Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13644 del 04/06/2010

Cassazione civile sez. II, 04/06/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 04/06/2010), n.13644

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.B.M.T. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato FIORILLO REMIGIO;

– ricorrente –

contro

C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato DE FELICE ARTURO;

– controricorrente –

e contro

C.E. (OMISSIS), D.S.

(OMISSIS);

– intimati –

sul ricorso 5963-2005 proposto da:

C.E. (OMISSIS), D.S.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FLAMINIA

71, presso lo studio dell’avvocate ACETO ANTONIO, rappresentati e

difesi dall’avvocato ZARRELLI MARIO;

– controricorrenti ricorrenti incidentali –

contro

C.M. (OMISSIS), G.R. VEDOVA

C. (OMISSIS), C.A. (OMISSIS),

CA.MA. (OMISSIS), nella qualità di eredi di

C.F., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presse la CORTE CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato DE FELICE ARTURO;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

e contro

C.B.M.T. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 472/2004 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 28/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/04/2010 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito l’Avvocato ZARRELLI Mauro, difensore dei resistenti C.

+1, che ha chiesto di riportarsi agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso previa riunione:

inammissibilità in subordine rigetto del ricorso incidentale;

accoglimento del ricorso principale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 16-19 luglio del 1976 l’avv. C. F., premesso di avere ininterrottamente prestato per molti anni attività di consulenza legale e d’intermediazione a favore della defunta D.A., nei confronti della quale era rimasto creditore degli onorari e delle provvigioni maturate per l’attività mediatizia, nonchè di altra somma di L. 9.000.000 portata da cambiali scadute, conveniva in giudizio quali eredi della medesima, i figli C.B.M.T., C.E. e D.S., per sentirli condannare, nei limiti della quota ereditaria, al pagamento della somma di L. 9.000.000 per le cambiali indicate e dell’ulteriore somma da determinarsi in corso di giudizio in relazione all’attività professionale ed intermediaria prestata in conformità con le vigenti tariffe professionali. Si costituiva in giudizio C.B.M.T., che chiedeva il rigetto della domanda, sostenendo che la propria dante causa aveva sempre puntualmente corrisposto quanto richiesto all’avv. C., che perciò nulla aveva a più pretendere. Nel corso di causa veniva espletata CTU per la (terminazione e quantificazione delle spettanze professionali dovute al legale. Nel prosieguo del giudizio si costituiva inoltre C.E. chiedendo il rigetto della domanda attrice, che contestava esibendo copia di assegni bancari rilasciati dalla defunta D.A. per l’importo complessivo di oltre L. 110 milioni. Espletata l’istruttoria con l’audizione di testi, l’adito tribunale di Salerno con sentenza n. 1558/99 depos. in data 7.12.99, condannava i convenuti, nei limiti della quota ereditaria di ciascuno, al pagamento della somma di L. 21.925.005 dovuta per onorari professionale, oltre accessori di legge e della somma di L. 4.000.000 per cambiali scadute, regolando variamente le spese processuali.

Avverso la predetta decisione, proponeva appello C.B. M.T. insistendo per il rigetto della domanda dell’avv. C. o in subordine, per la congrua riduzione della somma da lui pretesa. Secondo l’appellante sia la documentazione prodotta e che le generiche dichiarazioni dei testi escussi non erano sufficienti ai fini della prova dell’effettività delle prestazioni per le quali si chiedevano compensi professionali.

Successivamente, con comparsa di risposta del 3.4.01 si costituivano gli altri coeredi C.E. e D.S. che proponevano appello incidentale avverso la stessa sentenza articolando n. 7 motivi d’impugnazione, che riguardavano in specie altre specifiche prestazioni professionali di cui chiedeva il pagamento. L’avv. C., costituitosi, chiedeva la reiezione dell’appello e l’inammissibilità dell’impugnazione incidentale.

L’adita Corte d’Appello di Salerno, con sentenza n. 472/04 depos. in data 28.09.04, rigettava l’impugnazione principale e dichiarava inammissibile quella incidentale, condannando gli appellanti al pagamento delle spese del grado. Secondo la Corte l’azione per il pagamento del debito ereditario non dava luogo a litisconsorzio volontario tra coeredi, per cui l’impugnazione incidentale tardiva di cui all’art. 334 c.p.c., proposta da C.E. e D. S. non era consentita dalla citata norma essendo di tipo adesivo, per cui doveva ritenersi inammissibile.

Per la cassazione dell’indicata decisione ricorre C.B. M.T., sulla base di 3 mezzi, illustrati da successiva memoria; C.E. e D.S. propongono controricorso e ricorso incidentale articolato in 2 censure;

resistono con controricorso A., Ma. e C.M., nonchè G.R., nella qualità di eredi dell’avv. C., nel frattempo deceduto.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei ricorsi.

Passando all’esame del ricorso principale, con il 1^ motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.; nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza.

La motivazione “per relationem” adottata dalla Corte territoriale sarebbe nulla, in quanto di fatto limitata ad una mera adesione alle ragioni espresse dal primo giudice; la stessa si sarebbe risolta in affermazioni “concise, arbitrarie e inconferenti” rispetto ai motivi di gravame proposti, senza l’esame delle ragioni con essi addotte. Si deduce in specie “l’assoluta genericità e in conferenza” delle dichiarazioni dei due testi escussi dal giudice di merito: il C. ed il D..

La doglianza è infondata.

Invero, a parte la congruità e la concisione, la motivazione (sia pure per relationem) della sentenza non è di sicuro “una mera, acritica adesione” a quella del giudice in prima istanza; bisogna sottolineare a questo proposito, che anche le censure formulate in sede d’appello dall’odierna esponente erano molto generiche e scarne, non contenendo specifiche critiche al capo impugnato. Peraltro, in omaggio al principio di autosufficienza del ricorso ex art. 366 c.p.c., la ricorrente avrebbe dovuto trascrivere per intero le dichiarazioni testimoniali in questione e non limitarsi a riportarne qualche brano.

Con il 2^ motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.; “omissione su un punto decisivo della controversia”, in relazione alla dedotta totale carenza di prova circa la collaborazione prestata dall’avv. C. nella redazione della scheda testamentaria di D.A..

Con il 3^ motivo, la ricorrente denunzia ancora l’omessa pronuncia su un punto decisivo. Si riferisce alla questione degli assegni per L. 110.600.000 utilizzati in parte dall’avv. C., mentre non risultava provata l’utilizzazione della residua somma di L. 10.600.000.

Tali ultime censure sono fondate. Non risulta infatti che le indicate è questioni siano state prese in esame dal giudice di merito.

Passando all’esame del ricorso incidentale, gli esponenti, con il 1^ motivo, denunziano la violazione e falsa applicazione degli artt. 325, 326, 327, 333, 334 e 343 c.p.c.. Censurano l’affermazione della Corte secondo cui le cause relative al pagamento di debiti ereditari non danno luogo a litisconsorzio necessario tra coeredi, per cui non è applicabile nella fattispecie l’art. 334 c.p.c. in tema di appello incidentale tardivo, con la conseguenza che quello in esame sarebbe inammissibile perchè non proposto entro il termine di cui all’art. 327 c.p.c..

Secondo gli esponenti ” … la prevenzione operata dall’impugnazione principale comporta che ogni altra impugnazione debba essere fatta nelle forme e nei termini dell’impugnazione incidentale, senza l’osservanza del termine stabilito dall’art. 325 c.p.c., che vale soltanto per l’impugnazione principale, di modo che l’impugnante principale fissa il termine perentorio per tutti gli altri impugnanti, che resta così l’unico da rispettare, sostituendosi a quelli stabiliti in via generale dagli artt. 325 e 327 c.p.c.”.

Con il 2^ motivo si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 331, 333, 334 e 343 c.p.c., atteso che l’appello incidentale da essi proposto non aveva natura adesiva, perchè i motivi dell’appello erano autonomi rispetto all’appello principale.

Entrambe le doglianze sono infondate. Va ribadito in premessa che, come correttamente ritenuto dalla corte territoriale, nelle controversie in esame, essendo ciascun erede tenuto a soddisfare i debiti ereditari in proporzione della quota attiva in cui succede, l’azione per il pagamento di un debito ereditario non da vita ad un litisconsorzio necessario fra gli eredi medesimi, poichè non si versa nell’ipotesi di un rapporto unitario indivisibile. (Cass. n. 10613 del 05/11/1990). Ciò posto, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, … “le regole sull’impugnazione incidentale tardiva operano esclusivamente in tema di impugnazione incidentale in senso stretto, e cioè proveniente dalla parte contro la quale è stata proposta l’impugnazione principale, o che sia stata chiamata ad integrare il contraddittorio sull’impugnazione stessa ai sensi dell’art. 331 c.p.c., onde solo a tale parte è consentito di presentare ricorso nelle forme e nei termini del ricorso incidentale, poichè soltanto questa può avere interesse a contraddire ed a presentare, contestualmente al controricorso, l’eventuale ricorso incidentale anche tardivo; ne consegue che, quando il ricorso di una parte abbia contenuto adesivo al ricorso principale, i termini e le forme del ricorso incidentale sono inapplicabili ed il ricorso stesso deve essere presentato nei termini ordinari, propri del ricorso autonomo, di cui agli artt. 325 e ss. c.p.c.; a maggior ragione è soggetto ai detti termini ordinari qualsiasi ricorso proposto successivamente al primo, che ha sempre valenza d’impugnazione incidentale, qualora investa un capo della sentenza non impugnato con il ricorso principale o lo investa per motivi diversi da quelli fatti valere con il ricorso principale, trattandosi di ricorso la cui autonomia prevale comunque anche sull’eventuale contenuto adesivo al ricorso principale (Cass. n. 11031 del 15/07/2003; conf. Cass. n. 1037 del 28.05.2004; Cass. n. 7049 del 22.03.2007; Cass. n. 6034 del 15.03.2007; Cass. n. 6807 del 21.3.2007; Cass. n. 1610 del 25.1.2008).

Occorre aggiungere che nella fattispecie il ricorso in esame è comunque di tipo adesivo, perchè lo stesso non è affatto diretto a contestare il ricorso principale, (a cui indubbiamente aderisce e in un certo qual modo lo rafforza, con ulteriori motivi d’impugnazione), ma è rivolto contro la parte investita dell’impugnazione principale (Cass. n. 24627 del 27.11.2007; Cass. 26505 del 17.12.09);

Conclusivamente: dev’essere rigettato il 1^ motivo del ricorso principale; accolti i restanti motivi e rigettato il ricorso incidentale; ciò comporta la cassazione della sentenza in ragione dei motivi accolti, con rinvio della causa anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’Appello di Napoli.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il 1^ motivo del ricorso principale; accoglie i restanti motivi; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata, in ragione ai motivi accolti, con rinvio della causa anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’Appello di Napoli.

Così deciso in Roma, il 22 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2010

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