Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13647 del 19/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 19/05/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 19/05/2021), n.13647

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2141-2020 proposto da:

E.C., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato AMERIGA MARIA PETRUCCI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI FOGGIA, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto 2548/2019 del TRIBUNALE di POTENZA, depositata il

27/11/2019 R.G.N. 156/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/01/2021 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con decreto n. 2548/2019 il Tribunale di Potenza ha rigettato la domanda di protezione internazionale e umanitaria avanzata da E.C., cittadino della (OMISSIS).

2. Il Tribunale ha osservato, per quanto ancora qui rileva, che:

a) il ricorrente non è credibile circa le ragioni dell’espatrio; egli ha riferito di avere ricevuto minacce da parte del proprietario di un capannone dove svolgeva l’attività di elettricista; non è plausibile che il proprietario del capannone, dato in affitto dal 2007, solo nel 2015 decida di minacciare il ricorrente, pur essendo consapevole della diversa confessione religiosa; è generica la narrazione dell’aggressione da parte di alcuni ragazzi;

b) da fonti aggiornate (EASO giugno 2017), risulta che la zona di provenienza del ricorrente ((OMISSIS)) è interessata dal rischio di attacchi alle infrastrutture petrolifere, che tuttavia non rappresentano un pericolo per categorie indiscriminate di persone; il ricorrente non ha riferito di essere mai stato interessato da tali vicende;

c) quanto alla protezione umanitaria, non sono nemmeno state allegate condizioni di particolare vulnerabilità del ricorrente idonee a giustificare la concessione della misura richiesta.

3. Il decreto è stato impugnato da E.C. con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

4. Il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione tardiva al solo fine dell’eventuale partecipazione alla discussione orale.

5. Il P.G. non ha rassegnato conclusioni scritte.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo, denunciando violazione dell’art. 106 Cost., comma 2, censura il decreto per essere l’attività istruttoria stata compiuta da un Giudice onorario, che risulta pure indicato nel provvedimento come collaboratore per la redazione della minuta.

2. Il secondo motivo denuncia, con riguardo al diniego dello status di rifugiato, la mancata considerazione della persecuzione religiosa, l’omessa integrazione istruttoria al riguardo e la violazione dei parametri legali per la valutazione della credibilità (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3).

3. Il terzo motivo denuncia, quanto al diniego della protezione sussidiaria, il mancato aggiornamento delle fonti conoscitive utilizzate dal Tribunale, in violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

4. Il quarto motivo, denunciando violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 in ordine alla protezione umanitaria, censura la sentenza per motivazione apparente in ordine all’indagine sulla vulnerabilità del richiedente.

5. Il ricorso è inammissibile.

6. In ordine al primo motivo, va innanzitutto rilevato che la decisione è stata assunta dal Tribunale, come è reso evidente dal tenore testuale del provvedimento, ed invero dal decreto impugnato non risulta neppure che davanti al G.O.T. si sia svolta l’audizione personale del richiedente, atteso che il decreto impugnato nulla dice al riguardo.

7. Ove comunque il G.O.T. fosse stato delegato al compimento di specifiche attività, il modello del c.d. “affiancamento” del magistrato onorario al magistrato professionale sarebbe del tutto legittimo. Come affermato da Cass. n. 3356 del 2019, non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito un giudice onorario di tribunale abbia proceduto all’audizione del richiedente la protezione ed abbia rimesso la causa per la decisione al collegio della Sezione specializzata in materia di immigrazione. E’ stato pure osservato che la scelta a favore del modello di affiancamento per l’organizzazione della sezione che si occupa dei procedimenti relativi alla protezione internazionale è stata indicata pure dalla Delib. 15 giugno 2017 del Consiglio Superiore della Magistratura, sul tema “Sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’unione Europea a seguito del D.L. 17 febbraio 2017”, nella quale si legge: “successivamente all’operatività delle sezioni specializzate, a far data dal 17 agosto, tenuto conto di quanto previsto dalla Legge Delega 28 aprile 2016, n. 57, art. 2, comma 5, lett. b) per quanto attiene ai procedimenti trattati collegialmente, i magistrati onorari possono essere inseriti nell’ambito di una struttura di supporto funzionale ad una pronta decisione dei procedimenti”; è possibile “prevedere che, nell’ambito della struttura dell’ufficio del processo, il giudice onorario possa coadiuvare il giudice professionale a supporto del quale la struttura organizzativa è assegnata. In particolare, sotto la direzione e coordinamento del giudice professionale egli può compiere tutti gli atti preparatori utili per l’esercizio della funzione giurisdizionale, provvedendo tra l’altro allo studio dei fascicoli, all’approfondimento giurisprudenziale e dottrinale e alla predisposizione delle minute dei provvedimenti”; “al fine di assicurare la ragionevole durata del processo, il giudice professionale può, poi, delegare al giudice onorario inserito in tale struttura compiti e attività, anche a carattere istruttorio, ritenuta dal medesimo magistrato togato utile alla decisione dei procedimenti” (sent. cit., in motivazione).

8. Quanto al secondo motivo, va ribadito che la valutazione di affidabilità del richiedente è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione che deve essere svolta alla luce dei criteri specifici, indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che di quelli generali di ordine presuntivo, idonei ad illuminare circa la veridicità delle dichiarazioni rese; sicchè, il giudice è tenuto a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, i cui esiti in termini di inattendibilità costituiscono apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. n. 11925 del 19.6.2020, cfr. pure Cass. n. 3340 del 2019; v. pure Cass. n. 26921 del 2017).

9. Nel caso in esame, il Tribunale è pervenuto ad un giudizio di inattendibilità intrinseca del narrato, evidenziando lacune e illogicità e, nel complesso, la non plausibilità dell’intera vicenda individuale oggetto del racconto. Dunque, il decreto, in base agli argomenti utilizzati, nel suo complessivo tenore testuale, ha espresso un giudizio di negazione della credibilità intrinseca, per cui deve escludersi che il giudice di merito fosse tenuto a procedere al controllo di credibilità estrinseca, che attiene alla concordanza delle dichiarazioni con il quadro culturale, sociale, religioso e politico del Paese di provenienza, desumibile dalla consultazione di fonti internazionali meritevoli di credito.

10. Come già affermato da questa Corte, ove le dichiarazioni del richiedente siano intrinsecamente inattendibili, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non è richiesto un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione nel Paese di origine (Cass. n. 16925 del 2018, n. 7333 del 2015).

1. Quanto al terzo motivo, questa Corte ha già più volte affermato che il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 alle “fonti informative privilegiate” deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione (v. tra le altre Cass. nn. 11312, 13449 e 13897 del 2019 e n. 9230 del 2020).

2. Il decreto rispetta la regola di specificare la fonte informativa, che viene altresì riportata nelle parti salienti. Tanto premesso, è assorbente rilevare, come già affermato da questa Corte (Cass. n. 4037 del 2020), il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del c.d. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate.

3. E’ stato pure affermato che (Cass. n. 26728 del 2019), che, ove sia dedotta la violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria.

4. Nel caso in esame, la censura si limita ad opporre una fonte alternativa (sito Viaggiare Sicuri del Ministero degli Esteri pubblicato il 18.12.2017) a quella indicata nel decreto impugnato, senza far comprendere in quali termini non sia più attuale la fonte qualificata (EASO giugno 2017) utilizzata dal Tribunale.

11. Infine, in ordine al quarto motivo, premesso che la natura residuale ed atipica della protezione umanitaria, se da un lato implica che il suo riconoscimento debba essere frutto di valutazione autonoma, caso per caso, e che il suo rigetto non possa conseguire automaticamente al rigetto delle altre forme tipiche di protezione, dall’altro, implica la necessità di allegazioni circa l’esistenza di una situazione di vulnerabilità del richiedente.

12. Il ricorso, nel censurare l’omesso l’esame dei requisiti di vulnerabilità in relazione alla c.d. protezione umanitaria, in realtà si limita a generiche affermazioni, omettendo di indicare quali fossero gli elementi più specifici, riferibili alla persona del richiedente, introdotti in giudizio e sottoposti all’esame del giudice di merito e non debitamente considerati.

13. Deve ribadirsi che la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. n. 27336 del 2018).

14. Del tutto generica è anche la doglianza relativa al mancato giudizio di valutazione comparativa tra la situazione personale del richiedente nel Paese di origine e il livello di integrazione raggiunto in Italia. Non è stato chiarito quali sarebbero i fatti specifici, omessi o trascurati dal Tribunale. Il ricorso è del tutto generico al riguardo e avulso dalla motivazione della sentenza e quindi inammissibile ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.

15. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile. Nulla va disposto quanto alle spese del giudizio di legittimità, non avendo il Ministero intimato svolto attività difensiva.

16. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (nella specie, inammissibilità del ricorso) per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto (v. Cass. S.U. n. 23535 del 2019).

17. In proposito, le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito (sent. n. 4315 del 2020) che la debenza di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione è “…normativamente condizionata a “due presupposti”, il primo dei quali – di natura processuale – è costituito dall’aver il giudice adottato una pronuncia di integrale rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità dell’impugnazione, mentre il secondo appartenente al diritto sostanziale tributario – consiste nella sussistenza dell’obbligo della parte che ha proposto impugnazione di versare il contributo unificato iniziale con riguardo al momento dell’iscrizione della causa a ruolo. L’attestazione del giudice dell’impugnazione, ai sensi all’art. 13, comma 1-quater, secondo periodo T.U.S.G., riguarda solo la sussistenza del primo presupposto, mentre spetta all’amministrazione giudiziaria accertare la sussistenza del secondo”.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2021

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