Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1364 del 19/01/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 1364 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: CARRATO ALDO

n. 639 del
1910

ORDINANZA
(ai sensi degli artt. 375, co. 5°, e 380-bis.1 c.p.c.)
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 1571/’14) proposto da:
AZIENDA AGRICOLA COLLESCIPOLI (P.I.: 01281641009), in persona del legale
rappresentante p.t., rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a
margine del ricorso, dall’Avv. Giovanni Ranalli ed elettivamente domiciliata
presso il suo studio, in Roma, v. Sant’Elena, n. 29; – ricorrente contro
COMUNE DI TERNI (P.I.: 00175660554), in persona del Sindaco p.t.,
rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale a margine del controricorso,
dalli Avv. Luigi Zingarelli e domiciliato “ex lege”, in Roma, presso la Cancelleria
– controricorrente –

della Corte di cassazione;

Avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia n. 510/2012, depositata il
4 dicembre 2012;

Rilevato che:
con ricorso depositato il 18 gennaio 2005, IfAzienda Agricola Collescipoii
proponeva opposizione, ai sensi dell’art. 3 del R.D. n. 639/1910, dinanzi al
Tribunale di Terni, avverso l’ordinanza n. 154057 del 14 dicembre 2004 con la
quale il Comune di Terni le aveva ingiunto il pagamento della somma dì euro
5.783,34 a titolo – compresi euro 5,56 per esborsi – di rifusione delle spese

D:1Z

3 DE2 )

1

Data pubblicazione: 19/01/2018

sostenute dal predetto Comune per l’esecuzione d’ufficio dei lavori urgenti di
eliminazione degli impedimenti alla fruibilità in condizioni di sicurezza della
strada, qualificata come vicinale (strada privata di uso pubblico), da
Collesegozza a Pelillo disposti con provvedimento sindacale n. 71552 del 21
giugno 2004 adottato ai sensi dell’art. 15 del d.I.Igt. n. 1446/18;
che, con sentenza del luglio 2009, l’adìto Tribunale dichiarava

impugnata dalla summenzionata Azienda Agricola;
che, nella costituzione del Comune di Terni, la Corte di appello di Perugia,
disposta la conversione del rito da quello speciale in ordinario, con sentenza n.
510/2012, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, rigettava il gravame,
regolando le spese giudiziali applicando il principio della soccombenza,
escludendo che la strada dedotta in controversia, in origine di proprietà privata
e poi gravata da servitù di uso pubblico, fosse, all’epoca di esecuzione dei lavori
d’ufficio in danno dell’appellante, divenuta di proprietà del predetto Comune,
entrando, perciò, a far parte del demanio comunale;

Considerato che:
avverso la predetta sentenza di appello ha proposto tempestivo ricorso per
cassazione l’Azienda Agricola Collescipoli articolato in due motivi, in ordine al
quale ha resistito con controricorso il Comune di Terni;
che con la prima censura la ricorrente ha dedotto, in un unico contesto, la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1158 c.c. e 31, comma 21, della legge
n. 448/1998 (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 – rectius – n. 3, c.p.c.) e
l’illegittimità della sentenza della Corte perugina per omesso esame circa un
fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (con riferimento
all’art. 360, comma 1, n. 5), novellato, c.p.c.), avuto riguardo al mancato
accertamento dell’acquisto per usucapione della proprietà della strada dedotta
in controversia da parte del suddetto Comune e, quindi, della demanialità della
stessa;
che con il secondo motivo la ricorrente ha prospettato il vizio di violazione e
falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., ancora una volta evocando il n. 4 (e
2

l’inammissibilità della formulata opposizione e che detta decisione veniva

non il n. 3) del comma 1 dell’art. 360 c.p.c., sul presupposto della ritenuta
illegittimità, pur essendo stata parzialmente riformata la sentenza di prime
cure, della condanna di essa ricorrente alla rifusione delle spese del primo
grado di giudizio e alla correlata condanna al pagamento anche di quelle di
secondo grado;
che, in via pregiudiziale, i motivi ricondotti a violazione e/o falsa applicazione

dell’art. 360 c.p.c. (che, invero, fa riferimento alla “nullità della sentenza o del
procedimento”), anziché essere rivolti, correttamente, a quello risultante nel
precedente n. 3, possono essere ritenuti ammissibili poiché, nello svolgimento
delle ragioni delle censure, parte ricorrente ha inteso sostenere l’assunta
illegittimità della sentenza proprio in relazione alla violazione delle norme
evocate (cfr. Cass. Sez. U. 24 luglio 2013, n. 17931), denunciando il vizio in
combinazione con quello trasparente dal n. 5 del comma 1 dello stesso art.
360, sotto il profilo dell’asserita mancata presa in considerazione del fatto
decisivo della controversia riguardante l’esclusione della demanialità della
strada in discussione alla stregua della ricostruzione fattuale compiuta nella
pronuncia d’appello;
che, con riferimento a quest’ultimo tipo di vizio, va rimarcato che — secondo
l’ormai costante giurisprudenza di questa Corte (v., per tutte, Cass. Sez. U. 7
aprile 2014, nn. 8053 e 8054, nonché Cass. 5 luglio 2017, n. 16502) – la
riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del
d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134 (“ratione
temporis” applicabile nel caso di specie, poiché la sentenza impugnata risulta
depositata successivamente all’il. settembre 2012, ovvero in data 4 dicembre
2012), deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati
dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del
sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che deve
ritenersi denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si
tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente
all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della
sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali,
3

di legge pur veicolati con il riferimento al vizio enucleato nel n. 4 del comma 1

specificandosi che tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di
motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel
“contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione
perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del
semplice difetto di “sufficienza” della motivazione;
che la prima complessiva censura è, ad avviso del collegio, infondata perché

esaminato il punto decisivo della controversia (che aveva costituito oggetto di
discussione tra le parti) relativo alla individuazione della natura giuridica della
strada interessata dai lavori per il recupero delle cui spese il Comune di Terni
aveva poi emesso l’ordinanza-ingunzione impugnata, ha escluso – e,
comunque, ha ritenuto che non fosse stata fornita una prova idonea ed
inequivoca al riguardo – la verificazione dell’avvenuta usucapione della servitù
di pubblico transito sull’anzidetta strada;
che, in particolare, assumendo adeguata posizione sulla questione e
valutando motivatamente le risultanze istruttorie acquisite, la Corte territoriale
ha dato conto che il Comune di Terni non aveva mai invocato l’acquisto della
suddetta servitù a titolo di usucapione, presupponendo, anzi, il provvedimento
recuperatorio adottato una volontà contraria dell’ente, ossia quella di
considerare la strada dedotta in causa come strada vicinale, ovvero come
strada privata soggetta ad uso pubblico;
che, integrando l’appena evidenziata valutazione di merito e rispondendo alle
specifiche censure dell’appellante, lo stesso giudice di appello ha riscontrato
l’irrilevanza della sopravvenuta circostanza che la strada fosse,
successivamente ai fatti di causa (e, quindi, dopo l’effettuazione dei contestati
lavori), entrata a far parte del demanio stradale comunale, fondando il suo
convincimento sul dato che il titolo del trasferimento della proprietà non era
riconducibile a quello dell’usucapione (come tale producente effetti

ex tunc),

bensì su un atto traslativo – e senza che la società appellante (attuale
ricorrente) avesse fornito una prova contraria al riguardo – da parte dei
precedenti proprietari, e, quindi, in base ad un titolo dotato di mera efficacia ex

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la Corte perugina, con motivazione logica e sufficiente mediante la quale ha

nunc, la quale, perciò, all’atto dell’esecuzione d’ufficio dei lavori cui si riferiva
l’emanata ingiunzione non aveva ancora avuto modo di dispiegarsi;
che, invero, la disposizione di cui al comma 21 dell’art. 31 della legge 23
dicembre 1998 n. 448 – a cui ha posto riferimento la ricorrente anche con
riguardo alla deliberazione del Consiglio comunale di Temi dichiarativa della
demanialità della strada intervenuta in data 17 gennaio 2005 (con conseguente

data dell’il maggio 2005), intervenuta comunque posteriormente alla
suddetta esecuzione dei lavori – ha attribuito agli enti locali la facoltà, laddove
sussista (si noti) il consenso dei proprietari (come nella specie), di adottare
provvedimenti di mera presa d’atto e, quindi, propriamente ricognitivi (senza,
perciò, essere muniti di efficacia retroattiva), idonei a consentire la trascrizione
a favore del demanio stradale dell’ente stesso delle proprietà per la
conseguente realizzazione di strade pubbliche;
che, pertanto, per le complessive ragioni espresse, la prima censura deve
essere disattesa;
che anche la seconda doglianza è destituita di fondamento avendo il giudice
di appello – nel respingere il gravame, ravvisandone propriamente
l’infondatezza nel merito (pur dichiarando ammissibile “ab origine”
l’opposizione) – applicato legittimamente il principio della soccombenza
(previsto dall’art. 91 c.p.c.) avuto riguardo all’esito negativo della controversia
per l’azienda ricorrente in ordine ad entrambi i gradi di merito (e, quindi, anche
in via complessiva e finale) tenuto conto anche del proposto appello incidentale
formulato dal Comune di Terni con riguardo al mancato riconoscimento delle
spese all’esito del giudizio di prime cure in favore dello stesso ente territoriale,
malgrado si fosse ritualmente costituito ed avesse instato per l’inammissibilità
o, in ogni caso, per l’infondatezza della formulata opposizione avversa;
che, in definitiva, il ricorso deve essere integralmente respinto,
ravvisandosi, tuttavia, la sussistenza di idonei motivi giustificativi della
compensazione delle spese della presente fase di legittimità alla stregua
dell’assoluta novità della questione dedotta con il primo motivo;

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adozione del decreto di accorpamento al demanio stradale nella successiva

che ricorrono, in ogni caso, le condizioni per il versamento, da parte della
ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma
1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero le spese del giudizio di
cassazione.

ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma
1-quater, d.P.R. n. 115/2002.

Così deciso nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile in data 23
novembre 2017.

Il Presidente

llFurizjor

Dott.

p()Iiaz,.:

DEPOSI ATO lt CANCEIERIA

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della

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