Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13645 del 04/06/2010

Cassazione civile sez. II, 04/06/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 04/06/2010), n.13645

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.G.T. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIULIANI ROBERTO;

– ricorrente –

contro

P.V. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1168/2003 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 02/12/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/04/2010 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito l’Avvocato GIULIANI Roberto, difensore della ricorrente che ha

chiesto accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità o

manifesta infondatezza del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.V. con ricorso ex art. 700 c.p.c., adiva il Pretore di Ragusa, e, premesso di condurre in locazione un appartamento facente parte dell’edificio condominiale di via (OMISSIS) e di avere urgente necessità di accedere alla terrazza di proprietà della condomina B.M.T. per procedere alla sostituzione del serbatoio dell’acqua che serviva il suo appartamento, raggiungibile unicamente attraverso la terrazza della medesima B.; premesso ancora che quest’ultima aveva opposto un netto rifiuto alla sua richiesta di accesso alla terrazza, formulata da essa ricorrente sia verbalmente che tramite 2 telegrammi; tutto ciò premesso, chiedeva al giudice adito di autorizzarla ad accedere sul terrazzo in parola al fine di sostituire il recipiente in questione ed effettuare quanto necessario per la riparazione dell’impianto idraulico. Il Pretore, inaudita altera parte, con decreto del 17.6.95 autorizzava la ricorrente a quanto richiesto. La B., nel costituirsi contestava il ricorso, rilevando che secondo una prassi ormai consolidata, i condomini, che avevano necessità di accedere ai rispettivi serbatoi dell’acqua, avrebbero dovuto preavvisarla con telegramma, almeno 15 giorni prima del programmato intervento; che, nella fattispecie, aveva saputo con ritardo dei telegrammi a lei inviati dalla P. ma che, conosciuta la sua richiesta, si era messa in contatto telefonico con l’idraulico di fiducia dell’attrice, il cui intervento tuttavia era stato impedito proprio da quest’ultima, che aveva nel frattempo iniziato l’azione civile in parola. La fase cautelare della procedura in esame si concludeva con la conferma del decreto pretorile del 17.6.95 che aveva accolto l’istanza cautelare.

Il giudizio di merito veniva quindi promosso dalla B. che contestava la domanda avversa; all’esito dell’istruttoria, il tribunale di Ragusa con sentenza del 15.5.200 accoglieva la domanda della P., condannando la controparte al pagamento delle spese processuali. Rilevava che da parte della B. non vi era contestazione dell’esistenza della servitù ma soltanto della modalità del suo esercizio (pretendendo il rispetto della propria lettera circolare inviata a tutti condomini nel dicembre del 1982) e che la ricorrente aveva reale urgenza di riparare il proprio serbatoio idrico.

La sentenza veniva appellata dalla B. che ribadiva l’insussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’istanza cautelare dell’appellata. L’adita Corte d’Appello di Catania, con sentenza n. 1168 depositata in data 2.12.2003, rigettava l’impugnazione e condannava l’appellante al pagamento delle spese del grado.

Avverso la decisione suddetta la B. propone il ricorso per cassazione sulla base 7 motivi; l’intimata non ha proposto difese; la ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’esponente con i primi sei motivi del ricorso, denunzia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, contestando l’esistenza sia dei motivi d’urgenza prospettati dalla controparte per potere accedere sul terrazzo, allo scopo di procedere ai lavori di riparazione del proprio serbatoio dell’acqua potabile che era rimasto scoperchiato; sia l’illegittimità del suo rifiuto di consentire l’accesso in parola, giustificato in definitiva da circostanze contingenti.

Assume in specie la ricorrente (con il primo motivo) di non aver mai frapposto ostacoli ai condomini che avevano necessità di raggiungere i recipienti dell’acqua di loro pertinenza per ispezioni o riparazioni, come peraltro riconosciuto in altra sentenza emessa dallo stesso tribunale di Ragusa nel 1982 (sentenza n. 605/1996) nel corso di altro procedimento contro lei intentato da tutti i condomini dello stabile. Osserva ancora (con il 2 e 3 e 4 e 5 motivo) che la Pisana era a conoscenza della “lettera circolare” predisposta da essa B. nel 1982, con la quale si era stabilito che i condomini dovessero chiedere con almeno 15 giorni di anticipo il permesso per l’accesso ai serbatoi e lamenta che i giudici di merito abbiano “liquidato” la questione, … “affermando da una parte che il fatto era ininfluente e dall’altra pare che la regolamentazione della servitù non poteva essere lasciata al potere discrezionale del proprietario del fondo servente ( B.) ma doveva basarsi sull’accordo delle parti”. In realtà non poteva ritenersi arbitraria l’autoregolamentazione del servizio, in mancanza di un regolamento di condominio che salvaguardasse la propria riservatezza. Nella fattispecie poi essa esponente aveva saputo con ritardo della richiesta della P. effettuata tramite i 2 telegrammi, ma, una volta conosciuta la questione, si era subito attivata mettendosi in contatto con l’idraulico di fiducia di quest’ultima, che ne aveva poi ostacolato l’intervento. Notava ancora che comunque la richiesta della P. era ingiustificata in quanto non corrispondeva al vero – come invece ritenuto dai giudici di merito – che la medesima nel 1995 si era trasferita nel nuovo appartamento del 1^ piano. In sostanza l’azione proposta dalla condomina era di “mero disturbo” e “provocatoria” nei suoi confronti, non avendo la medesima alcun reale bisogno di accedere al serbatoio in parola.

Le doglianze non hanno pregio.

Invero i denunziati difetti o contraddittorietà della motivazione (peraltro neppure indicati in modo specifico) in buona sostanza si risolvono in questioni di mero fatto tendenti ad una rivalutazione del merito, come tali inammissibile nel giudizio di legittimità.

L’art. 360 c.p.c., n. 5, non conferisce- com’è noto – alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento e all’uopo valutare le prove, controllarne l’attendibilità e le concludenza e scegliere tra le risultanze quelle ritenute più idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. n. 15355 del 9.08.2004; Cass. 1014 del 19.1.2006;Cass. n. 2272 del 2.02.2007; Cass., n. 9368 del 21.04.2006).

Nella fattispecie le valutazioni del giudice a quo sono sorrette da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici, che, d’altra parte, la ricorrente non ha saputo neppure indicare.

Infine appare infondato anche il 7 motivo del ricorso (violazione dell’art. 91 c.p.c.) in quanto la condanna della ricorrente alle spese processuali da parte dei giudici di merito, è giustificata proprio dalla sua totale soccombenza, ai sensi del citato art. 91 c.p.c..

Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato – Nulla per le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetto il ricorso.

Così deciso in Roma, il 22 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2010

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