Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13643 del 30/05/2017

Cassazione civile, sez. II, 30/05/2017, (ud. 05/04/2017, dep.30/05/2017),  n. 13643

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CORTESI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17189/2014 R.G. proposto da:

B.A., rappresentata e difesa dall’Avv. Tomaso LIMARDO e

dall’Avv. Enrico MONTOBBIO ed elettivamente domiciliata in Roma,

viale Mazzini n. 119, presso lo studio dell’Avv. Maria Grazia

Battaglia;

– ricorrente –

contro

R.G., rappresentata e difesa dall’Avv. Ludovico VILLANI e

dall’Avv. Laura ORSI ed elettivamente domiciliata in Roma, via

Asiago n. 8, presso lo studio del primo difensore;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 1468/2013,

depositata in data 27.12.2013, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5.4.2017 dal

Consigliere Relatore Dott. CORTESI Francesco;

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

– con citazione notificata il 28.11.2004 B.A. convenne R.G. innanzi al Tribunale di Genova chiedendo che fosse dichiarato il suo acquisto per usucapione della proprietà di un box;

– al riguardo espose di aver concluso in data 9.6.1980 un preliminare d’acquisto di tale immobile con R.A., ottenendone immediatamente la consegna dietro versamento di un acconto sul prezzo, e di aver più volte ed invano chiesto al promittente alienante di concludere il contratto definitivo; di aver appreso, a notevole distanza di tempo, che il box apparteneva in realtà al convenuto, fratello del promittente alienante; che nel frattempo essa aveva comunque posseduto l’immobile in modo pacifico ed ininterrotto, esercitando al suo interno un’attività commerciale;

– si costituì R.G. chiedendo il rigetto della domanda e rilevando, per quanto qui ancora di interesse, che la B. aveva goduto del bene per mera tolleranza, a causa dei buoni rapporti fra le parti, e che egli aveva sempre sostenuto gli oneri ad esso relativi; spiegò inoltre domanda riconvenzionale per il rilascio dell’immobile;

– il tribunale respinse la domanda ed accolse la riconvenzionale;

– appellata la sentenza da parte della B., costituitosi il R., la Corte d’Appello di Genova respinse il gravame;

– i giudici di appello ritennero che dal contratto, che qualificarono come preliminare con consegna anticipata, fosse derivata in capo alla B. la semplice detenzione qualificata del bene, inidonea a consentirne l’acquisto della proprietà in mancanza di prova dell’interversione nel possesso da parte sua; rilevarono l’inammissibilità della domanda di accertamento della sussistenza di un contratto definitivo, in quanto formulata per la prima volta in appello; confermarono, quindi, l’ordine di rilascio, sul presupposto del fatto, incontestato, che R.G. fosse l’effettivo proprietario del bene;

– avverso tale decisione B.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi; l’intimato ha depositato controricorso; le parti hanno depositato memorie integrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

– con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 345 c.p.c., artt. 948 e 2697 c.c., assumendo che la corte d’appello avrebbe errato nel ritenere inammissibile la sua eccezione concernente l’effettiva proprietà del bene da parte di R.G. in quanto circostanza pacifica in primo grado, ed ignorando così il consolidato insegnamento giurisprudenziale che onera chi agisca in rivendica della prova del titolo di proprietà;

– il motivo è infondato; correttamente, infatti, la sentenza impugnata ha rilevato che la proprietà del bene in capo a R.G. era circostanza che la B. non solo non ha mai contestato, ma ha addirittura posto a fondamento della propria domanda di usucapione, producendo l’atto pubblico di acquisto;

– il secondo motivo – con il quale la ricorrente, deducendo violazione di legge ed omesso esame di un fatto decisivo per la controversia, denunzia il mancato rilievo officioso della nullità del contratto preliminare prevista dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, in quanto avente ad oggetto un immobile abusivo – è infondato;

– secondo il prevalente orientamento di questa Corte, infatti, la nullità in parola trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi e non anche nel contratto preliminare, come desumibile dal tenore letterale della norma nonchè dalla possibilità del successivo intervento di una concessione in sanatoria degli abusi edilizi commessi (cfr. Cass. 19.12.2013, n. 28456; Cass. 18.7.2011, n. 15734); nè vale richiamare il fatto che nel caso di specie sia stata convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non derivando dalla stessa alcuna anticipazione degli effetti traslativi, bensì una mera disponibilità del bene in capo al promissario acquirente fondata sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al preliminare e produttivo di effetti meramente obbligatori (cfr. Cass. SS.UU. 27.3.2008, n. 7930; Cass. 16.3.2016, n. 5211);

– in ogni caso, anche ove sussistente, l’invocata nullità sarebbe irrilevante ai fini che qui occupano; infatti, per stabilire se dal godimento di un immobile in forza di convenzione invalida possa derivare il possesso idoneo all’usucapione occorre comunque dimostrare la sussistenza dell’elemento psicologico (cfr. Cass. 11.6.2010, n. 14092), che nel caso di specie è rimasto del tutto non provato;

Ritenuto pertanto il ricorso meritevole di rigetto, con conforme regolazione delle spese; ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater.

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.700,00 di cui Euro 2.500,00 per compensi, oltre IVA, CPA e spese generali, pari al 15% sui compensi. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2^ Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2017

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