Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13643 del 05/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 05/07/2016, (ud. 26/05/2016, dep. 05/07/2016), n.13643

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1982/2015 proposto da:

PROCURATORE GENERALE CORTE APPELLO VENEZIA;

– ricorrente –

contro

C.M.;

– intimata –

e nei confronti di:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il

31/10/2014.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/05/2016 dal Consigliere Dott. ALBERTO GIUSTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che la Procura generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Venezia ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in data 31 ottobre 2014 con cui il Presidente delegato della Corte d’appello di Venezia ha rigettato l’opposizione dalla stessa Procura promossa nei confronti del provvedimento di liquidazione del compenso in favore dell’Avv. C.M., difensore di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato;

che il Ministero della giustizia non ha resistito con controricorso, ma ha depositato un atto di costituzione per la partecipazione alla discussione orale;

che l’Avv. C.M. è rimasta intimata;

che il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale sulla base della relazione ex art. 380-bis c.p.c., con la quale è stato rilevato che il Ministero della giustizia non era stato evocato, come dallo stesso eccepito, nel giudizio di opposizione che si è svolto dinanzi alla Corte d’appello di Venezia e che, quindi, si rendeva necessario cassare il provvedimento impugnato in quanto emesso, come risultante dall’epigrafe dello stesso, in assenza di contraddittorio con la parte necessaria, Ministero della giustizia;

che l’Ufficio ricorrente ha presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che va preliminarmente rilevato che la Procura generale ricorrente ha dimostrato – attraverso la produzione, con la memoria del 7 aprile 2016, di copia degli atti del giudizio a quo – che il Ministero della giustizia è stato evocato nel giudizio di opposizione che si è svolto dinanzi alla Corte d’appello di Venezia, ancorchè non si sia costituito in quel giudizio;

che, passando quindi all’esame del fondo del ricorso, con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 2956 c.c., in relazione all’art. 2957 c.c., comma 2, trattandosi di credito già prescritto al momento della liquidazione;

che il motivo è inammissibile, perchè con esso si prospetta per la prima volta in cassazione una questione nuova, la quale dal testo dell’ordinanza dell’impugnata e dallo stesso ricorso non risulta che sia stata avanzata nel giudizio di merito;

che con il secondo motivo si lamenta violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, del D.M. n. 585 del 1994, modificato dal D.M. n. 127 del 2004, e del D.M. n. 140 del 2012, sostenendosi che sarebbe stato liquidato un compenso complessivo particolarmente rilevante rispetto all’impegno professionale applicato (“un solo atto ed un impegno particolarmente limitato”) ed al concreto risultato conseguito (“conferma della sentenza impugnata, con aggravio delle ulteriori spese processuali”);

che, sul punto, dal provvedimento impugnato risulta che all’Avv. C.M., difensore di D.C. ammessa al gratuito patrocinio, è stata liquidata la somma complessiva di Euro 2.447,66, di cui Euro 2.131,25 per diritti ed onorari ed Euro 316,41 per spese generali;

che, nel respingere i motivi di opposizione della Procura generale presso la Corte di appello di Venezia, il presidente delegato della Corte d’appello ha rilevato: che, poichè il procedimento si è concluso con la sentenza depositata l’11 febbraio 2011, per la liquidazione del compenso professionale non si applicano i parametri previsti dal D.M. n. 140 del 2012, ma la tariffa professionale di cui al D.M. n. 585 del 1994, modificato dal D.M. n. 127 del 2004; e che la somma liquidata è stata calcolata facendo corretto riferimento al disposto del DP.R. n. 115 del 2002, art. 82 e cioè tenuto conto dei valori medi delle tariffe professionali, ridotti della metà in applicazione dell’art. 130 dello stesso D.P.R.;

che, tanto premesso, il secondo motivo del ricorso del Procuratore generale è inammissibile per genericità;

che, difatti, l’ordinanza impugnata non solo ha applicato la tariffa professionale vigente al momento in cui l’attività professionale è stata espletata, ma ha rilevato che l’importo liquidato sulla base della detta tariffa non supera i valori medi della tariffa ed è stato ridotto della metà in applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130;

che, a fronte della conclusione cui è pervenuto il giudice del merito, l’Ufficio ricorrente non indica specificamente nè quali voci della tariffa non sarebbero dovute nè perchè il calcolo effettuato dal giudice non corrisponderebbe ai parametri di legge e neppure indica, nel rispetto della prescrizione formale dettata dall’art. 366 c.p.c., n. 6, da quali atti e documenti risulterebbe il dedotto impegno particolarmente limitato del difensore;

che la censura si risolve in una deduzione astratta di erroneità del provvedimento impugnato;

che è viceversa fondato il terzo motivo, con cui il Procuratore generale ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., si duole che l’Ufficio del pubblico ministero sia stato condannato alle spese del giudizio di opposizione, liquidate in Euro 930, oltre accessori di legge;

che, infatti, condannando il pubblico ministero opponente alle spese, l’ordinanza impugnata si è discostata dal principio secondo cui l’ufficio del pubblico ministero non può essere condannato al pagamento delle spese del giudizio nell’ipotesi di soccombenza, trattandosi di organo propulsore dell’attività giurisdizionale cui sono attribuiti poteri, diversi da quelli svolti dalle parti, meramente processuali ed esercitati per dovere d’ufficio e nell’interesse pubblico (Cass., Sez. 1, 2 ottobre 2015, n. 19711);

che, pertanto, il ricorso è accolto limitatamente al terzo motivo, rigettato nel resto;

che l’ordinanza impugnata va cassata, in relazione alla censura accolta, con riferimento al capo che reca la condanna alle spese a carico del Procuratore generale;

che, ferme le altre statuizioni dell’ordinanza del presidente delegato della Corte d’appello di Venezia, resta perciò esclusa la detta condanna alle spese;

che non vi è luogo a pronuncia sulle spese neppure con riguardo al giudizio di cassazione.

PQM

La Corte dichiara inammissibili i primi due motivi del ricorso e accoglie il terzo motivo del ricorso, cassa l’ordinanza impugnata limitatamente al capo che reca la condanna del Procuratore generale opponente al pagamento delle spese processuali in favore dell’opposta, ferme le altre statuizioni dell’ordinanza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 26 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2016

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