Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13635 del 04/06/2010
Cassazione civile sez. II, 04/06/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 04/06/2010), n.13635
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –
Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –
Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 3634/2005 proposto da:
M.G.M. (OMISSIS), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CLAUDIO MONTEVERDI 20, presso lo studio
dell’avvocato LAIS Giulio, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COMUNE ROMA P.I. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA., VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 12,
presso l’AVVOCATURA COMUNALE, rappresentato e difeso dall’avvocato
GRAZIOSI Antonio;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1395/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 22/03/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
04/03/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;
udito l’Avvocato LAIS Giulio, difensore del ricorrente che ha chiesto
accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il comune di Roma proponeva opposizione al d.i. concesso all’ing. M.G.M. per L. 115.637.102 per l’attività di c.t.p. in alcune cause contro di esso relativamente alla stima di un complesso immobiliare, deducendo che la parcella, vistata dall’ordine, doveva essere ridotta da un terzo alla metà, in virtù del R.D. n. 2537 del 1925, art. 62, essendo il M. dipendente statale, e che non competevano alcune voci.
Il Tribunale, con sentenza 29 aprile 1994, condannava il comune alla minor somma di L. 65.676.547.
Proponeva appello il Comune e resisteva il M. svolgendo appello incidentale.
La Corte di appello di Roma, con sentenza 4 novembre 1997 rigettava entrambi gli appelli. Proponeva ricorso per cassazione il Comune e questa Suprema Corte, con sentenza 22 ottobre 1999, cassava con rinvio enunciando i principi che dovesse operarsi la riduzione da un terzo alla metà anche nell’ipotesi che la prestazione fosse stata resa a favore di ente pubblico diverso dall’amministrazione di appartenenza; che non spettava il compenso per l’inventariazione e la catalogazione, riguardando l’incarico solo la stima dei beni.
Riassunto il giudizio dal Comune, si costituiva il M. rimettendosi alla Corte di appello per il ricalcolo e chiedendo che la riduzione fosse contenuta nella misura di 1/3.
Con sentenza 22 marzo 2004 la Corte di appello condannava il Comune a pagare Euro 10.891,04 ed il M. a restituire Euro 50.791,44 con gli interessi dal 7 giugno 2000, regolava le spese.
La Corte di rinvio richiamava i principi indicati dalla Suprema Corte e riteneva che la riduzione potesse essere operata nella misura media del 40%.
Ricorre il M. con due motivi, resiste il Comune.
Vi è agli atti costituzione di nuovo difensore del Comune.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo si deduce violazione del R.D. n. 2537 del 1925, art. 62, perchè al momento della pronuncia della Suprema Corte la norma suddetta era già stata abrogata per cui la decisione della Corte di appello e l’antecedente pronunciamento della Corte di Cassazione devono essere rivisti, applicandosi la norma vigente al momento della corresponsione dell’importo.
Col secondo motivo si deduce omessa motivazione sulla riduzione della parcella nella misura del 40%. Le censure non meritano accoglimento.
In ordine alla prima, a prescindere dal rilievo del controricorrente che, alla data di deposito della sentenza della Corte di Cassazione, 13 aprile 1999, (recte, alla data della decisione perchè il deposito è del 22 ottobre 1999) era ancora vigente il R.D. n. 2537 del 1925, art. 62, abrogato dal 23 maggio 1999, la questione oggi prospettata non è stata oggetto di disputa nel giudizio di rinvio, nel quale il M. si è rimesso alle determinazioni della Corte di appello, con la conseguenza che viene prospettata in questa sede per la prima volta.
Giova, comunque, sottolineare che, pur potendosi in astratto applicare di ufficio lo ius superveniens, nella specie l’abrogazione non può avere efficacia retroattiva e l’individuazione della norma va fatta con riferimento al sorgere del vincolo giuridico tra le parti e non al momento della corresponsione dell’importo, fermo restando che la Corte di appello era vincolata dal principio di diritto enunciato da questa Suprema Corte, con riferimento al quale nessuna contestazione fu svolta in sede di rinvio.
In ordine alla seconda doglianza, premesso che il M., come dedotto, aveva chiesto che la riduzione fosse limitata ad 1/3, la Corte di appello, rispetto alla possibilità di una decurtazione da un terzo alla metà, ha ritenuto di operare nella misura media del 40%, con una motivazione sintetica ma sufficiente, decisione della quale non si può lamentare il M., il quale non indica di avere offerto elementi per suffragare una diversa statuizione.
In definitiva il ricorso va rigettato, mentre la particolarità della vicenda consiglia la compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 4 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2010