Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13646 del 30/05/2017


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Cassazione civile, sez. II, 30/05/2017, (ud. 07/04/2017, dep.30/05/2017),  n. 13646

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3017/2014 proposto da:

S.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA PAOLO EMILIO 7, presso lo studio dell’avvocato PIETRO LODOLI,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.L., (OMISSIS), SP.LU., (OMISSIS) e

S.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE

CELIDONIE 25, presso lo studio dell’avvocato MARCO COSTANTINI, che

li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

nonchè

SP.AN., (OMISSIS), in proprio e quale procuratore di

N.E., (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DEL

FANTE 10, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO DE JORIO, che li

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

S.F., SP.GI.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 6205/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata l’11/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/04/2017 dal Dott. DARIO CAVALLARI;

Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe e la memoria della

ricorrente.

Fatto

MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato in data 18 dicembre 2002 Sp.Am. e gli eredi di S.P., M.D. e S.A., L. e Lu., convenivano in giudizio S.G. e F. dinnanzi al Tribunale di Roma per sentire dichiarare che Sp.An., deceduto il (OMISSIS), aveva disposto, con testamento pubblicato il 3 luglio 1957 per atto Notaio C., che i terreni di mq 15.000 circa siti in (OMISSIS), fossero assegnati in parti eguali ai suoi figli S.P. ed Am. ed ai figli del figlio premorto S.M., di nome S.G. e F., per l’esattezza nella misura di 2/6 ciascuno per i figli e di 1/6 ciascuno per i nipoti.

Si costituivano S.G. e F., i quali assumevano che il testatore aveva voluto dividere la massa ereditaria non in tre parti, come sostenuto dagli attori, ma in quattro.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 26218/04, stabiliva che Sp.An. aveva istituito eredi i figli superstiti, Am. e S.P., ed i nipoti S.G. e F., figlio del figlio premorto S.M., nella quota di un quarto ciascuno.

Con atto notificato il 29 settembre 2005, Sp.Am., A., L. e Lu. impugnavano la summenzionata sentenza davanti alla Corte di Appello di Roma, chiedendo che fosse stabilito che l’eredità in questione era stata suddivisa dal testatore in tre parti eguali.

All’udienza del 30 novembre 2010 si costituivano, altresì, N.E. ed Sp.An., nella qualità di eredi del defunto Sp.Am..

Il difensore degli appellanti e di N.E. ed Sp.An. si costituiva pure per l’appellato S.F., dichiarando che quest’ultimo aveva concluso con gli altri suoi assistiti un accordo con il quale riconosceva le ragioni degli attori in primo grado.

S.G. si costituiva e chiedeva il rigetto dell’appello.

Con ordinanza dell’11 ottobre 2011 la Corte di Appello di Roma disponeva che il contraddittorio fosse integrato nei confronti di S.G., figlia di Sp.Am., la quale si costituiva chiedendo l’accoglimento dell’appello.

Con sentenza n. 6205/12, la Corte di Appello di Roma dava atto della cessazione della materia del contendere fra gli appellanti e S.F. ed accoglieva l’appello.

S.G. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo, chiedendo la cassazione della sentenza impugnata.

Hanno resistito con controricorso Sp.Lu., A. e L., nonchè Sp.An., in proprio e quale procuratore speciale della madre N.E., domandando tutti il rigetto del ricorso.

La sola ricorrente ha depositato memoria scritta.

1. Con un unico motivo di ricorso la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e segg., con riferimento all’interpretazione del testamento oggetto di causa, in quanto dalla lettura della scheda testamentaria sarebbe emerso che la volontà del defunto, desumibile dalla lettera del testo e dal contesto soggettivo del de cuius, era di dividere in quattro parti eguali il terreno in questione.

Il motivo è infondato.

Nell’interpretazione del testamento il giudice deve accertare, secondo il principio generale di ermeneutica enunciato dall’art. 1362 c.c., applicabile, con gli opportuni adattamenti, anche in materia testamentaria, l’effettiva volontà del testatore comunque espressa, considerando congiuntamente ed in modo coordinato il significato letterale ed il senso logico dell’atto.

Tale attività interpretativa del giudice del merito, se compiuta alla stregua dei suddetti criteri e con ragionamento immune da vizi logici, non è censurabile in sede di legittimità (Cass., Sez. 2, n. 4022 del 21 febbraio 2007, Rv. 595401).

Nella specie, la corte territoriale ha giustificato la propria decisione con una motivazione logica e completa, in quanto ha tenuto conto del testo della scheda testamentaria, da cui si evinceva che il de cuius aveva “dimostrato di avere una chiara visione del quadro normativo di riferimento e di essere pienamente cosciente dei diritti spettanti al coniuge ed ai figli, nonchè dei conseguenti limiti entro i quali poteva decidere dei propri beni”.

In particolare, secondo la Corte di Appello di Roma, il defunto aveva con precisione ed espressamente distinto la quota disponibile della sua eredità da quella di riserva spettante per legge, attribuendo la prima, costituita dalla casa, ai soli figli superstiti, mentre il terreno, che corrispondeva alla riserva, era stato diviso in parti eguali tra i figli P. e Am. e “i due nipoti figli del mio primogenito M.”, conformemente alle previsioni del codice civile, che imponevano di dividerlo in tre parti;

La Corte di Appello di Roma ha evidenziato, inoltre, come, in questo modo, il testamento, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale di Roma, non “sarebbe stato sostanzialmente inutile”, poichè “altrimenti, la quota disponibile non sarebbe toccata soltanto ai figli, ma sarebbe rientrata nella massa da dividere in parti uguali”;

La motivazione della corte territoriale è, quindi, immune da vizi e rispettosa dei canoni ermeneutici legali, in particolare di quelli letterale e logico-sistematico, avendo essa dato rilievo soprattutto al fatto, chiaramente desumibile dalla scheda testamentaria, che il de cuius aveva ben chiara la differenza fra la quota disponibile, che poteva essere liberamente assegnata, e i diritti di legittima spettanti per legge ai suoi “nipotini”.

Neppure può prospettarsi una sottovalutazione, ad opera del giudice del merito, della volontà del testatore di tutelare i nipoti minori, all’epoca con lui conviventi, avendo lo stesso chiaramente ricollegato la garanzia della loro protezione al riconoscimento della riserva ex lege che sarebbe spettata al figlio premorto.

2. il ricorso va, quindi, respinto.

3. le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo nei confronti dei due gruppi di controricorrenti.

Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata, trattandosi di ricorso per cassazione la cui notifica si è perfezionata successivamente alla data del 30 gennaio 2013 (Cass., Sez. 6-3, sentenza n. 14515 del 10 luglio 2015, Rv. 636018-01).

PQM

 

La Corte,

– rigetta il ricorso;

– condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione in favore di ciascuno dei due gruppi di controricorrenti, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2017

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