivo);

2. esso è fondato;

3. non risulta che la Commissione Territoriale abbia adottato l’iter acceleratorio previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28bis, comma 2 (nel testo applicabile ratione temporis), piuttosto ricavandosi l’inesistenza di alcun riferimento al riguardo, come dedotto dallo straniero al terzo capoverso di pg. 2, sub p.to 2 del ricorso, in assenza di ciò nel decreto del Tribunale;

3.1. con la decisione assunta, per giunta, la Commissione ha sì dichiarato la manifesta infondatezza della richiesta di protezione internazionale, senza tuttavia limitarsi ad argomentare l’assoluta inconferenza delle difficoltà economiche rappresentate dallo straniero, per la loro non riconducibilità ad una situazione di persecuzione o di grave discriminazione, come invece ritenuto dal Tribunale in base alla trascrizione parziale della motivazione del provvedimento davanti ad esso impugnato (al penultimo capoverso di pg. 5 del decreto); essa ha anzi esaminato i requisiti di concessione delle misure di protezione internazionale e umanitaria, valutandone complessivamente l’insussistenza (come risulta dal provvedimento amministrativo, debitamente trascritto da pg. 3 a pg. 5 del ricorso, in cui si dà specificamente atto delle “riportate… dichiarazioni rese” dal richiedente “nell’intervista in sede amministrativa”);

3.2. in ogni caso, in tema di protezione internazionale, il termine ridotto di quindici giorni per impugnare il provvedimento di diniego si applica soltanto nelle ipotesi in cui il procedimento amministrativo abbia seguito un tale iter dalla proposizione della domanda del migrante al questore e qualora sia da questo ritenuta manifestamente infondata, ma non quando si tratti di decisione della commissione assunta all’esito di una procedura ordinaria (Cass. 25 marzo 2020, n. 7520); dalla lettura del combinato disposto degli artt. 28bis e 28ter d.lg. cit. emerge, infatti, con evidenza che la valutazione di infondatezza sia un prius logico rispetto all’adozione delle modalità e delle forme della procedura accelerata con conseguente operatività del dimezzamento dei termini per impugnare; non potendosi invece individuarsi la disciplina della procedura accelerata per il solo fatto che, in base ad una valutazione postuma, la Commissione per la protezione internazionale abbia adottato una decisione di infondatezza della domanda all’esito dell’istruttoria e della procedura ordinaria, non potendo quella accelerata essere recuperata a posteriori a seconda del contenuto della decisione adottata dalla commissione (Cass. 21 ottobre 2020, n. 23021);

3.3. peraltro, il richiedente avrebbe dovuto ricevere informazioni in ordine all’adozione della procedura accelerata, sì da esplicare il suo diritto di difesa nei termini previsti, posto che si tratta di un regime di stretta interpretazione, in quanto la riduzione del termine concesso, per il caso in esame, per l’impugnativa del provvedimento negativo della Commissione territoriale incide sugli interessi che vengono in rilievo nei procedimenti in materia di protezione internazionale, aventi ad oggetto la tutela dei diritti fondamentali della persona e, in particolare, sul principio dell’effettività del ricorso al giudice (Cass. 20 gennaio 2020, n. 1108), tutelato oltre che dall’art. 24 Cost. anche dall’art. 6 CEDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo (Cass. 12 luglio 2019, n. 18860);

3.4. l’esigenza informativa permea, infatti, il regime di accelerazione delle procedure, come ora esplicitamente confermato, in via evidentemente interpretativa (per inapplicabilità al caso di specie, attesa la sua entrata in vigore dal 22 ottobre 2020), dal D.L. n. 130 del 2020, art. 2, comma 1, lett. a) (cd. Decreto Lamorgese) conv. in L. n. 173 del 2020, di sostituzione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28 (esame prioritario), recante la previsione al suo comma 1 che, dopo la determinazione dal presidente della Commissione territoriale, previo esame preliminare delle domande, dei casi di trattazione prioritaria, secondo i criteri di applicazione della procedura accelerata, la Commissione territoriale informi tempestivamente il richiedente delle determinazioni procedurali assunte;

3.5. neppure, infine, è stata ritenuta in contrasto con l’orientamento richiamato una pronuncia apparentemente dissonante (Cass. 16 aprile 2020, n. 7880), posto che la procedura era definibile come accelerata sin dall’inizio, avendo ad oggetto la fattispecie la reiterazione della domanda ai sensi dell’art. 29, comma 1, lett. b) D.Lgs. cit. (Cass. 21 ottobre 2020, n. 23021);

4. pertanto il ricorso deve essere accolto, con la cassazione del decreto impugnato e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Napoli in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2021

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